Il 17 marzo 1939 è nato Giovanni Trapattoni, il quale è considerato il tecnico più rappresentativo del calcio italiano. Oltre ad essere conosciuto come allenatore, il Trap si è fatto notare per la sua bravura all’interno del rettangolo di gioco. Nativo di Cusano Milanino, inizia la sua carriera nella squadra del suo paese, per poi passare al Milan, qualificato ai quarti di Champions League. Nel 1956 inizia il suo viaggio nella squadra rossonera, in cui nel 1958 verrà promosso in prima squadra.
Il Trap è l’allenatore più vittorioso a livello di club e uno dei più titolati al mondo. Egli ha trionfato in Italia, per ben sette volte, in Germania, Austria e Portogallo per un totale di dieci scudetti. L’ex mister della Juventus rientra nei cinque tecnici ad aver conquistato il titolo nazionale di prima divisione in quattro paesi diversi. A questi, inoltre, si aggiungono sette trofei a livello internazionale, che ne fanno il sesto allenatore al mondo e quarto in Europa per numero di trofei conquistati. Ripercorriamo la sua carriera.

Trapattoni, la carriera da calciatore: dal Milan al Varese
Dopo aver mosso i primi passi nelle giovanili del Cusano Milanino, è il Milan a rimanere stregato da Giovanni Trapattoni. Nel 1958, dopo due anni di militanza nel settore giovanile, viene promosso in prima squadra. Il suo debutto in rossonero avviene il 29 giugno dello stesso anno, ma l’esordio in partite ufficiali in Serie A arriva il 24 gennaio del 1960 contro la SPAL. Un ruolo importante nella sua avventura al Diavolo l’ha avuto Rocco Malatesta, l’allenatore che l’ha voluto fortemente.
Pochi giorni dopo il debutto contro il Como, Giovanni Trapattoni padre il padre e medita il ritiro per stare vicino alla madre. Malatesta, però, lo aiuta economicamente per permettergli il mantenimento della famiglia. In questo modo, il giocatore del Milan continua la propria carriera con la casacca rossonera. Il 16 aprile 1961 sigla il primo goal in campionato, nel match vinto dal Diavolo contro la Roma per 2-1.
E’ stato, però, Nereo Rocco a far diventare il Trap una colonna portante del Milan, con cui vinse due scudetti, due Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale e una Coppe delle Coppe. Dopo l’addio dell’allenatore che l’ha fatto esplodere, Giovanni Trapattoni è stato utilizzato molto meno dagli altri tecnici. La sua avventura in rossonero è terminata nel 1971 con 14 stagioni, 274 partite di campionato e 351 presenze complessive. Chiuderà la sua carriera al Varese, squadra in cui militerà solamente nella stagione 1971/1972.
La carriera da allenatore di Trapattoni: gli albori al Milan
Quando la sua carriera da calciatore è agli sgoccioli, Giovanni Trapattoni non perde tempo e decide di prendere il patentino da allenatore per la Terza Categoria. Una volta ritiratosi dal calcio giocato, il Trap torna nel suo Milan, dividendosi tra le giovanili e lo staff della prima squadra agli ordini del solito Nereo Rocco, il quale è stato il primo a individuare le sue potenzialità in panchina, e di Cesare Maldini. Negli ultimi turni del campionato 1972/1973, Trapattoni inizia ad affiancare ufficiosamente Rocco.
Il 20 maggio, a causa della squalifica del Paron, è proprio Trapattoni a dirigere la squadra in una partita infernale. Quella è la data della sconfitta per 5-3 contro il Verona, che di fatto, toglie lo scudetto al Milan. Il tecnico di Cusano Milanino si trova ad affrontare anche un altro finale tribolato. L’anno successivo, infatti, Maldini lascia e il presidente Buticchi affida la squadra proprio al Trap, capace di portare il Diavolo in finale di Coppa Delle Coppe, poi persa contro il Magdeburgo.
A fine stagione, però, non viene promosso come allenatore della prima squadra, ma diventa vice di Gustavo Giagnoni. Nereo Rocco, nel ’74/’75 convince Trapattoni a tornare di nuovo al Diavolo, stavolta come allenatore, in quella considerata dal Trap come la sua prima esperienza da tecnico. In quella stagione il Milan chiude al terzo posto in campionato, ma ciò non basta per la riconferma del Trap, il quale a questo punto decide di andare via da Milano.
La tappa successiva di Trapattoni: la Juventus, Platini e il dramma dell’Heysel
L’addio al Milan rappresenta la svolta della sua carriera. Desideroso di voler ricominciare anche dal basso, Trapattoni medita di accettare l’offerta dell’Atalanta. Prima di firmare con i bergamaschi qualcuno lo ferma dicendogli che la Juventus stava pensando a lui. Nella stagione 1976-1977 inizia la sua avventura torinese, dove rimarrà per i 10 anni successivi. Un’annata straordinaria, culminata con la vittoria del diciassettesimo scudetto di Madama e la Coppa UEFA, il primo trofeo internazionale nella storia bianconera.
La Juventus vince anche il campionato della stagione 1977-1978, ma i due anni successivi sono complicati per l’allenatore. Nel 1978-1979 i calciatori bianconeri si impongono solamente in Coppa Italia, mentre l’annata successiva la Juve la chiude senza nessun trofeo. Anche quella del 1981-1982 sembra non partire bene: nella cocente eliminazione di Coppa dei Campioni contro l’Anderlecht, Roberto Bettega, in seguito ad uno scontro con il portiere, finisce la stagione.
Nonostante ciò, la Juventus si conferma in lotta per il titolo. Liam Brady, nuovo acquisto della Vecchia Signora, è il primo straniero bianconero dalla riapertura delle frontiere. Giovanni Trapattoni gli consegna la maglia numero 10 e l’irlandese lo ripaga con grandi giocate decisive per la vittoria di due scudetti. Quello del 1981-1982 è il tricolore che per la Vecchia Signora vale la seconda stella. L’ex calciatore dell’Arsenal, anche se sa che dovrà fare spazio a Michel Platini, realizza il calcio di rigore che vale il titolo.
L’avvio di Michel Platini, però, non è dei migliori: l’attaccante francese fatica ad ambientarsi e nella stagione 1982-1983 la Juventus perde la finale di Coppa dei Campioni contro l’Amburgo. Trapattoni è a ad un passo dall’abbandonare la nave, ma la società lo bloca.
Mai scelta fu più azzeccata. Nel 1985 arriva la tanto agognata Coppa dei Campioni, anche se in un clima non di festa. Indimenticabile, infatti, il dramma dell’Heysel. Il Trap, dopo il trionfo, dichiara: “Questa ferita rimarrà sempre aperta”. L’allenatore chiude la sua avventura torinese nel 1986, con la vittoria contro il Lecce che regala al Trap il sesto scudetto in 10 anni.
Trapattoni, l’avventura all’Inter e il ritorno alla Juventus
Poco più tardi apre un altro ciclo a poca distanza da Torino. L’Inter di Moratti chiama colui che con la rivale ha vinto molto: Giovanni Trapattoni è chiamato a riportare il tricolore a San Siro. Ci riesce al terzo tentativo grazie ai tedeschi Matthaus e Brehme, all’arrivo di Diaz e con Berti a centrocampo. L’epopea nerazzurra non è gloriosa come quella bianconera, ma anche con i meneghini il Trap alza al cielo una coppa europea. Nel 1991 la Beneamata vince la Coppa UEFA contro la Roma e l’allenatore saluta per tornare a Torino.
Il rientro alla Juventus non è come se il Trap si auspicava. Forse è vero che i luoghi in cui si è stati bene non andrebbero mai rivisitati. I sostenitori bianconeri lo insultano, probabilmente anche per il fatto di aver scelto il nemico. Nonostante la vittoria in Coppa UEFA nel 1992-1993 tranquillizza i tifosi che lo bollano come catenacciaro.
Uno striscione, nel 1994, recita: “Trapattoni vattene”. Neanche l’ascesa di Moreno Torricelli, il ragazzo su cui scommette il Trap che arriva dalla Serie D, convince i tifosi. E’ un saluto amaro quello dell’allenatore: “Ho dovuto sentire troppe volgarità, a un certo punto avevo pensato anche di lasciare il calcio, di cambiare vita”.
Giovanni Trapattoni: dal Bayern Monaco al ritorno in Italia
Sembrava non ci credesse più nessuno in seguito alla sua etichetta di difensivista, ma è il Bayern Monaco che scommette su Giovanni Trapattoni. Indelebile, qui in Italia, è la frase in cui coinvolge Strunz. Ma in Baviera il Trap il ricordo lo lascia grazie alla vittoria del campionato nella stagione 1996-1997, mentre arriva secondo alla sua seconda stagione in Germania. Dopo la delusione per il titolo perso, il tecnico torna nel Bel Paese, precisamente alla Fiorentina.
Con la Viola, il Trap esce prematuramente in Coppa UEFA, ma il percorso in campionato è ottimo. La Fiorentina ambisce al titolo. Nel girone di ritorno, però, Batistuta si infortuna gravemente e la squadra, inevitabilmente, crolla. Giovanni Trapattoni però riesce a condurre il club gigliato al terzo posto in campionato. Nell’anno successivo il cammino in Champions League è esaltante, mentre in Serie A le prestazioni sono deludenti. In seguito ad alcuni dissidi con la tifoseria, il Trap abbandona il club.
Trapattoni, il sogno Nazionale e la fine della carriera
Dopo la finale dell’Europeo del 2000 persa contro la Francia, la Federazione decide di chiamare il Trap alla guida dell’Italia. Trapattoni si qualifica al Mondiale del 2002 in Corea del Sud, dove, nonostante una nazionale molto forte e etichettata come fra le favorite alla conquista del titolo, riesce a passare a fatica il girone di qualificazione.
La delusione arriva, però, nel match successivo contro la Corea Del Sud: Ahn sigla il golden goal ai supplementari, eliminando gli azzurri. Quella partita, però, viene decisa da un arbitraggio che lascia a desiderare. Verso Trapattoni, inoltre, non mancano le critiche per non aver convocato Roberto Baggio.
Dopo la Nazionale, l’estero chiama ancora il Trap. Passa prima a Lisbona per allenare il Benfica, per poi tornare in Germania allo Stoccarda e, infine, in Austria al Salisburgo. Dopo queste esperienze, viene convinto da Brady, ad accettare l’incarico alla guida dell’Irlanda.
Non riesce a qualificarsi per il Mondiale del 2010 a causa del famoso episodio controverso sul fallo di mano di Henry, ma conduce la nazionale irlandese al successivo europeo, dove si arrende nel girone di Italia e Spagna. Nonostante l’eliminazione è stato confermato alla guida della Nazionale irlandese per i due anni successivi, per poi ritirarsi.