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In arte il giaguaro, un atleta modello, da cui prendere esempio; un atleta da avere come riferimento di vita e sicuramente da imitare. Pugile professionista e Sottocapo del Corpo della Capitaneria di Porto “Guardia Costiera” Italiana. È stato campione d’Italia in carica per lungo tempo, uno dei pochi pugili italiani a vincerlo per 6 volte di cui 5 consecutive. Attualmente campione d’Europa dei Pesi medi (Kg. 72,570). Nel corso della sua carriera ha sconfitto campioni, sia nazionali che internazionali, quali Gaetano Nespro, Lorenzo Cosseddù, Giovanni De Carolis e Stefano Loriga in Italia; mentre quelli di rilevanza internazionale, Ahmed Rifaie, Rafael Sosa Pintos, Riccardo Lecca, Gevor Khatchikian e Maxime Beassuire. Matteo Signani è il classico atleta che possiamo definire un predestinato, perché all’età di 15 anni disputa il suo primo incontro ufficiale di pugilato, “novizio B”, vincendo per KO alla prima ripresa dopo appena 1 minuto e 38 secondi. Ha disputato oltre cento incontri da dilettante, rendendosi protagonista ai campionati regionali, nazionali ed internazionali. Ai campionati italiani assoluti dilettantistici tenutisi nell’anno 2004, ha disputato la finale, perdendo solo ai punti con il campione in carica. Dopo quel risultato, ha combattuto altri 22 incontri da dilettante, vincendoli tutti. Nell’anno 2007, la svolta per la sua carriera, ovvero l’importante passaggio nel mondo professionistico della boxe, nella categoria dei pesi medi. Conosciamo meglio Matteo Signani, che si è raccontato ai microfoni della redazione di Footballnews24. Di seguito le sue parole.
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Le parole di Matteo Signani
Le sue origini: quando è nato, dove è nato e dove vive attualmente?
“Sono nato il 5 giugno del 1979 a Cesena e abito, nella frazione di Montilgallo, a Longiano in provincia di Forlì-Cesena, a 15 Km da Rimini in Emilia Romagna”
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A che età si avvicina al mondo dello sport e perché ha deciso di praticare il pugilato?
“Ho iniziato a fare sport da molto piccolo. Mia madre mi ha portato dapprima a fare Nuoto, a 5 anni, e poi ho provato con il Calcio, ma non ero portato per questo sport. All’età di circa 13/14 anni ero un bambino un pò vivace e avevo un vicino di casa a cui facevo sempre i dispetti, il cui padre esasperato mi disse: <<basta vai a fare la boxe!>> e da quel giorno chiesi a mia madre di portarmi nella palestra a Santarcangelo di Romagna, dove nacquero i fratelli Stecca. Mi portarono lì per sbollire le mie intemperie e per gioco cominciai a fare boxe e, in seguito, venne fuori il Signani di adesso”
Dall’essere amatore cosa è scattato nella sua testa per diventare agonista?
“Una volta le palestre erano diverse da oggi. Prima le palestre erano buchi, sotto le scuole, ma sempre affollate e l’80% erano pugili. Adesso l’80% sono amatori e il 20% fanno i pugili forse anche solo il 10%. Prima erano tutti agonisti, c’erano i novisti, prima e seconda serie e mi ricordo che c’era un allenatore che si chiamava Vasco, che mi ha accolto chiedendomi cosa volessi e alla mia risposta che volevo diventare campione del mondo mi disse di andarmi a cambiare. Da quel momento è cominciato il mio agonismo, la mia boxe, è iniziato per scherzo e poi avevo il sogno di diventare campione italiano finché non è stato più un sogno”
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Ritiene fondamentale la figura del suo maestro e che contributo ha apportato alla sua crescita per poi farle decidere di debuttare nel professionismo? Qual è stata la motivazione che l’ha spinta a intraprendere la carriera dell’agonismo?
“La figura di un buon maestro all’angolo è alla base di un buon campione. Vero è che devi fare tutto sul ring ma se non hai un buon maestro non riuscirai mai ad arrivare dove sei giunto. Adesso io mi trovo ad aver raggiunto grandi obiettivi soprattutto grazie al mio maestro Gian Maria Morelli. Ovviamente io ci ho messo del mio ma senza il mio staff, il mio preparatore, il trainer e il tutore e tutto il Ring Side Boxing Club di Rimini il mio coach Morelli e il secondo coach Daniel Scarpellini non avrei raggiunto questi traguardi”
In quale occasione e in che anno decide di debuttare da Professionista?
“Decido di debuttare come professionista nel 2007 perché mi convocarono in nazionale nel 2004 per le Olimpiadi e mi feci male alla mano fratturandomi 5° e 4° metacarpo, quindi anno fermo, voglia passata e stimoli passati. Poi sono rientrato, ho fatto 10/15 match, vincendoli tutti e mi sono detto di provare il passaggio a pro. Ma solo per tentativo e curiosità. Quando sono passato a professionista ho cambiato allenatore, affiancandomi a Morelli, all’inizio avevo degli allenatori che non credevano neanche loro che io ce l’avessi potuto fare, e con loro non ci sarei neanche arrivato. Per cui ritengo fondamentale la presenza di un buon allenatore accanto al pugile”
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L’allenamento che ha svolto nella sua vita le ha occupato parecchio tempo durante la giornata, come ha conciliato la sua vita da pugile e la sua vita sociale?
“La vita sociale a volte viene un po’ trascurata. Io ho un lavoro che mi permette di fare sport ad alti livelli, faccio la Guardia Costiera a Rimini, ho la comprensione e l’aiuto di tutti che mi vengono incontro nei giorni di permesso e ferie e mi sostengono. Il corpo della Guardia Costiera è sempre vicino a me in tutto e ne sono orgoglioso di farne parte. Tanti fattori aiutano ad arrivare in cima e questo è uno tra i tanti. Poi dal punto di vista familiare, ho i genitori e due sorelle più grandi, la mia compagna Eleonora con la quale abitiamo in campagna, in una casetta con gli animali. In discoteca ci vado ma non con frequenza, naturalmente, una due volte l’anno e, sia per me che per Eleonora, è sufficiente perché io riesco a condurre una vita da atleta al 100%: dormo e mangio bene, conduco una vita sana. Non <<sgarro>> nulla né lontano dalla preparazione né in fase di match. Faccio qualche mangiata solo dopo il match ma non esagero, la mia mamma da brava cuoca mi prepara cappelletti e piadina, non posso non dagli soddisfazione ma per il resto sto sempre attento. Mi piace fare questa vita e non mi pesa. E chi mi è accanto ama il mio modo di vivere”
Qual è il suo palmares da professionista?
“Io ho battuto tutti i record da pugile categoria pesi medi: il titolo italiano l’ho disputato 9 volte di cui 6 vittorie, 1 pari e 2 sconfitte, difendendolo per 5 volte di fila. Poi ho fatto 5 campionati d’Europa: 1 sconfitta nel 2016 e in seguito ho vinto l’intercontinentale, due volte l’Unione Europea, sono tornato sfidando il titolo europeo vincendolo e difendendolo 3 volte, la quarta difesa sono andato in Francia a Parigi e l’ho perso alla V ripresa contro Petrot, con la clausola che preso ci saremo dibattuti nuovamente altrimenti gli avrebbero tolto il titolo a tavolino per tante scorrettezze durante il match, per di più alla fine del match non si era posto a fare l’esame anti-doping per cui l’EBU gli ha lasciato il titolo obbligandolo a dare rivincita.
Riassumendo ho vinto: 6 titoli italiani, 4 titoli europei, 1 titolo intercontinentale WBA, 2 volte l’Unione Europea e 1 volta l’Europeo”
Racconti le emozioni che le ha regalato la sua carriera pugilistica, soprattutto dopo aver battuto Petrot alla settima ripresa per KO.
“Mi ero preparato tanto per questo match anche perché in Francia con il mio staff non si sono comportati bene e c’era questo rancore pregresso che bruciava dentro ardentemente e volevo la rivincita. Per cui mi sono preparato tanto e, stringendo i denti, ho tirato fuori tutta la mia forza. Avevamo preparato altri colpi per lui ma quel gancio sinistro era l’unico colpo che gli ho messo e l’ha preso proprio in pieno ed è stata una gioia! Prima di tutto per me, perché sentirsi dire <<chi te lo fa fare… sei vecchio… ma dove vai!>>, dandoti perdente 3.80 alle scommesse e dando vincente lui 3.50 fa male. Tante cose per cui la gente si basa solo su dei valori statistici quale l’età, non conoscendo la mia persona, il mio fisico e sconoscendo che vita faccio. Io sto bene, mi sento più forte di sempre, mi sento meglio adesso rispetto a 10 anni fa; ovviamente sono sottoposto a visite rigorosissime dalla Federazione e sono perfetto in tutto. Per me con Petrot è stata una rivincita, contro di lui e contro tutti quelli che mi davano perdente, ho fatto vedere chi è il giaguaro”
Considerato che le è rimasta dentro la gioia di entrare in palestra come il primo giorno cosa consiglierebbe ad un giovane che decide di avvicinarsi al mondo del pugilato?
“Purtroppo adesso siamo in un mondo non buono, tutta questa tecnologia, tutti questi esempi di miliardari calciatori, con la Ferrari, o guardano Canelo che prende miliardi di euro ma la vita è altro, come nello sport, nella vita normale uno si deve sbracciare, deve volerla veramente una cosa e perseguirla con tutte le sue forze, prima che accede. Poi, a volte, non è certo che accada, comunque si può dire che uno ce l’ha messa tutta, essendo soddisfatti di sé stessi, per cui dico ai giovani che devono crederci, che se vogliono fare pugilato devono metterci anima e corpo, e non si sa mai dove si arriverà; però son certo che, se uno si impegna al massimo, potrà dire a sé stesso di averci provato comunque è andata poter gioire. La vita è come un ring: io faccio il pugilato sul ring, così come ci sono persone che combattono nella vita, perché stanno male e devono tenere duro o hanno difficoltà nel lavoro e devono combattere contro tutto e tutti, e il pugilato insegna a stare sul pezzo e non mollare mai”