“Queste sono le notti che non moriranno mai”, le notti delle coppe europee, le notti di Champions, di Europa e anche di Conference League; Avicii lo ha sempre ricordato in The Nights: “Un giorno ti lascerai alle spalle questo mondo, quindi vivi una vita che ricorderai”, e chi sicuramente non dimenticherà l’esperienza calcistica del 2023 sono i giocatori del Djurgarden, svedesi, proprio come Tim Bergling che ha composto questa canzone prima di lasciare tristemente il nostro mondo alle sue spalle nel 2018.
Era il 2019, e una congiunzione astrale diede vita ad una folle ed assurda conclusione di stagione in Allsvenskan, il massimo campionato di calcio svedese. Il Norrkoping avrebbe soffocato nella gola dei tifosi del Djurgarden la gioia per lo scudetto, poiché dopo i primi 45’ dell’ultima giornata era in vantaggio per 2-0 e il Malmo si sarebbe ripreso il titolo. Erano tre i punti di vantaggio della squadra allenata, allora e tutt’oggi, da Kim Bergstrand, ma la sconfitta avrebbe cancellato i sogni.
Svezia, quando il Djurgarden tornò campione
Malmo, Hammarby e Djurgarden, tre squadre con il proprio destino nelle mani del Norrkoping. È il gol di un mediano a riaccendere la speranza, lo svedese Karlstrom, mentre il gol del capocannoniere della competizione, Buya Turay indirizzò il titolo. L’uomo più atteso, giunto dal calciomercato e rimasto a Stoccolma per un anno in cui segnò 15 gol in 29 partite di campionato, non poteva che essere lui l’eroe dello scudetto, dopo quattordici anni le strisce azzurre tornarono campioni di Svezia.
Djurgarden è un’isola all’interno della capitale svedese Stoccolma, ospita una enorme zona verde, una sorta di Hyde Park scandinavo e il turismo nordico si accentra spesso nel quartiere poiché attratto dai suoi numerosi musei. Al centro della capitale, nel 1891 i fratelli Behrens diedero vita all’AIK, la prima squadra calcistica della città; passarono solamente 25 giorni e vennero delineate le basi per la nascita del derby più feroce della Svezia: nasceva il Djurgarden con il quale si sarebbe disputato il Tvillingderbyt.
Nasceva il 12 marzo 1891, e proprio per questo la sfida tra Djurgarden ed AIK Solna è definita il derby dei gemelli. Dopo cent’anni la rivalità di Stoccolma presentava una enorme disparità, AIK campione e fornaci di ferro retrocesse anche se la loro rinascita non tardò ad arrivare e proprio nel 2019 il conteggio totale dei titoli tra le due squadre venne pareggiato: 12 Allsvenskan a testa, e i cugini iniziarono ad ostacolarsi a vicenda nel tentativo di interrompere il domino delle città di Göteborg e Malmo.
Conference League, il Djurgarden in Europa
Il titolo svedese del 2019 garantiva la qualificazione alla Champions League 2020-2021. Con il sogno di entrare dalle porte dell’Europa il Djurgarden volava alla Groupama Arena di Budapest: il sorteggio aveva decretato lo scontro in trasferta contro il Ferencvaros. L’obiettivo era andare oltre lo storico risultato del 2004-05, quando dopo aver sconfitto il Kaunas il cammino europeo si arrestò contro la Juventus, fermata al Delle Alpi di Torino per 2-2, ma poi trionfante a Stoccolma.
Il preliminare di Champions League divenne, invece, triste e deludente: doppietta di Nguen, ungheresi al turno successivo e poi eliminati da un’altra squadra scandinava, il Molde. Giunsero risultati migliori in Europa League/Coppa UEFA, ma il Djurgarden rimase lontanato, troppo lontano dalla continuità europea, almeno fino al 2022-23. Probabilmente subirono un contraccolpo psicologico dopo l’eliminazione in Ungheria, ma il terzo posto in Allsvenskan nel 2022 prenotava un biglietto con il loro nome per l’Europa.
In Conference League affrontavano prima il Rijeka, sconfitto in trasferta, poi vincevano in Romania contro il Sepsi Sf.Gheorghe. E al turno decisivo, da un’isola ad un’altra, centravano la qualificazione alla fase a gironi grazie al successo sull’Apoel Nicosia. Gent, Shamrock Rovers e derby scandinavo con il Molde; 5 vittorie ed un pareggio in Irlanda, primo posto del girone e la Conference League scriveva la storia del Djurgarden.
Assoluto protagonista, fin qui, della competizione è stato il giovane svedese, di origini ghanesi, Joel Asoro. Nato il 27 aprile 1999, dopo un rapido passaggio sotto la Lanterna al Genoa lo acqusitò il Djurgarden e segnando nel derby con la terza sqaudra della capitale, l’Hammarby, conquistava il cuore dei tifosi e la titolarità con la maglia delle strisce azzurre; è lui il vero “orgoglio di Stoccolma” che con 7 gol complessivi ha trascinato la squadra direttamente agli ottavi di finale contro il Lech Poznan.
Il calcio in Svezia, il Mondiale del 1958: la consacrazione di O Rei
Un tocco sopraffino, da togliere il fiato probabilmente ancora oggi: il 1950 fu un annus horribilis per il popolo brasiliano per il quale la linea di demarcazione tra il calcio e la vita è sottilissima ed impercettibile poiché per i verdeoro il futbol è sempre stato al centro dell’esistenza. Proprio quell’anno un bambino vedendo le lacrime del padre dopo la sconfitta del Maracanazo si mise in testa l’idea di cancellare quel ricordo attraverso i suoi piedi.
Quel bambino, Edson di nome, veniva preso in giro poiché non riusciva mai a pronunciare il nome del portiere verdeoro di quegli anni, tale Bilè, pseudonimo di Moacir Barbosa. Da Bilé il nome divenne Pilé e quindi un suo compagno di scuola pronunciò per la prima volta il nome della leggenda: Pelé. Otto anni più avanti la storia del calcio, o meglio del Futbol, scrisse una delle sue pagine più emozionanti proprio in Svezia, nel 1958 in quello che si trasformò nel mondiale di O Rei.
In terra svedese, Pelè non fu l’unico protagonista: l’uomo più decisivo del mondiale, almeno in termini statistici e tecnici fu Just Fontaine, francese autore di 13 reti, un record ancora imbattuto. La storia del calcio non solo mondiale ma anche scandinava è stata scritta in quei giorni; Skoglund con un sinistro rasoterra ad incrociare, poi Gren da fuori area e uno spettacolare Hamrin, in dribbling dalla linea di fondo campo scavalcò il portiere e la Svezia battè la Germania accedendo alla finale.

Era ormai terminata l’era dei Gre-No-Li poichè Gunnar Nordhal venne penalizzato dalla scelta della nazionale svedese di convocare solamente giocatori dilettanti tra il 1950 e il 1956, il trio del Milan venne quindi scomposto e diviso, la Svezia perse la finale contro il Brasile e diede il via all’epopea di Pelè: il portiere Svensson non potè fare nulla per impedire i cinque gol verdeoro. Probabilmente la presenza di Nordhal non avrebbe cambiato la bandiera issata sul gradino più alto del podio, ma probabilmente sarebbe cambiata la spettacolarità dell’incontro.
Calcio, i campioni della Svezia: da Ravelli ad Ibrahimovic
Nel 2006 un imprenditore svedese cambiò per semper il modo di concepire la musica: Daniel Ek, dopo aver venduto la sua start up, Advertigo, riuscì a contrastare la diffusione di The Pirate Bay fondando Spotify; l’eccellenza svedese e scandinava ,anche nel mondo del calcio, stava riprendendo piede dopo un periodo difficile con pochi talenti. Grazie ad un pareggio contro il Brasile la Svezia si qualificò per gli ottavi di finale di mondiali 1994, raggiunse il terzo posto perdendo dai verdeoro in semifinale.
A far parte di quel team c’erano alcuni nomi storici e altisonanti della storia del calcio della Svezia: Thomas Brolin, stella del Parma vincitrice di Coppa delle Coppe e Coppa UEFA, era il terminale offensivo di una squadra travolgente, con Henrik Larsson, unico calciatore svedese ad aver partecipato sei fasi finali dei tornei per nazioni, ed anche Thomas Ravelli storico portiere del Göteborg, eclettico, stravagante e per alcuni versi antesignano del moderno Neuer, abituato ad uscire dai pali per dribbling avventurosi.

Ravelli divenne l’uomo partita allo Stanford Stadium, nei quarti di finale contro la Romania, parando due rigori calciati dai suoi avversari, a Lupescu e Belodedici, parate caratterizzate da istrioniche e pittoresche esultanze. In quel mondiale aveva 36 anni, la sua fortuna l’ha costruita negli anni Ottanta, difendendo i pali dei gialloblu per oltre quindici stagioni diventando protagonista anche di numerose sfide in Allsvenskan tra Göteborg e Malmo.
L’unica squadra svedese ad aver raggiunto una finale della Coppa dei Campioni, ed il club indubbiamente più titolato dell’Allsvenskan, il Malmo, fondato nel 1910, è stata la squadra ad aver lanciato il più grande campione della storia del calcio gialloblu: intramontabile e fantasioso, dotato di una tecnica brillante che rende i suoi gol dei veri gioielli di arte balistica, Zlatan Ibrahimovic iniziava la sua carriera agonistica dal tae kwon do ed è proprio dal tatami che ha portato sul prato delle prestazioni ineguagliabili.
Una storia nella quale manca solamente il successo più grande, la Champions League; e probabilmente anche qualche grande risultato con la nazionale per Ibrahimovic ne avrebbe impreziosito la carriera portandolo definitivamente nell’elenco dei migliori giocatori di tutti i tempi. “Perfetto”, si è definito in tal modo lui stesso, fin dall’inizio, quando lasciò il Malmo per attraversare il Baltico e raggiungere la gloria in Olanda all’Ajax.

Nel 2002 il primo campionato del mondo con la maglia della Svezia. Attendendo Haaland è attualmente il più grande giocatore della penisola scandinava di cui si ha memoria, pur senza aver raggiunto la coppa dalle grandi orecchie. Non si può dire che non l’abbia inseguita: Juventus, Inter, Barcellona, Milan, PSG e Manchester United, ma non arrivò mai la gloria europea. Eppure i suoi gol rimangono indimenticabili e inimitabili: ne sono esempi il colpo di tacco contro il Bologna e la rovesciata da fuori area contro l’Inghilterra.
Il mito di Zlatan è tornato ad essere immortale ed inarrivabile anche a 40 anni quando vinse la quinta serie A con la maglia del Milan; certe volte ritornano, e la sua seconda esperienza in rossonero ha riportato il Tricolore al Diavolo undici anni dopo l’ultima volta quando a guidare quella squadra, in fase offensiva, c’era proprio Ibrahimovic.
La firma della Svezia sul calcio, per la verità è molto più ampia: Sven Goran Eriksson è stato il primo svedese dopo i Gre-No-Li a lasciare il segno in Italia. E proprio a San Siro, quello stadio in cui il tridente milanista faceva sognare i tifosi, la mano della disfatta è gialloblu nel 2017; 0-0 e nazionale azzurra non partecipante ai mondiali di Russia 2018. Si è manifestato un bagliore di splendore da quell’anno, pur non qualificandosi in Qatar, e il Djurgarden sta cercando di portare la luce anche tra i club dell’Allsvenskan.