“Bisogna avere un caos dentro di sé per poter partorire una stella danzante” diceva Nietzsche. Ed è proprio vero che per dar vita ad un gol come quello che ha segnato Federico Dimarco nel corso di Inter-Frosinone, c’è bisogno di quella vena di follia, che il giocatore nerazzurro, nato e cresciuto sotto la stella della Beneamata, ha sicuramente nascosto dentro di sé. Una rete segnata da 56 metri, destinata a diventare una delle più belle della stagione 23/24 di Serie A, ma che entrerà a far parte della storia dell’Inter, proprio come quelle messe a segno da Stankovic e Recoba, due mostri sacri della squadra meneghina che, di gol da cineteca, ne sanno sicuramente qualcosa.
Il gesto tecnico della rete che ha portato l’Inter a sbloccare il match contro il Frosinone non è sicuramente da tutti: il collo del piede di Dimarco, che affetta il pallone, prende una torsione innaturale e che ha portato ad innescare una parabola perfetta, finita proprio in quel piccolo spazio tra la traversa e lì, dove il guantone del portiere avversario sarebbe potuto tranquillamente arrivarci. Ed invece, alla marcatura dell’esterno nerazzurro è stata attribuita, dai più, la più pura delle casualità, “un cross sbagliato”, quasi per non trovare una giustificazione al fatto che, in una Serie A in decadenza e poco abituata alla spettacolarità, le prodezze tecniche possono ancora esistere.
A conti fatti, che sia stato volontario o meno, il gol di Federico Dimarco, segnato a Stefano Turati, un’altro che ha inciso l’Inter nel destino, racchiude l’essenza di un giocatore che, con spirito di sacrificio e tanta dedizione, è riuscito a ritagliarsi un posto da assoluto titolare nella squadra dei suoi sogni. Un capolavoro quindi per quei colori con i quali è cresciuto e per i quali ha corso, ha vinto ed ora può permettersi anche di segnare.
Dimarco, un giocatore da Inter
“Questo tiro parte da Porta Romana, passa per Interello, Ascoli, Empoli, Sion, Parma, Verona e arriva nello stadio dei miei sogni“. La didascalia al suo post di Instagram racchiude le sensazioni e le emozioni di un giovane che sta realizzando il proprio destino. Se non fosse già chiara la fiducia che il giocatore sente e percepisce in un ambiente follemente innamorato della sua passione e della sua grinta, questo gol proveniente dalla Luna potrebbe garantirgli quantomeno i dialoghi per un rinnovo di contratto, il primo di tanti, che porterebbero Federico Dimarco a diventare uno dei simboli nerazzurri degli ultimi anni.
La storia del calciatore di Calvairate è ormai conosciuta da tutti ed i primi passi nei pulcini C dell’Inter portano alla conferma del talento nerazzurro che scorre nelle sue vene dalla tenera età degli otto anni. Ma appunto, la sua storia non è quello su cui abbiamo intenzione di soffermarci, ma piuttosto da ciò che è stato il suo passato si possono trovare spunti interessanti per comprendere al meglio il suo stile di gioco, che una volta maturato, lo ha portato a diventare uno degli esterni più completi in Europa, per creatività e senso del gol.
Dimarco e l’istinto da bomber
Nato attaccante, ma sviluppatosi poco in altezza, Dimarco, nel corso del tempo è stato arretrato a terzino di sinistra, fin quando per pura intuizione non si è trovato ad essere esterno di centrocampo, lì dove esprime al meglio le sue doti creative, consapevole di non potersi affidare solo ed esclusivamente all’esplosività, quella che forse, ad oggi, può essere considerata come suo punto debole.
Checché se ne dica, il ventiseienne di Calvairate è un giocatore particolarmente educato dal punto di vista tecnico, dotato di un ottimo piede sinistro e di un’ottima visione di gioco, e che trova particolare incisività negli ultimi venti-trenta metri, dove riesce a mettere in mostra la sua precisione nei passaggi, il controllo degli spazi e a dare sfogo a quella dimensione intrinseca da attaccante; caratteristiche che, in un certo qual modo possono ricordare quelle di David Alaba, all’epoca del Bayern Monaco.
Insomma, nel calcio che Simone Inzaghi ha deciso di impostare per la sua Inter, con accanto giocatori equilibrati come Calhanoglu e Mkhitaryan. L’esterno classe 1997 ha letteralmente trovato nella linea di centrocampo di sinistra il suo “paese dei balocchi”. Una posizione che dovrà sfruttare a pieno per riuscire a diventare uno di quei giocatori da utilizzare come metro di paragone e per scollarsi di dosso quell’etichetta da terzinaccio affibbiatagli negli ultimi anni.