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Alessandro Melli, attaccante classe ’69 è stato uno di quei centravanti underdog che a cavallo tra gli anni 80 e 90 gonfiavano con grande continuità le reti avversarie. Ha legato indissolubilmente la sua carriera al Parma: con la maglia ducale addosso è sbocciato e con la stessa maglia ha visto tramontare la sua carriera ad alti livelli. Nel mezzo tante esperienze e tanti allenatori importanti, e con loro la sensazione di non aver sfruttato appieno quelle che erano le sue doti. Ai nostri microfoni Melli ha analizzato la situazione della Serie A, ripercorrendo inoltre le tappe della sua carriera: quelle che tra alti e bassi hanno contraddistinto uno degli attaccanti, a modo suo, più iconici della sua generazione.
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Come vedi la Serie A quest’anno? Ti sembra un campionato in crescita o inevitabilmente dopo gli addii di Ronaldo, Lukaku, Hakimi e Conte il livello si è abbassato?
“Logicamente quando vanno via certi campioni indubbiamente il livello si abbassa. Tuttavia sembrerebbe un campionato più incerto degli altri anni, con almeno tre squadre in lizza per vincerlo. Tutto ciò suscita maggior interesse rispetto ad altri campionati in cui c’è magari più qualità ma meno equilibrio. Stiamo assistendo ad un campionato sicuramente più interessante rispetto a quelli precedenti“.
Le gerarchie all’interno del campionato sono un po’ cambiate, dopo gli ultimi anni targati Juventus e Inter lo scudetto sembrerebbe un affare a due tra Milan e Napoli: sono le squadre più complete della Serie A?
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“Credo che l’Inter abbia la rosa più completa: ho però la sensazione che la squadra più quadrata e solida sia il Milan. I rossoneri sono riusciti a trovare quello spirtito di squadra che gli consente di andare oltre alla qualità dei singoli o della profondità della rosa. La squadra di Inzaghi, così come quella di Spalletti hanno una organico superiore, ma il Milan ha trovato la gusta sintonia che ne fa la candidata numero uno al titolo“.
Quanto merito di mister Pioli c’è nella crescita del Milan delle ultime due stagioni?
“C’é grande merito di Pioli in questa rinascita del Milan, soprattutto se consideriamo in che situazione erano i rossoneri al momento del suo insediamento in panchina. É logico poi che la società gli abbia dato un grosso aiuto, svolgendo un ottimo lavoro, ma l’impronta di Stefano è evidentissima in questa squadra. I numeri per ora gli stanno dando ragione in ambito italiano, un po’ meno in quello europeo, ma è uno step che va fatto: il Milan deve cercare un successo che manca da tanto tempo in campionato per poi rendersi competitivo anche in Europa”.
La rivale più accreditata sembrerebbe il Napoli: credi che gli azzurri abbiano tutte le carte in regola per giocarsi il titolo fino alla fine o pensi che possano avere un crollo, come accade spesso alle squadre di Spalletti da gennaio in poi
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“Il Napoli se la giocherà fino in fondo. Come ho detto prima penso però che il Milan sia avvantaggiato e soprattutto che sia più abituato a vincere e questo a certi livelli è un altro tassello che può fare la differenza. Molto dipenderà anche dal rientro o meno dell’Inter in classifica: qualora dovesse riavvicinarsi al duo di testa la qualità superiore della rosa nerazzurra potrebbe anche capovolgere la situazione“.
Melli sulla Juventus: “Scelte di mercato poco mirate”
Chi sta deludendo è la Juventus, cosa è successo alla squadra di Allegri?
“Probabilmente dopo tanti anni di vittorie non si è pensato in società che ci fosse da fare un ricambio di giocatori. Quest’anno poi l’assenza di Cristiano Ronaldo si sta facendo innegabilmente sentire, il portoghese infatti negli ultimi anni ha sopperito a tante lacune della squadra. La Juventus ha inoltre commesso tanti errori negli ultimi anni proprio a livello di costruzione della rosa, sono state fatte scelte di mercato poco mirate che hanno accelerato il processo di sfaldamento della squadra“.
C’é una squadra che ti sta sorprendendo in positvo?
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“Ultimamente il Verona sta facendo qualcosa di importante, negli utlimi mesi ha fatto qualcosa di incredibile. Con Di Franceso alla guida sembrava una squadra in grado di ambire al massimo ad una risicata salvezza, invece l’arrivo di Tudor, che ha operato in modo molto concreto e di qualità, ha totalmente trasformato la squadra“.
Ti chiedo invece la delusione di questo campionato
“Le due squadre che mi stanno deludendo maggiormente sono il Cagliari e la Sampdoria. Sono due formazioni che stanno avendo molte problematiche per certi versi inspiegabili. I blucerchiati erano partiti abbastanza bene nonostante all’inizio avessero affrontato tante partite contro le big. Nelle ultime uscite invece la squadra di D’Aversa è andata un po’ in calando, anche al livello di prestazioni“.
“Il Cagliari sta pagando un cambio di allenatore che al momento non sta fruttando quello che la società si aspettava. Alcune scelte dei presidenti sono incomprensibili: penso ad esempio ad un allenatore come Semplici che l’anno scorso ha tolto le castagne dal fuoco alla società sarda e che in questa stagione è stato silurato a malapena dopo tre giornate, senza avere la possobilità di poter lavorare al meglio“.
Nelle ultime settimane Mourinho è tornato a dare spettacolo fuori dal campo come ai vecchi tempi, sul campo tuttavia la sua Roma fa fatica: ti aspettavi di più dal suo ritorno in Italia?
“Obiettivamente da Mourinho mi aspettavo esattamente questo: credo che il portoghese sia diventato ormai quasi più un personaggio che un allenatore. Oltretutto la squadra ha dei limiti evidenti, limiti, specialmente in fase difensiva, che stanno pesando parecchio sull’economia del gioco dei giallorossi“.
A proposito di allenatori, nella tua carriera ne hai avuti tanti: Scala, Sacchi, Capello, Ancelotti, Spalletti, per citarne alcuni. Quanto conta per una squadra avere un allenatore di tale spessore e personalità?
“Senza dubbio l’allenatore è una delle parti fondamentali di una squadra. Logicamente non l’unica ma sicuramente una parte davvero importante. I giocatori e la squadra si rispecchiano molto nel proprio allenatore. Io da calciatore non ho amato chi faceva giocare bene la squadra, quanto piuttosto coloro che riuscivano a trasmettere qualcosa a me e ai miei compagni. Se un tecnico riesce a trasmetterti determinati fattori come caparbietà, volontà, grinta, allora vuol dire che sta facendo un ottimo lavoro“.
A quale allenatore devi di più nella tua crescita come calciatore e chi invece non è riuscito a trasmetterti ciò che avresti voluto?
“Soprattutto all’inizo tutti hanno avuto un ruolo importante per me. Io sono partito con Sacchi e sicuramente avendo fatto due anni con un allenatore del suo calibro ho imparato tanto. Ero molto giovane e lui mi ha dato fiducia, mi ha fatto giocare, insegnandomi molto. Con lui ho imparato tanto soprattutto nell’ambito dei movimenti da effettuare in campo, essendo il mister un maestro dal punto di vista tattico. Con Scala sono riusito invece a realizzarmi ed è stato fondamentale in quel periodo della mia vita“.
“Devo ammettere che chi mi ha deluso è stato invece Eriksson. Non siamo mai riusciti a prenderci, anche per colpe non sue. Arrivai alla Sampdoria e incontrai la versione peggiore del tecnico svedese, che in quegli anni stava attraversando numerose vicisittudini personali che non gli consentirono poi di lasciare la sua impronta su noi calciatori“.
L’amore per il Parma
Sei stato una bandiera del Parma e coi ducali hai ottenuto anche numerosi successi importanti: qual è il momento più bello che ti porti dentro della tua lunga esperienza in gialloblù?
“Ho avuto la fortuna di vivere tanti momenti belli e tutti hanno un significato che mi porto dentro. Quello però a cui sono più legato è la conquista della Serie A nello scontro diretto contro i rivali di sempre della Reggiana: segnai un gol e per me che sono sempre stato un ragazzo della curva ha significato tantissimo. Per me è stato più importante di una finale a Wembley“.
Hai condiviso lo spogliatoio e il campo con grandi campioni: qual è il compagno con cui in campo ti trovavi particolarmente?
“Il calciatore con cui mi sono trovato meglio in campo è stato Marco Osio. É stato il giocatore con cui ho più legato in campo e fuori dal campo ed è stato il compagno che più mi metteva in condizioni di fare bene“.
Il Parma di Maresca sta faticando parecchio in Serie B, ti aspettavi un avvio di stagione così difficile?
“Mi aspettavo sarebbe stato un campionato difficile per il Parma, anche se le difficoltà si stanno rivelando davvero tante. Già dalle prime uscite stagionali ho avuto la sensazione di una squadra con molti problemi e molto lontana dal poterli risolvere. La società deve ancora capire tante cose: innanzitutto devono comprendere la realtà di quella che è la città di Parma, sono stati commessi poi degli errori che si stanno riflettendo poi sulla rosa, la quale ha parecchie lacune“.
La stagione di Buffon invece?
“Conosco Gigi, il suo carattere e la sua personalità. L’ho sentito sia prima che dopo che firmasse ed era molto felice di sposare la causa ducale. Mi ha trasmesso tanta voglia di mettersi in gioco, che unita alle sue eccellenti qualità non mi hanno fatto dubitare neanche un secondo della bontà del suo acquisto. Lui vive il momento, non si pone limiti e si sta godendo quella che è a tutti gli effetti una seconda carriera qui a Parma“.
Dalla Sampdoria finisti al Milan in uno scambio con Gullit: avresti potuto giocarti meglio le tue carte in rossonero o non ne hai avuto la possibilità?
“Non ero ancora pronto a vestire una maglia come quella del Milan, non tanto come calciatore ma al livello di personalità. Dovevo ancora crescere e non avevo ancora la mentalità giusta per stare in una società come quella rossonera. Il resto l’ha fatto l’aspetto fisico, che fu determinante: ho avuto tanti infortuni che non mi hanno, di fatto, permesso di giocarmi le mie chance come avrei voluto“.
Stimavi molto Mancini come giocatore e lo stimi come allenatore, in virtù degli ultimi risultati con la Svizzera credi che l’Italia possa realmente rischiare un’altra clamorosa esclusione dai Mondiali?
“Non credo che rischi più di tanto, la squadra è stata anche un po’ sfortunata. Tutto ciò che la Nazionale ha ottenuto in questi ultimi mesi, se non anni, è totalmente merito di Roberto Mancini. Bisogna dare atto al mister di aver fatto un lavoro straordinario, che io personalmente ritenevo difficile da raggiungere. Il Mancini selezionatore si è rivelato totalmente diverso da quello allenatore di club e questo mi ha sorpreso positivamente. Ha fatto un lavoro meraviglioso“.
Per concludere: hai qualche progetto futuro legato al mondo del pallone o è un universo che momentaneamente hai deciso di accantonare?
“É un mondo che ho deciso di accantonare per il momento, come lavoro. Attualmente non ho nessuna velleità di rientrare in questa sfera e sto molto bene così. Anni fa mi è pesato non poter dare un seguito di un determinato tipo alla mia carriera, una volta appese le scarpe al chiodo. Se dovesse arrivare un qualche tipo di proposta, poi, la valuterei nella maniera più giusta possibile, anche perché oggi ho trovato un equilibrio in cui il calcio mi piace, senza che debba rappresentare per forza una priorità della mia vita“.