17 novembre 2005, il Torino Calcio viene dichiarato fallito: inizia l’era Cairo

Lorenzo Bosca
3 Minuti di lettura

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La storia del calcio, si sa, è piena di incredibili successi seguiti da disastrose quanto fragorose cadute. Perché se una cosa è vera, nello sport come nella vita, come recita il proverbio, molto spesso “Più in alto sali più ti fai male quando cadi”. É a grandi linee quanto accaduto al Torino Calcio nel non lontano 2005.

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L’ora più buia

I fasti del Grande Torino, le imprese dei gemelli del gol, passando per la finale di Coppa Uefa raggiunta nel 1992. Sono solo alcune delle pagine calcistiche scritte dal club piemontese che esattamente 16 anni fa avrebbe dovuto prepararsi a festeggiare il proprio centenario, ma che si trovò invece a constatare il proprio fallimento. La società di Francesco Cimminelli e presieduta da Attilio Romero già nell’estate dello stesso anno mancò l’iscrizione al campionato di Serie A, (che aveva tuttavia conquistato sul campo). Sarà solamente grazie al lodo Petrucci, che la Società Civile Campo Torino riuscirà momentaneamente a garantire la continuità sportiva del team, ripartendo però dal campionato di Serie B.

Tifosi Torino
Tifosi Torino

Inizia l’era Cairo

Ciò nondimeno non durò troppo “l’ora più buia” granata. Nel caotico oblio in cui il club stava via via scivolando è l’imprenditore alessandrino Urbano Cairo a farsi largo. Assistente personale di Silvio Berlusconi non appena laureato, fondatore della Cairo Communication, il 1° settembre il classe ’57 rileva la gestione completa della società: è la nascita del Torino Football club. Nuovo nome, logo, allenatore ed una singola promessa: la ferma volontà di rilanciare il club piemontese in Italia e in Europa. A 16 anni di distanza è inconfutabile come i granata nell’era Cairo abbiano vissuto stagioni certamente più serene se confrontate con quelle delle precedenti gestioni. Stagioni impreziosite dalla storica cavalcata in Europa League del 2015 o dal lancio di fenomeni del calibro di Glick, Belotti, Immobile ecc… Certo, sembrano ancora lontani gli obiettivi che il patron aveva (forse sull’onda dell’entusiasmo) professato, ma nel calcio mai dire mai. Soprattutto se si parla di una società come il Toro.

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