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Seppur uno dei progetti più interessanti quanto rivoluzionari mai conosciuti come quello di Coin of Champions sia attivo solo da pochi mesi, più precisamente dallo scorso 5 luglio, è ormai sotto gli occhi di tutto il grandissimo successo riscontrato in un lasso di tempo così breve. I meriti sono principalmente di Cesare Florio, padre di questo nuovo token, vero e proprio mezzo di cambiamento di un mondo sempre più affascinante come quello della Blockchain. Come conferma basta ricordare come siano bastati pochi mesi al Coin Of Champions per entrare di diritto nei nominati al premio di Platinum sponsor dei Globe Soccer Awards 2021, una delle manifestazioni più importanti nel mondo del calcio, e non solo.
Una delle più grandi e nobili particolarità che caratterizzano COC è sicuramente quella di voler evitare qualsiasi tipo di speculazione, spiccano inoltre i fondamentali scopi benefici a favore di ONLUS e dei ragazzi che vivono in contesti difficili: motivo che ha sicuramente aiutato ad attirare l’adesione soprattutto di alcune delle più importanti personalità nella storia del calcio e/o dello sport più in generale.
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Chi sono e cosa fanno gli Ambassadors del COC?
Come già ampiamente anticipato nel precedente paragrafo, uno dei tantissimi fiori all’occhiello di questo moderno quanto importante e nobile progetto è sicuramente rappresentato dai suoi Ambassadors e dal ruolo che essi stessi si impegnano a svolgere costantemente al fine da riuscire a perseguire questi scopi. Alcune delle personalità più spiccanti del mondo calcistico come Marco “Matrix” Materazzi, Christian Vieri, Roberto Carlos, Diego Lugano, Ronaldinho, Alessandro Diamanti, Alessandro Nesta, Gianluca Zambrotta, Ogenyi Eddy Onazi, Boukary Dramè, Filippo Inzaghi, Sébastien Frey, Paco Costa, Amauri, Simon Randall, Gilberto Silva, Ricardo Rocha, Alessio Cerci, Igli Tare, Chris Colabello e Giancarlo Fisichella sono coloro che hanno scelto di schierarsi al fianco di Coin Of Champions.
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Solo con la loro presenza, infatti, tutti questi grandissimi nomi non hanno potuto far altro che incentivare la legittimità del progetto. Quali sarebbero i vantaggi o i motivi nello scegliere di lasciarsi coinvolgere, supportando pienamente un’iniziativa senza avere la certezza assoluta delle potenzialità come delle finalità di tale progetto. Nel nostro viaggio alla scoperta degli Ambassadors, del loro ruolo ma soprattutto della loro storia, oggi vogliamo porre tutta la nostra attenzione su quello che è stato il percorso di uno dei grandi campioni del panorama calcistico italiano: Alessio Cerci. Come per i tanti altri campioni ricordati nel precedente paragrafo, anche l’ex attaccante soprattutto del Torino, è stato da subito al centro dell’importante quanto nobile progetto; collaborazione poi annunciata con un post sul proprio profilo Instagram.
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Alessio Cerci, dai primi palleggi fino alla Nazionale
Quella di Alessio Cerci è sicuramente una delle storie più belle e interessanti che il mondo del calcio potesse mai permetterci di approfondire. Sul campo da calcio abbiamo infatti goduto delle giocate di un ragazzo, che altro non è se non l’evoluzione di un calciatore capace di entrare nel cuore dei tanti tifosi anche senza portarsi a casa i più prestigiosi trofei. Un mancino cristallino che ancora oggi è fisso nei nostri ricordi e che è stato capace di arricchire l’enorme qualità di un campionato già spettacolare quanto il nostro. Facciamo prima un salto temporale per capire e conoscere meglio la sua storia e come è arrivato a solcare i palcoscenici più importanti, su tutti quello della nostra Nazionale. Alessio Cerci nasce a Velletri, in provincia di Roma, il 23 luglio 1987 ma è tra i palazzi della città di Valmontone che abita con la sua famiglia.
E proprio lì, nel Lazio, che la sua grande passione per il calcio lo accompagna nella crescita al punto da convincere papà Giuseppe a dargli una possibilità e a procedere con l’iscrizione nel Settore giovanile della squadra cittadina, con cui si forma e fa la sua prima esperienza da calciatore. Lì resterà fino al compimento dei 15 anni, periodo della prima consacrazione della sua carriera, riconosciuta con il passaggio nel Settore giovanile della Roma fino a diventarne uno dei suoi talenti più luminosi anche grazie ad Alberto De Rossi: suo allenatore negli Allievi Nazionali, lo stesso che riuscirà ad esaltarne le qualità schierandolo a piede invertito sulla fascia destra in un tridente offensivo.
L’importante percorso nelle giovanili giallorosse di Alessio Cerci, ambassador di Coin of Champions a cui è possibile iscriversi cliccando qui, culminerà con la vittoria dello Scudetto Primavera, titolo che arriverà dopo il suo debutto nel massimo campionato italiano di calcio di Serie A. Il merito di tale evento, alla tenera età di soli 16 anni, va attribuito ad un’altra grandissima personalità del panorama calcistico internazionale: Fabio Capello che lo fece subentrare nel 2004 al 77′ minuto della trasferta di Genova con la Sampdoria, terminata col punteggio di 0-0. Seppur sia sempre più un’icona soprattutto per i tanti videogiocatori che puntano su di lui a ‘Football Manager’, il noto manageriale calcistico; qualche altra presenza anche con Spalletti non convince la dirigenza a farlo restare a Roma. Motivo alla base della sua cessione al Brescia, in Serie B, nell’estate 2006. Un periodo difficile che, però, un giovane Cerci supererà brillantemente anche riuscendo ad entrare nel cuore dei tanti tifosi dei colori che indosserà nella sua carriera: Pisa, Atalanta, Roma, Fiorentina, Torino, Atletico Madrid, Milan, Genoa, Verona, Ankaragücü e Salernitana.
Il tutto coronato da qualche brillante esperienza con quella che non può che essere stata la maglia più importante indossata nel corso della sua carriera, e cioè quella della Nazionale. Nella grande storia scritta con addosso la maglia azzurra, spicca sicuramente la curiosa partecipazione all’Europeo Under 21 in Svezia del 2009.
Competizione che la nostra Nazionale concluderà con un ottimo terzo posto ma dove il giovane Alessio Cerci, uno dei pochi ad aver giocato in tutte le squadre dall’Under 16 in su, non verrà mai chiamato in causa in tutta la competizione dall’allora commissario tecnico Pierluigi Casiraghi. Esperienza difficile per chi, solo un anno prima, era stato messo ai box da un grave infortunio al ginocchio che gli aveva anche fatto saltare la partecipazione alle Olimpiadi di Pechino.