Il gioco del calcio. La passione che abbiamo condiviso tutti, chi più chi meno, fin da bambini. La sensazione di essere uniti in maniera viscerale da quello che all’apparenza è un semplice oggetto, di forma sferica e talvolta anche logoro e sporco. Ma questo, alla fine dei conti, non è mai importato a nessuno. Perché se c’è qualcosa che è in grado di toccarti l’anima alla minima pressione sul petto, al dolce baciar del piede, è proprio il pallone.
Allora la domanda vien da sé. Perché trasformare quello sport che tanto amiamo in un’industria meccanizzata e basata su vile denaro? Perché abbandonare i valori di uno degli sport più belli che ci siano? Perché dare priorità alla singola entrata monetaria e lasciare in secondo piano la classe, l’estro e la genialità che, nel nostro campionato, si affievoliscono sempre di più?
Una domanda banale per certi versi, la cui risposta è contenuta nella domanda stessa. Di prove ne abbiamo tante di fronte ai nostri occhi. In passato non abbiamo mai voluto veramente guardare cosa ci aspettava, ma adesso è arrivato il momento. In un mondo divenuto ormai un mercimonio televisivo bisogna urgentemente tornare a privilegiare la forza del calcio italiano.
Serie A a 18 squadre è la soluzione?
Di soluzioni ne sono state cercate tante, ma ad oggi la più probabile e discussa è quella della Serie A a 18 squadre. Un cambiamento importante che strizza l’occhio al passato, ma che guarda al futuro. A dimostrarlo è anche il modello tedesco che negli ultimi tempi sta vedendo una grande crescita sotto tutti gli aspetti.
Unico grande nodo per questo passaggio di testimone è il consenso unanime e, dunque l’obbligo d’intesa. Un tema delicato che, nell’ultima riunione di Lega, ha spaccato la Serie A su due fronti: chi accoglie il nuovo format, come Inter, Juventus, Milan e Roma, e chi si è posto contro tale ‘rivoluzione’, ovvero il restante delle 16 squadre.
I pro e i contro
La spaccatura avvenuta non è di certo casuale. Le big sono pronte a beneficiare di tale ed eventuale cambiamento, in modo da alleggerire il proprio calendario, già ricco di impegni, e passando così da 38 a 34 turni di campionato. Una diminuzione importante e che naviga su un solo e unico filo conduttore: la Nazionale. Gli infortuni, infatti, calerebbero e ci sarebbe una maggiore selezione sui protagonisti della massima divisione italiana, il tutto a beneficio del volto Azzurro nel mondo.
A parlare di ciò in ESCLUSIVA ai nostri microfoni è stato Maurizio Coppola, ex calciatore del Cagliari. Queste le sue parole: “Io sono favorevole al 100% e ti spiego il perché. Io vengo dagli anni ’90 quando la Serie A era a 16 squadre. C’era più qualità, più tutto secondo me il campionato a 20 squadre ha penalizzato la Nazionale e le squadre a livello europeo perché hanno meno possibilità di riposarsi. La stessa Nazionale potrebbe avere magari qualche raduno in più”.
Un’opzione perfetta, una soluzione che sembra non avere punti deboli. Ma è proprio qui, in realtà, che tutti i nodi vengono al pettine. Perché se le big sono pronte a trarne vantaggio, le piccole della Serie A, e non solo, non sono dello stesso avviso. La diminuzione a 18 squadre, infatti, porterebbe alla perdita di ben due posti nella massima serie italiana e ad una conseguente perdita di benefici economici derivante dai diritti tv.
Questo il pensiero di Coppola: “Io sono assolutamente favorevole e spero che questa cosa venga messa in atto perché 20 squadre poi sono tante e ci sono alcune partite in Serie A che non guarda nessuno. L’interesse è vedere le partite di squadre blasonate. Mi dispiace poi perché sarebbe una mancanza verso squadre minori però a 18 squadre ci sarebbe più qualità quindi sono favorevole al 100%”.
Completamente opposto, come logico che sia, il pensiero di Iervolino: “Assolutamente venti squadre. Credo che con la riduzione arriverebbero solo svantaggi, va solo a deprimere la rappresentanza sul territorio e abbassa lo spettacolo”. Una dichiarazione scaltra, quella del presidente della Salernitana a Tuttosport, che gira attorno al reale e unico ‘grande problema’ derivante da tale ed ipotetica riforma: la grana.
Ma non solo. I broadcaster, seppur gli ascolti delle piccole siano spesso deludenti, si ritroverebbero con quattro weekend in meno nei quali trasmettere le partite. Una partita a poker che, una volta svelate le carte, colpirebbe duro gli sponsor per non parlare dei piccoli club che potrebbero giocare il jolly, non tanto simpatico per il pubblico, dell’aumento del costo dei biglietti.
E allora, proprio come nella ciclica concezione dell’Eterno Ritorno, si cade nuovamente al punto di partenza: nel vile denaro. A dare la sua visione è stato il noto giornalista Massimiliano Cannalire in ESCLUSIVA ai nostri microfoni: “Io addirittura riporterei la Serie A a 16 squadre perché hanno smontato questo giocattolo dirigenti che non hanno mai giocato a calcio“.
Ha poi continuato: “Io vengo dal settore dei dilettanti come radiocronista, voi mi dovete spiegare una cosa semplicissima: come si può pensare nel settore giovanile, dai giovanissimi alla Juniores, di far fare sette cambi e non pretendere che un arbitro non recuperi almeno 10 minuti a tempo. Chi non ha giocato a calcio non può fare il dirigente, è un presupposto. Qui c’è gente che gestisce il vapore, ma non c’è mai stata in campo. Io sono stato arbitro diverse stagioni e so cosa significa prendersi ceste di vaff****li dalle tribune, lo so, perché recuperavo sempre tutte in quanto venendo dal basket esigevo che il tempo venisse giocato tutto”.
Massimiliano Cannalire ha infine concluso: “Quindi la Serie A l’hanno ridotta ad un mercimonio televisivo vergognoso portandolo a 20 squadre in un paese lobotomizzato dal calcio, in un paese instupidito dal calcio, con telecronache piatte. Se tu stai lavando i piatti e la palla sta a 40 metri, loro strillano e tu butti i piatti per terra, oggi funziona così, pensa oggi quanto si è reso ignorante il mondo del calcio a livello di pubblico”.
Insomma è arrivato il momento di parlare meno ed agire di più. Il tempo scorre inesorabile e la situazione diventa sempre più critica nelle mani di persone che dovrebbero pensare al bene del calcio italiano, ma che con la testa sono altrove. Tergiversare oramai non serve più a nulla, rimanda solo l’inevitabile. La decisione definitiva, dunque, dovrà essere presa il prima possibile: Serie A a 18 squadre, si o no?