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Come la maggior parte di chi non rispetta le regole avrà probabilmente pensato di poterla fare franca. Invece l’hanno preso in Germania, più di 48 ore dopo esser fuggito pur sapendo senza ombra di dubbio di aver investito e ucciso con il suo camion Davide Rebellin, visto che era sceso dal mezzo e si sarà accorto del ciclista in terra agonizzante. Cerchiamo di fare ordine sulla dinamica che ha portato alla morte di Rebellin che si è spento nei pressi dello svincolo autostradale di Montebello Vicentino all’età di 51 anni.

Tragedia Rebellin: la dinamica dell’incidente
Mercoledì scorso, 30 novembre, il ciclista era in sella alla sua bicicletta quando è stato urtato e travolto da un camion, nei pressi dello svincolo autostradale di Montebello Vicentino. Il camionista aveva proseguito la sua corsa, e inizialmente, al vaglio degli inquirenti, tra le prime cose, è finita sotto osservazione la questione se vi fosse la volontarietà di abbandonare il luogo dell’incidente: infatti dopo l’impatto l’uomo aveva fatto perdere le sue tracce. Secondo quanto appurato, il camionista denunciato in Germania era del tutto consapevole di aver investito Rebellin. Dopo l’investimento sulla rotatoria della regionale 11 era infatti sceso dalla cabina di guida del Tir, si era avvicinato alla vittima a terra, poi era risalito sul camion allontanandosi velocemente. Un fatto riferito ai Carabinieri da testimoni oculari, alcuni dei quali lo avevano anche fotografato.
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Da lì è seguita una collaborazione incessante fra le forze di polizia di mezza Europa in quanto bisognava individuare e tracciare il camion che aveva avuto lo scontro con Rebellin fra gli innumerevoli che transitano in una zona di frontiera. Come riportato da Skytg24 non ci è voluto molto per risalire all’identità del camionista pirata che, purtroppo, è un volto noto per la giustizia italiana: tedesco, di 62 anni, individuato e denunciato in Germania, era già stato condannato nel 2001, a Foggia, per essere fuggito senza prestare soccorso alle persone coinvolte in seguito ad un incidente stradale. Otto anni fa, invece, a Chieti, gli era stata ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza.
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Caso Rebellin: omicidio stradale in Italia, a piede libero in Germania
Giuseppe Moscati, comandante provinciale di Vicenza, ha commentato così l’iter che ha portato all’identificazione del pirata stradale: “Nelle immediatezze del fatto è stato attivato uno strutturato e capillare sistema di ricerche sia sul campo, attraverso il coordinamento di tutte le centrali operative e i Carabinieri sul territorio, in sinergia con le altre forze dell’ordine, sia, una volta acclarata l’origine del sospettato, all’estero, mediante i canali Interpol, di cooperazione internazionale. Da qui ne è derivata una minuziosa ricostruzione dei successivi spostamenti del cittadino tedesco, in viaggio verso il paese di origine. Non sappiamo se ciò basterà ad alleviare il dolore che sta attraversando la comunità locale e italiana tutta, ma rivolgo il ringraziamento a tutti coloro i quali, dalle Istituzioni alla gente comune, hanno sostenuto i carabinieri nelle ricerche, supportandoli alla veloce individuazione ed identificazione dell’indagato“.
Proprio qui scatta una di quelle assurde incomprensioni burocratiche che spesso attanagliano l’Europa burocratica: le forze dell’ordine raggiungono un risultato ma non si può procedere per via legale a causa di alterità legislative: è stato denunciato a piede libero, ma non posto in stato di fermo, perchè il codice tedesco non prevede il reato di omicidio stradale lasciando inconsolabile la madre Brigida Gattere che aveva detto in lacrime: “Spero che lo trovino e sperò che se verrà fuori che davvero è scappato dopo aver ucciso mio figlio, la giustizia possa fare il suo corso: non si può morire cosi” . In Italia è ritornata la polemica.
Morte Rebellin, Pozzato: “Fermiamo questa tragedia”

Prendere una posizione è facile quando succedono questi eventi tragici, riportiamo qui in conclusione le parole di Pippo Pozzato, cresciuto nel vicentino come Davide Rebellin, ed entrambi residenti a Montecarlo: «Prima del ritiro aveva partecipato alle corse “gravel” che io organizzo, credeva come me che il futuro del ciclismo fosse su strade sterrate per sfuggire a un traffico meno rabbioso di quello che c’è oggi qui in Veneto dove alcune ciclabili sono pericolose perché c’è un passo carrabile ogni 50 metri. È per lui, per Scarponi, per i cento ciclisti non famosi morti quest’anno che dobbiamo fermare questa tragedia».