Era il 7 marzo del 2021 quando Joan Laporta veniva rieletto per il suo secondo mandato alla presidenza del Barcellona con il 54,28% dei voti a favore, tornando a presiedere il Club catalano dopo 11 anni di assenza, nei quali il volto del miglior club del mondo, che aveva cambiato l’idea del calcio per sempre, lasciando un segno indelebile nell’immaginario collettivo, era stravolto alle radici.
In quel momento la situazione era ben definita: il Club Blaugrana era stato gestito malamente per anni dal presidente Bartomeu, ad aggravare la situazione anche la pandemia, che aveva dato il colpo di grazia, generandone il tracollo ad un passo dal fallimento. Il Barcellona affrontava la più grossa crisi economica della storia e tra le priorità dei mesi iniziali al nuovo insediamento vi era proprio una chiave di salvezza per l’esistenza stessa del Club.
Barcellona, il peccato originale: la corrente di Johan Cruijff
Joan Laporta è figlio dell’alta borghesia catalana indipendentista, con una concezione moderna e progressista, per il quale il Barcellona è ambasciatore e promotore del sentimento catalano nel mondo, un’ identità snaturata alla radice dalle gestioni precedenti che avevano allontanato la corrente cryffista: proprio l’allontanamento dell’uomo simbolo, Johan Cruijff, del quale in gioventù ne era stato grande estimatore, secondo lui, ne era alla base del peccato originale. La cattiva gestione aveva estirpato quel DNA di appartenenza, che aveva contraddistinto il Club in Europa e nel mondo, provocandone delle conseguenze disastrose.

Politico navigato, carismatico, accentratore, pragmatico, Laporta, attua una strategia rischiosa ed interventista con la quale ristrutturando il debito con ulteriori prestiti evita il fallimento della squadra. L’idea di uscire dalla terapia intensiva, con un periodo di austerity e controllo dei costi non avrebbe prodotto risultati, quantomeno nell’immediato: viene prodotta una liquidità tale da far quadrare i conti e risalire la china in maniera tempestiva.
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Barcellona, la politica interventista di Joan Laporta: i giovani della Masia
Vengono venduti il 25% dei diritti televisivi per 25 anni a circa 530 milioni, il 49% dei Barça Studios per 200 milioni, di cui il 24,5% a Socios.com per 100 milioni e il 24,5% per 100 milioni a Orpheus Media, il 49% della BLM, la società controllata che si occupa del marketing della squadra, per una cifra tra i 200 e i 300 milioni. Semplice ma efficace. La società vende quote per ricavi futuri in cambio di circa 800 milioni da spendere subito. Tempestivamente si chiude un contratto con Spotify, brandizzando il Camp Nou, il tetto degli stipendi viene abbassato, si vendono i giocatori e rinegozia i contratti.
È momento degli addii dolorosi, uno fra tutti quello di Messi che segna la definitiva fine di un era fra le lacrime incredule del mondo. Si gettano le fondamenta per una rinascita graduale e sostenibile fatta di giovani di talento che ad oggi, a distanza di due stagioni, effettivamente trova riscontro in quell’identità ritrovata, che ha permesso di ricominciare a vincere, in un modo non stilisticamente neutro, utilizzando la crescita dei giovani della Masia, che incarnano maggiormente i valori del Club.
Barcellona, il ritorno di Xavi: le fondamenta di un ciclo
A completare l’opera di arricchimento di un patrimonio tecnico, divenuto una scommessa azzardata, è l’arrivo in panchina di Xavier Hernández i Creus, meglio noto come Xavi, che riflette l’inizio di un nuovo corso. L’ex Barça rimane emblema di un ricordo felice, del quale ne è stato protagonista, oltre che legittimo erede. A lui viene affidata la gestione di una crisi tecnica ed emotiva senza precedenti, con l’obbiettivo di risolverla nell’immediatezza attraverso le sue idee, valorizzando i giocatori a disposizione, restituendo quell’efficacia che viene corroborata dai risultati.

“Il pallone è un tesoro, non una bomba”. È il principio che esprime in un concetto la visione del Barcellona di Xavi, ossessionato dal possesso palla che viene applicato da quando egli stesso era giocatore, un palleggio che viene ragionato con un’intensa ricerca della verticalità: la valorizzazione dei figli della Masia sposa a pieno le fondamenta del gioco di posizione con una naturale predisposizione tattica e tecnica, espressione di grande innato talento per profili speciali.
Barcellona, dimensione Xavi: il calcio totale
Jordi Alba, Gavi, De Jong e Depay, Pedri e Ansu Fati, entrambi classe 2002, sono lo scheletro sul quale poggiano gli sviluppi della creatività in fase offensiva, espressione di elaborati attacchi posizionali, che enfatizzano l’aspetto positivo del Barça di Xavi, ovvero quella propensione ad attaccare in tutte le situazioni in maniera dinamica. Ad oggi, il calcio che sta proponendo sembra il più adatto a sviluppare tutto il talento a disposizione e riavvicinare il Club Blaugrana alla sua dimensione, un lavoro che in parte sta dando i suoi frutti e che a distanza di due anni con degli innesti di esperienza hanno portato nuovamente a vincere il titolo nella Liga spagnola.
Se il Barcellona sembra in parte abbia arginato le gravose problematiche evidenziate nelle precedenti stagioni, mantenendo standard elevati, grazie e soprattutto ad una politica interventista, diligentemente attuata dal suo attuale presidente, ciò che se ne evince nonostante la glorificazione del titolo, è che la squadra di Xavi non abbia ancora trovato la giusta quadratura che le consenta di imporsi nuovamente sul tetto d’Europa.
Barcellona, la difesa fa acqua in Europa: il tabù delle coppe
L’eliminazione del Barcellona dall’Europa League, per mano del Manchester United, è un colpo durissimo per la squadra di Xavi. La sconfitta per 2-1 maturata a Old Trafford estromette i Blaugrana dalla corsa al trofeo, l’unico che manca nella ricca bacheca del club catalano. Tra Champions ed Europa League il Barcellona è riuscito a vincere solo due partite sulle 8 totali tra fase a gironi e quella a eliminazione diretta.

Il problema sembra essere comunque molto più difensivo dato che tra i catalani hanno segnato ben 15 gol subendone però 16 tra le due competizioni evidenziando un problema enorme che andrebbe completamente arginato per la prossima stagione per non rischiare di uscire nuovamente nelle fasi iniziali. Ad ogni modo da giovani talentuosi con grandi prospettive, abbinati a giocatori d’esperienza del calibro di Robert Lewandowski ci si aspetta molto di più. L’idea di essersi migliorati rispetto la passata stagione non basta.
Barcellona, la consolazione de LaLiga: il clamoroso fallimento in Europa
Nel corso delle ultime due stagioni, il Barcellona è stato eliminato dalle competizioni europee quattro volte in un anno e 77 giorni, il clamoroso fallimento in Europa, non solo conferma la tradizione negativa nelle competizioni internazionali, ma anche il conseguente ridimensionamento del Club a seguito della profonda crisi economica, che ha obbligato ad un cambiamento radicale il suo progetto tecnico.
Resta per il Barcellona la soddisfazione di aver comunque preso in mano LaLiga dominata a grande distanza dalle dirette contendenti, ma è evidente che bisogna ricostruire un dignitoso cammino sui palcoscenici internazionali che per anni sono stati rappresentati con grande onore.

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