- Continua a leggere sotto -
Insieme alla cucina, all’arte del navigare e della poesia, il ciclismo ha sempre rappresentato un’eccellenza in Italia, con i nostri colori ad avere costantemente un ruolo di primo piano nel panorama internazionale. Un movimento che spesso ha oltrepassato i limiti sportivi andando ad assumere un ruolo fondamentale nella tradizione popolare del Paese. Basti pensare alla mitica rivalità tra Fausto Coppi e Gino Bartali, simbolo della rinascita italiana nel secondo dopoguerra, oppure a Marco Pantani, che grazie alle sue gesta sul finire degli anni ’90, ha saputo coinvolgere migliaia di persone, appassionati delle due ruote e non. Da qualche stagione il ciclismo italiano ha intrapreso una parabola discendente, incapace di attuare un ricambio generazionale. Pesa soprattutto l’assenza da molti anni di una squadra battente bandiera tricolore nel circuito World Tour, l’ultima la Lampre Merida nel 2016, mentre i team presenti nel Continental fanno fatica a competere con altre compagini meglio attrezzate, in grado di esborsi economici ad oggi difficilmente possibili in Italia.

Una crisi che non può che partire dagli scarsi risultati ottenuti in questo 2022, stagione priva di acuti di un certo livello di ciclisti italiani. Nessun corridore azzurro si è classificato in top ten nelle cinque Classiche Monumento. Sembra già lontano ormai l’exploit di Sonny Colbrelli, capace di alzare le braccia al cielo nella Parigi-Roubaix del 2021, costretto ad abbandonare il mondo delle corse a causa dei noti problemi cardiaci, mentre Alberto Bettiol non è più stato in grado di ritrovare quella forma e quella gamba che gli hanno permesso di trionfare nel Giro delle Fiandre del 2019. Per quanto riguarda le corse a tappe, non sembrano esserci corridori in grado di raccogliere l’eredità di Vincenzo Nibali, che ha appeso la bicicletta al chiodo al termine di questa stagione, l’unico in grado di essere competitivo nei Grandi Giri negli ultimi anni. Lo Squalo dello Stretto è stato l’ultimo italiano a portare a casa la maglia rosa del Giro d’Italia, nel 2016, ed anche l’ultimo ad aggiudicarsi una frazione del Tour de France, nell’edizione del 2019.
- Continua a leggere sotto -
Ciclismo italiano, una crisi che parte dal settore giovanile
Eppure nel World Tour gli italiani non mancano. Molti sono gli azzurri presenti nel circuito, così come folta è la schiera di direttori sportivi, massaggiatori e meccanici che svolgono il proprio ruolo all’interno delle varie squadre estere. Nelle motivazioni che hanno portato a questa crisi nel movimento delle due ruote in Italia, notevole rilevanza assume l’aspetto economico. In un mondo drasticamente mutato post pandemia, i costi di partenza e di gestione, così come quelli per l’approvvigionamento dei materiali, sono notevolmente aumentati, e uniti ad una fiscalità più elevata in Italia rispetto ad altri paesi europei, fanno sì che nessuno sponsor di un certo appeal abbia voglia di investire risorse nella nostra penisola.
Leggi anche: Jonas Vingegaard, 2022 da incorniciare: vittoria al Tour de France per il wunderkind danese
- Continua a leggere sotto -
Ma l’aspetto più importante da tenere in considerazione per spiegare le difficoltà che sta attraversando il ciclismo italiano sono da ricercare nel settore giovanile, che progressivamente ha visto sparire numerose società. Alla base un vero e proprio problema di reclutamento, causato sia dalla pericolosità delle strade che dall’enorme investimento necessario, fattori che inducono sempre meno famiglie a spingere i propri figli verso la pratica di questo sport. Lapalissiano che la diminuzione di praticanti comporta meno probabilità di veder nascere un futuro campione che possa competere ad alti livelli. Un altro elemento fondamentale è la scarsa programmazione delle corse nella penisola, in particolare per quel che riguarda le categorie Under 23, Dilettanti e Juniores, ragion per cui sempre meno sponsor sembrano disposti ad investire in un settore con poca visibilità.

Ciclismo italiano, uno sguardo al futuro
Se da una parte il ciclismo italiano su strada ha visto nel 2022 il suo annus horribilis, l’altra faccia della medaglia è quello su pista, che ha vissuto una stagione da incorniciare, conclusa con la vittoria del medagliere, insieme ai Paesi Bassi, nei recenti Campionati Mondiali in Francia, arrivati a poco più di un anno di distanza dallo storico oro con annesso record iridato nell’inseguimento a squadre maschile delle Olimpiadi di Tokyo. Stella di quel quartetto Filippo Ganna, punta di diamante azzurra, uno degli uomini da cui ripartire nella stagione 2023, capace di primeggiare a livello assoluto nelle gare a cronometro. Non mancano giovani promesse, in cui il movimento italiano può rivestire speranze di rinascita. Da Lorenzo Fortunato e Alessandro Covi, protagonisti nelle ultime due edizioni della corsa rosa, ad Antonio Tiberi, campione del mondo a cronometro nel 2019 della categoria Junior, e Filippo Baroncini, vincitore del titolo iridato Under 23 nel 2021, passando per Filippo Zana, classe ’99, fresco vincitore del campionato italiano in linea.