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È recente la notizia di una novità assoluta che ha unito insieme le due associazioni del tennis maschile e femminile, ATP e WTA, in un evento che sa di futuro, guardando al passato. La United Cup è adesso realtà, una competizione a squadre per nazioni, che coinvolge i tennisti di ambo i sessi, creando un mondiale inclusivo e che ha le carte in regola per essere un torneo di tutto rispetto. Tuttavia, il progresso vede sempre dei sacrifici drastici da dover mettere in atto in vista del futuro, lasciando rammarico e, a tratti, delusione, nella speranza che ciò che verrà possa essere migliore in funzione di ciò che si è lasciato dietro. È su questa falsa riga che l’ATP Cup lascerà il posto al mondiale misto di tennis, aprendo la strada ad un nuovo esperimento per lui che lo è già stato ma che non ha avuto sufficiente vita per vedere riconosciuti i frutti del suo lavoro. Sebbene ciò abbia il sapore di un addio, evoluzione è il termine più corretto, ma sarà il tempo a raccontare il suo successo o la sua rovinosa disfatta.
Il terremoto Davis e l’aria di novità
È il lontano 2018. Voci di corridoio seminano discordia all’interno dell’ambiente tennistico, vedendo arrivare nuvole grigie all’orizzonte e volte a posarsi sopra il capo dei una delle competizioni più antiche del mondo. Come ben risaputo, la Davis Cup o Coppa Davis, è dal 1900 riconosciuto per eccellenza come IL torneo a squadre per nazioni, senza alcun dubbio né discussione. In sostanza, il mondiale dello sport del tennis. Molte nazioni hanno scritto la storia di questo sport anche grazie a questa competizione, amata da tifosi e tennisti per il suo valore e prestigio, inerentemente persino all’atmosfera unica che questa riesce a creare, dove il pubblico si tramuta in un quello che quotidianamente sarebbe riconducibile ad un “mostro” rumoroso ed indisciplinato, che qui diventa trascinante e fondamentale, contornato da trombette da stadio, striscioni e cori, tipici del tifo calcistico. Basti pensare a nazioni quali gli Stati Uniti, Francia, Spagna e Australia, senza dimenticare il contributo dell’Italia, con l’unico successo risaliente al 1976. Se formula vincente non si cambia, dal 2018 l’ITF cominciò a pensarla diversamente.
Nonostante l’estremo successo che ha sempre portato con sé la Coppa Davis, l’attenzione principale è stata maggiormente legata agli appassionati del settore e a pochi curiosi, non potendo competere con eventi più folcloristici quali la Coppa del Mondo nel calcio ed il Super Bowl nel football americano, portando gli organizzatori della Davis a pensare ad una possibile soluzione per spingere la competizione verso il pubblico più disparato, creando un’atmosfera di coinvolgimento e spettacolo alla portata di qualunque spettatore. Da qui, la decisione di modificare drasticamente il format della competizione, concentrando la pratica in un unico periodo, in un unico luogo, in solo una giornata, contrapposta allo storico formato nel quale le partite venivano spalmate nel corso della stagione, in sedi di casa/fuoricasa, in tre giornate delegate al fine settimana. Come presumibile, alterare la tradizione non è mai cosa piacevole, soprattutto agli occhi dei nostalgici. L’indignazione tocca non solo il pubblico appassionato dello sport con la racchetta, ma questa prende persino i giocatori, minacciando di disertare la competizione che, con gli imminenti cambiamenti, avrebbe modificato il suo valore in riferimento alla lotta sul campo. Si pensi all’ex tennista ceco Tomáš Berdych che commentò dicendo di essere fiero di aver trionfato nella “vera” Davis Cup, ripudiando questo nuovo cambiamento.
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Nasce l’ATP Cup: nuova competizione, stessi valori
Coglie la palla al balzo ATP. Seguendo il malcontento generale dettato dal cambiamento ufficiale del format della Coppa Davis in vigore dal 2019, l’Association of Tennis Professional prende una decisione importante: introdurre una nuova “coppa del mondo” nel palinsesto regolare, rivolto a ben 24 nazioni e con la grande novità del concedere punti utili per la classifica globale. Con il nome in codice di World Team Cup, le intenzioni di competere contro la Davis sono ben chiare. In associazione con il Tennis Australia, l’ATP ufficializza la nuova competizione a squadre per nazioni denominata ATP Cup, posta in preparazione dell’Australian Open e spodestando l’Hopman Cup, competizione ormai indirettamente riconosciuta come esibizione nonostante avesse la valenza di torneo vero e proprio. Tre le location interessate sul suolo australiano, riconosciute nelle città di Sydney, Brisbane e Perth.
Grazie all’allettante incentivo di punti, questa nuova competizione è riuscita certamente nell’attirare i più grandi competitors del circuito, forte della strategica posizione nel calendario che, indipendentemente dal risultato, può fornire un buon avvio e riscaldamento in vista del primo major stagionale, proprio in Australia. Le nazioni partecipanti vengono dettate dalla posizione dei migliori rappresentanti nella classifica ATP, purché ve ne siano almeno due classificati in singolare. Va da sé che molte delle nazioni più forti del tennis mondiale si garantiscono di diritto un posto al tavolo dei protagonisti, affidandosi ad un inizio di stagione assolutamente competitivo. Sebbene nel paragone fra Coppa Davis e ATP Cup la formula sia differente, le sensazioni, gli obiettivi e i valori rimangono invariati e gli stessi, sempre con l’intenzione di portare il proprio paese sul tetto del mondo e potersi così definire “campioni del mondo”.
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Albo d’oro: Serbia, Russia e Canada
Il successo riscontrato dall’edizione d’esordio dell’ATP Cup è subito evidente. Fra le prime diciotto squadre ad aprire in maniera assoluta nella competizione spiccano i nomi di Serbia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Belgio, Russia, Italia, Stati Uniti, Argentina, Croazia, Grecia, Germania, Canada e Australia, solo per citarne alcuni. Si presenta soprattutto il gruppo di ferro nel Girone F composto da Australia, Canada, Germania e Grecia, rendendo ancora più ghiotta l’occasione di far diventare il torneo un blockbuster già dal suo avvio. Fra questi presenti anche nomi di alto rilievo, quali Novak Djokovic, Fabio Fognini, David Goffin, Rafael Nadal, Gaël Monfils, Grigor Dimitrov, Casper Ruud, Stefanos Tsitsipas, Alexander Zverev e tanti altri nomi illustri. Nonostante l’incertezza per l’ideazione di un torneo che a primo impatto sarebbe potuto risultare ridondante e superfluo, quanto messo sul tavolo è difficile da non accettare e incuriosire. A riprova di quanto detto, è la prima finale della sua vita: Serbia contro Spagna, Nole contro Rafa. In un incontro ultimo di grande bellezza, la fazione serba esce vincitrice regalando il primo titolo assoluto alla squadra guidata dall’allora numero uno al mondo, Novak Djokovic.
Dopo il grande successo del primo anno, il 2021 si apre con un altro grosso successo, specialmente per gli azzurri. La nazionale italiana compie una campagna stupefacente in un torneo difficile con grande spunto da degli ispirati Matteo Berrettini, Fabio Fognini e Simone Bolelli, fino a raggiungere una finale che sa di storia, dovendo affrontare la temibile Russia. Secondo i pronostici, la compagine tricolore si è poi dovuta arrendere alla forza pressante russa, in una stagione nella quale quest’ultimo ha confermato la propria ascesa e dominio. Troppo Medvedev per Berrettini, così come troppo Rublev per Fognini. Benché la sconfitta faccia sempre male, in questa finale dell’ATP Cup si è raggiunta la consapevolezza della crescita esponenziale del tennis italiano e del potenziale futuro che in esso è già presente, con un obiettivo centrato che diversi anni fa sarebbe stato quasi impensabile, in un connubio fra veterani e nuove leve.
Alla terza edizione del 2022, il Canada è inconsapevolmente l’ultima trionfatrice del suddetto torneo. Così come accadde per l’Italia, la vittoria dell’ATP Cup sancisce per il tennis canadese un momento di svolta, portando sicurezza e disciplina alla squadra, adesso maggiormente conscia delle sue armi migliori identificabili in Denis Shapovalov e Félix Auger-Aliassime, poi ironicamente anche vincitori della Coppa Davis nello stesso anno. Impartendo la seconda sconfitta alla Spagna, protagonista di due finali in tre edizioni, il Canada ha garantito un tennis di qualità rodato contro Gran Bretagna, Germania e Russia, certamente nazioni che presentano giocatori estremamente competitivi e di difficile lettura. La vittoria risulta dunque di merito, rendendo ancora più impressionante il risultato ottenuto.

Il Re è morto, lunga vita ai Re
Malgrado il grande successo dell’ATP Cup, la sua breve vita giunge al termine dopo sole tre edizioni. Le grandi critiche rivolte alla Coppa Davis stanno lentamente rientrando, oramai assuefatti ad un format da dover accettare e comunque non così lontano dalle sensazioni del passato, modificandone i termini ma non le intenzioni. Ed è qui che subentra la probabile domanda su cosa sia necessario e in che direzione si voglia andare per il futuro. L’evoluzione della Coppa del Mondo insignita dall’associazione ufficiale tennistica è comprensibile; per non entrare in contrasto con un’istituzione come la Coppa Davis, consapevole che, indipendentemente dalla modifiche, difficilmente ne si sarebbe eguagliato il prestigio, si è scelta una via intelligente per convivere e prosperare in parallelo.
Il matrimonio fa ATP e WTA ispira fiducia e vi può essere una grande occasione per creare qualcosa di buono, duraturo e lungimirante. Poter veder competere uomini e donne coesi in un unico obiettivo, avere l’opportunità tifare la stessa nazione indipendentemente dal sesso e vincere insieme non considerando la categoria, è qualcosa che difficilmente si può ammirare nello sport. Si immagini poter esultare per la vittoria dell’Italia, ma adesso dell’Italia tutta. Una gioia senza precedenti che non vede distinzioni, uniti proprio come il nome della competizione suggerisce: United Cup. Ciò permetterebbe di dare maggiore visibilità al tennis femminile, fornendo anche una chiave di lettura differente del gioco e una collaborazione fra tennisti non comunemente avvezzi al doppio misto.
Tuttavia qualche dubbio sorge, insieme ad altrettanti timori. Il pericolo è quello di tramutare un progetto ideale in una mera esibizione priva di sentimento, portando con sé gli errori dell’infausta Hopman Cup. Portando l’attenzione su un torneo che potrebbe avere molto da offrire e sicuramente nulla da invidiare ad altri, se non averne persino di più, si potrebbe scongiurare questo rischio di sminuirne il valore potenziale. Sarebbe auspicabile il riconoscimento della United Cup come coppa di tutto rispetto e, per coloro che andranno fino in fondo, essere identificati come Campioni del Mondo senza sminuirne l’importanza e donandole lo stesso pregio di altri eventi. Solo il tempo potrà donare questa risposta, attendendo il 2023 come anno zero di una nuova era di tennis che ci si augura possa perdurare negli anni, guadagnando prestigio e importanza nel prossimo futuro.