Time’s ticking direbbero gli inglesi, e menomale. Mancano pochi giorni, per non dire ore, all’attesissimo evento dei Globe Soccer Awards 2021. La suggestiva location di Dubai fungerà da sola cornice alla polpa della cerimonia. Quella che vedrà come protagonista una vera e propria parata di stelle. Il firmamento calcistico sul red carpet degli Emirati. Ad illuminare la serata gli arcinoti Cristiano Ronaldo e Messi, il duo Lewandowski-Benzema che proverà a sottrarre la scena ai due più blasonati. Quattro nomi, quattro pesi massimi dello sport, rimanendo unicamente confinati entro l’ambito dei calciatori.
L’Al Wasl Plaza infatti non ospiterà solamente coloro che il campo lo calcano, ma anche chi agisce dietro le quinte. È il caso dei premi dedicati ad agenti di mercato, direttori sportivi, ma non solo. Sarà nottata esotica, non solo per la location, ma anche per le categorie premiate. Globe Soccer all’insegna del nuovo: finalmente verranno riconosciute onorificenze al calcio femminile, così come a quello digitale. Dalla categoria Woman a quella degli eSports, l’evento brillerà non solo per le stelle presenti, ma anche di una luce diversa, quella di chi segue l’andare dei tempi, quella del nuovo, quella, della modernità.
Josep ‘Pep’ Guardiola
Si parlava di chi il campo lo calca e di chi vi agisce alle spalle. Tra le categorie premiate, però, vi è anche quella di ‘Best Coach of the Year‘. Quella di chi il rettangolo verde lo studia, lo analizza, lo fa schiavo incatenandolo all’interno di un complesso meccanismo di gioco d’alta scuola. Se per i giocatori spesso quel rettangolo viene definito teatro, per i tecnici del gioco così non è e non può essere. Non se hai una visione alternativa, non se hai rivoluzionato il gioco. Il campo come tela di coloro che sono i pittori contemporanei, coloro che tingono con arte in movimento la tela dei più grandi stadi al mondo.
Oggi parliamo del profeta della Catalogna, l’esteta di Santpedor: Josep ‘Pep’ Guardiola. Per parlare della rivoluzione che l’uomo Guardiola ha imposto a questo sport potrebbero non bastare le parole. Come i grandi di ogni epoca, di qualsivoglia categoria, ha cambiato le regole del gioco. Quando si parla del calcio d’oggi come diverso da quello dei Tre Tulipani, da quello dei Rivera e dei Mazzola, o anche solamente da quello del più recente Fenomeno, non si sta parlando solamente di un’innovazione figlia del tempo trascorso. Sono cambiamenti figli di chi i tempi li ha cambiati guidando una rivoluzione dall’interno, dalla patria del calcio mondiale ed europeo, da Barcellona, la casa base di Johan Cruyff, Il profeta del calcio oltre che del gol.
Best Coach of the Year: 3 pepite di calcio
Da porre in chiaro sin dal principio come, quando si parla di premi individuali, per Guardiola vada fatto un discorso ‘alla Messi‘. A spegnere le critiche, arse al termine della cerimonia di consegna del Pallone d’Oro, è bastata la motivazione, comunque rispettabile, de “Il premio va conferito al più talentuoso, va sempre dato a Lionel“. Nessuna discussione, categoria diversa, motivazione identica: “Va sempre dato a Pep“.
Il Premio a cui lo spagnolo è candidato è quello di ‘Best Coach of the Year‘, categoria che agglomera anche: il Ct della Francia Deschamps, il Ct tedesco Flick e quello argentino Scaloni, oltre a mister Mancini, eroe a tinte tricolore dell’estate italiana. Gli unici candidati che non allenano Nazionali, ma bensì squadre di club sono Thomas Tuchel, Chelsea, e, per l’appunto, Guardiola. I due manager finalisti della UEFA Champions League: dal Do Dragao di Oporto all’Al Wasl di Dubai, i chilometri a divere i palcoscenici sono molti, tanti quanto il peso della storia, quella scritta dai blues di Londra il 29 maggio scorso in terra lusitana. La sconfitta c’è anche nel cammino dei più grandi, tali appunto perché in grado di ricucire lo strappo, trarne vantaggi e accrescere addirittura la propria grandezza. Così ha fatto e sta facendo Pep, poco conta la sconfitta in finale data del beffardo gol di Kai Havertz, la strada che ha tracciato, il solco che ha scolpito nella storia del City, rimarrà in eterno. Così come i tre match migliori disputati dai suoi Skyblues nell’arco del 2021.
Premier League, Chelsea-Manchester City 1-3
Primo match della lista, primo match dell’anno, nonché prima vittoria per la blue half of Manchester. Il primo scontro del 2021 tra Chelsea e City è anche l’ultimo per Frank Lampard. La leggenda inglese capitola nella tela che tessono i ragazzi della squadra ospite. Al 18′ Zinchenko scappa via sull’out di sinistra, cross operato alla perfezione, traiettoria appena corretta da Phil Foden per Ilkay Gundogan. Il tedesco, dopo un magnifico controllo di tacco, mette il pallone nell’angolino basso, è 0-1. Prima traccia di come quel match, così come Lampard, abbia il destino già scritto. Passano infatti solamente 180 secondi prima che l’autore dell’assist Foden si ripresenti dinanzi a Mendy: l’assist è al bacio, basta un tocco, è 0-2. Il tris lo cala Kevin De Bruyne: intercetta una palla alta di Kanté, lancia il compagno Sterling che brucia il campo e gli avversari nello sprint. Tu per tu con l’ultimo uomo ma è crisi-Sterling, l’ala si complica una facile conclusione, colpisce il legno e sulla ribattuta fa 0-3 il belga. È dominio City, a poco conta il gol di Odoi a tempo ormai scaduto, il risultato è netto. 3 gol e 3 punti in tasca.
Premier League, Liverpool-Manchester City 1-4
Nel nord d’Inghilterra il match in questione è presto divenuto masterpiece. Liverpool-Manchester City di questi anni non è una partita come le altre. È lo scontro tra due superpotenze del calcio europeo oltre che inglese. I due blocchi al di là della manica a spaccare il paese del football: Rosso o blu, Klopp o Guardiola, Anfield o Etihad, Champions o Premier League, Dinamismo e concretezza o l’eterna ricerca spasmodica del fraseggio e del possesso. Due megaliti inscalfibili, così le ideologie, così i team, così i tecnici. È guerra fredda interna al paese.
Ad Anfield è realmente guerra fredda: tensione, giochi da entrambi le parti ma nessuno sparo. Trama fatta per 49′, poi interviene Bernardo Silva. In 34 minuti vengono registrate a tabellino 5 reti, la maggior parte dagli ospiti, ben 4. Klopp e Liverpool sconfitti in casa propria, non una dimora qualunque. Match divenuto, nel corso della stagione, vero e proprio spartiacque tra vittoria del titolo e semplice piazzamento sotto il primo gradino.
The @ChampionsLeague final
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— PepTeam (@PepTeam) May 29, 2021
Champions League, il Chelsea batte il Manchester City in finale
Sconfitta. Così è passata e continuerà a passare agli annali la finale di Champions League 2021 per Guardiola, ma così non è. Inutile ribadire l’importanza del percorso fatto dal tecnico spagnolo per giungere sino a qui e di cosa ha significato per il club. Parlando di migliori partite questa deve rientrarci, il risultato, nonostante l’importanza epocale dell’incontro, poco conta. Il Manchester City domina, gioca, crea e non segna. 61% di possesso palla, 87% precisione nei passaggi su 609 effettuati. Numeri mostruosi per un team che esce sconfitto da un qualunque match, ma, purtroppo, così è. Complimenti agli avversari, stretta di mano a Tuchel e aereo direzione casa. Così Pep ha reagito alla sconfitta: lavoro, lavoro e ancora lavoro. La sconfitta può rientrare nel percorso, specie dei più grandi. Questa non va a scalfire l’importanza di ciò che è stato fatto. Chi, ad oggi, si ferma alla sconfitta, alle lacrime post-gara, si accorgerà, in un futuro non troppo lontano, di come il lavoro ad ogni costo paghi, specie se di fino, specie, se di Pep Guardiola.