Nel novero dei difensori più forti e blasonati della storia del calcio mondiale, una posizione di primo rilievo spetta senz’ombra di dubbio alla leggenda dell’Italia e del Milan Paolo Maldini. Il classe 68’ vanta all’attivo la bellezza di 902 presenze con la maglia rossonera, a cui sommare le 126 confezionate con quella azzurra (delle quali 74 indossando la fascia da capitano al braccio).
Il faraonico palmarès, composto da: 7 scudetti, 5 Supercoppe italiane, 1 Coppa Italia, 5 Champions League, 5 Supercoppe europee e 3 Coppe Intercontinentali, fa di lui (anche) uno dei calciatori più vincenti di sempre. Ma al di là della bacheca, quando si parla di Paolo Maldini, non si può non menzionare la professionalità, la dedizione e la cultura del lavoro che da sempre connotano la mentalità del difensore.

Prerogative che hanno reso l’uomo, prima ancora che l’atleta, immortale agli occhi degli appassionati del mondo del pallone. Perché, come ci insegna Gennaro Gattuso: “Per essere grandi campioni bisogna essere coerenti, anche fuori dal campo e non basta il talento. Uno che non salta mai l’allenamento, che arriva sempre puntuale, che fa il suo lavoro e che rispetta ogni regola. Per questo Maldini è stato il più forte al mondo”.
Paolo Maldini, una storia nel segno di papà Cesare
“Sono cresciuto con il mito di mio padre Cesare. Il giorno dell’esordio in prima squadra mi disse: ‘Bravo figlio mio, oggi hai fatto un primo passo… Ti auguro di vincere più di me, e di alzare proprio come me, almeno una volta nella vita, una Coppa dei Campioni da capitano, perché è una sensazione stupenda’. Da quel giorno, cercai di migliorarmi sempre il più possibile”.

Il 26 giugno 1968 all’anagrafe, dopo “Paolo”, viene registrato anche il nome “Cesare”, come quello di papà Maldini. A ben vedere difatti, possiamo dire che Paolo Cesare Maldini con il vessillo del Diavolo addosso ci sia nato. Risulterebbe superfluo per tanto menzionare la risposta del futuro capitano rossonero alla domanda che proprio il padre gli pose all’indomani del suo decimo compleanno: “Dove ti piacerebbe giocare? Col Milan, o con l’Inter?”.
Ma la storia leggendaria del numero 3 non è meramente legata, a quella dei colori rossoneri. Come anticipato, sono 126 le apparizioni dell’attuale dirigente sportivo del Milan Paolo Maldini, con la maglia della nazionale italiana. Terzo, in questa speciale classifica, dietro solamente a Gianluigi Buffon (176) e Fabio Cannavaro (136). Una storia leggendaria appunto, destinata a tingersi di azzurro esattamente 35 anni or sono: il 31 marzo 1988.
Paolo Maldini, l’esordio con l’Italia
Il debutto in nazionale di Paolo Maldini avviene appunto il 31 marzo 1988. Il difensore lombardo, all’epoca diciannovenne, è già unanimemente considerato come uno dei più limpidi prospetti del panorama calcistico nostrano. E questo, non soltanto per il cognome che porta nel retro della sua divisa. Il ragazzo infatti, ha già avuto modo di esordire col Milan tre anni prima e partita dopo partita sta scalando le gerarchie dello scacchiere rossonero.
L’ultimo del terzo mese dell’anno quindi, è per Paolo tempo di “diventare grande”. Lasciare cioè l’Italia Under 21 per far visita (con un biglietto di sola andata) alla nazionale maggiore. L’occasione è un’amichevole, che gli Azzurri disputano a Spalato contro l’allora Jugoslavia, in preparazione del Campionato Europeo 1988.
Il classe ‘68 non parte titolare, ma il CT Azeglio Vicini conosce le sue qualità e ad inizio secondo tempo non ci pensa due volte a lanciare quello che ancora molti considerano “il figlio di Cesare” nella mischia. L’incontro, complice le reti di Gianluca Vialli e Jakovlijevic, termina sul risultato di 1-1, ma è proprio l’impatto del giovane Paolo Maldini a lasciare appassionati e addetti ai lavori con la bocca aperta.

Paolo Maldini ed il ruolo di nuovo Cabrini
Il verdetto che confeziona il rettangolo verde è chiaro: l’Italia ha un nuovo leader, in una zona del campo privata pochi mesi prima dall’addio di Antonio Cabrini: il terzino fluidificante più forte del calcio italiano. Nello stesso anno, non a caso, Maldini viene convocato dal CT dell’Italia per il Campionato Europeo 1988, torneo che il classe ‘68 giocherà interamente da titolare, fino alla sconfitta in semifinale con l’Unione Sovietica.
“Dopo sole 3 partite conquistai il posto da titolare in azzurro. Agli Europei giocai subito all’esordio contro la Germania e nella seconda gara mi ritrovai subito ad affrontare un campione come Michel, uno dei giocatori più in vista del torneo, fra i leader della Spagna“. Risultato? Paolo Maldini lo annullò, conquistando così di diritto la fascia sinistra del tavoliere calcistico del Bel Paese.
Da quel 31 marzo 1988 in poi quindi, l’alfiere milanista non avrebbe mai più lasciato la maglia dell’Italia per quasi tre lustri. Bisognerà attendere l’uscita degli azzurri agli ottavi di finale dei Mondiali in Giappone del 2002, affinché questo avvenga. Complice, la rocambolesca eliminazione dalla competizione per mano della Corea del Sud e le critiche per un errore commesso proprio dal numero 3 in occasione del gol di Ahn.