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La famiglia di Coin Of Champions continua a crescere, è la volta dell’ex portiere francese Sebastien Frey, nuovo ambassador di COC. Il futuro del progetto token più ambizioso degli ultimi dodici anni è roseo, sono sempre di più gli sportivi che entrano in casa Coin Of Champions con l‘obiettivo comune di rinnovare e rivoluzionare lo sport. Come possono riuscirci? Il mondo della Blockchain è ormai in vertiginosa crescita, ma i gettoni virtuali per la compravendita dei beni non sono ancora approdati nel calcio italiano e nel mondo dello sport in genere. Il sogno di COC è quello di portare i token (gettoni virtuali) su di una piattaforma digitale che permetterà agli utenti di comprare o vendere online, all’interno del programma; presto sbarcherà anche offline.
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Cosa potranno commerciare gli utenti? Le offerte sono vaste, la cosiddetta moneta dei campioni permetterà di acquistare le carte NFT per entrare nel mondo del Fantasy Game e perdersi nel Metaverso di esperienze uniche e irripetibili. Coin Of Champions si propone di aiutare molte organizzazioni no-profit e di sostenere i ragazzi meno fortunati avvicinandoli allo sport. I giovani avranno l’opportunità di pubblicare un video della loro prestazione migliore in campo. Queste verranno sottoposte ai token holders. Il fortunato che riceverà la valutazione migliore guadagnerà l’incontro con un osservatore e si aprirà una finestra sul futuro.
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Focus sugli Ambassador di Coin Of Champions
Sebastien Frey è solo uno dei tanti testimoni dell’ambizioso e maturo progetto Coin Of Champions. Ex interisti, tra cui Materazzi, Bobo Vieri, Sneijder, Roberto Carlos, ma anche rossoneri come Nesta, Zambrotta, Ronaldinho; sono tra i nomi più blasonati. COC nato dalla mente di Cesare Florio nell’estate del 2021, è approdata in rete a settembre e sta già riscuotendo molto successo, come testimoniamo gli Ambassador e i numeri che stanno raggiungendo. Grazie a figure come Matteo Diamante e Ivan Lion, testimonial di Coin Of Champions e influencer di mestiere, la moneta dei campioni si sta facendo conoscere tra il grande pubblico dei social network. Occasione perfetta per alimentare i numeri dell’iniziativa. Anche il prestigio di COC sta crescendo e ne è testimone la recente partnership con i Globe Soccer Awards, la manifestazione che ogni anno premia a Dubai le star del calcio mondiale.
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Estate 1998: l’Inter accoglie Sebastien Frey
Nell’estate del 1998 Sebastien Frey, appena diciottenne, mette piede per la prima volta in Italia, o almeno su un campo di Serie A. L’Inter lo accoglie dopo la segnalazione di Walter Zenga, storico portiere milanese. Nello stesso anno giocatori del calibro di Roberto Baggio, un giovane Andrea Pirlo e Mikael Silvestre si uniscono alla causa nerazzurra. Un’annata che si prospetta proficua per la Beneamata che alla fine terminerà il Campionato solo in ottava posizione. Fu anche l’anno del rientro interista in Champions League, dopo dieci anni di assenza. Per la prima volta la rosa dell’Inter registrò un maggior numero di tesserati stranieri rispetto agli italiani.
Quando sbarca all’Inter, il francese Frey ha alle spalle soltanto le giovanili e un anno da professionista al Cannes. A inizio stagione è infatti terzo portiere, dopo la cessione di Mazzantini viene promosso, a gennaio 1999, a secondo portiere; condizione che lo porterà a esordire per la prima volta in Serie A a marzo contro la Sampdoria. In quell’occasione il primo portiere Pagliuca uscì al settantesimo sul punteggio di 4-0 per i blucerchiati. Fu l’occasione per il Mister Lucescu, in panchina da appena quattro mesi, di testare le abilità di Frey. L’Inter non subì altre reti: si potrebbe dire una vittoria per il reparto difensivo, ma non altrettanto per il club che non mise a segno nessun gol e perse sul risultato di 4-0. Il Tecnico romeno venne esonerato, arrivò l’ennesima ripartenza della stagione per la Beneamata che mai come in quest’anno trovò difficoltà nel coinvolgimento di un allenatore capace di riportarla ad alti livelli.
L’Inter su Sebastien Frey, l’Ambassador più stravagante di Coin Of Champions
Dai tifosi interisti viene soprannominato Wolverine, Sebastien Frey, è unico nel suo genere. Arriva all’Inter circondato da quell’aura di baby talento, non conosciuto dalle folle, un esordiente che viene notato per caso da un club blasonato. Per anni è rimasto al centro delle scene, ci si aspettava che esplodesse, in un decennio che ha dato i natali a carriere come quelle di Buffon ancora in crescita, di Cech, Neuer, Van Der Saar, Casillas. Freynomeno si è inceppato in una carriera controcorrente, ricca di presenze e numeri in club di prestigio, ma senza trofei. Il rapporto che Frey ha instaurato con i suoi compagni è lo stesso che ricercava con la tifoseria. Era un anticonformista, con un’aria stramba e originale, dava origine alle mode, come quella dei capelli biondi con le meches. Voleva essere al centro dell’attenzione ma senza darsi delle arie, voleva farsi notare ma senza risultare antipatico. Così i tifosi nerazzurri iniziarono ad amarlo. Chiuse il suo primo anno con sole sette presenze.
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All’Inter, dove passò due stagioni, ricordano Frey anche così: un giocatore che rappresentava il calcio del futuro, occupava un ruolo da portiere capace di coinvolgere i compagni nel gioco come un punto di riferimento, costruendo le azioni dal basso, ricercando ampiezza, velocità, precisione e imponendo alla squadra un gioco utile a eludere l’offensiva avversaria. Inizia così la carriera professionistica di Frey con quelli che sono i presupposti per un futuro brillante: personalità esuberante ed eccentrica, reattività sovrumana, capacità di leggere in anticipo le traiettorie, innata attitudine all’opporsi agli scontri uno contro uno a pochi metri dalla porta. Bellissimo da vedere e ancor più da tifare, questo pensano di lui a Milano. Un concentrato di talento del genere non può non diventare uno dei portieri più grandi della storia.
Le parole dell’Ambassador di Coin Of Champions sulla sua prima stagione in nerazzurro
Nonostante le aspettative piovute su Sebastien Frey e le sue 446 presenze in Serie A (è il quinto straniero per numero di presenze nel massimo Campionato italiano), il francese non esplose mai effettivamente. Riuscì a guadagnare una Coppa Italia con il Parma, dove arrivò dopo la cessione di Buffon alla Juventus. Con la sua Nazionale non raggiunse mai alcun traguardo, complice il poco spazio che gli concessero. Fortunatamente è stato ed è ancora oggi un esponente di spicco della scuola dei portieri italiani, quelli che tutto il mondo ci invidia.
Sebastien Frey, ha parlato in chiave nostalgica della sua esperienza con la maglia nerazzurra: “Sono arrivato all’Inter nel ’98 e mi sembrava un sogno, l’Italia era il top per un calciatore. Oggi i grandi club sono delle vere e proprie aziende. Berlusconi e Moratti erano tutti tifosi sfegatati. Patron, sì, ma delle loro squadre del cuore. Mica come ora! Quando arrivai in Italia, avevo alle spalle una sola stagione da professionista. Eppure, all’Inter riuscivano a farmi sentire alla pari di tutti gli altri. Ogni tanto faticavo a crederci anch’io“.
Frey continua spiegando: “La prima volta che ho messo piede a San Siro mi sono guardato intorno e ho visto 60 mila persone sugli spalti. Questo è il calcio vero, pensai. Andavo al campo e mi allenavo con i migliori giocatori del mondo, Pagliuca invece che tirarsela era lì che mi dava consigli“. Non si risparmia su Ronaldo (né su CR7): “Capitava che Ronnie mi facesse uno scherzo, che mi raccontasse qualcosa. E io ero lì che pensavo cavolo ma questo è Ronaldo! A mio figlio cerco di spiegare come il vero Ronaldo sia l’ex compagno di papà, non quello della Juve“.
Frey racconta: Ronaldo e il pensierino di Natale ai compagni interisti
In una recente intervista, Sebastien Frey, ambassador di Coin Of Champions, a cui è possibile iscriversi cliccando qui, racconta di quella volta in cui Ronaldo, suo amico e collega, fece un regalo di Natale a tutti i compagni dell’Inter. L’aneddoto sul Fenomeno raccontato dall’ex portiere francese testimonia il legame che il campione seppe costruire con tutta la famiglia nerazzurra, Frey compreso: “Era dicembre ’98, eravamo alla Pinetina. Ronaldo era l’uomo immagine della Nike, che aveva speso tantissimi soldi perché fosse il suo testimonial. Vediamo arrivare un camion gigantesco della Nike, non capivamo cosa potesse contenere. Cominciarono a scaricare un po’ di cose. Magliette, orologi, scarpe e cappellini firmati. Cinque, sei gadget per ogni giocatore, tutti in dono da Ronaldo; è il vostro regalo di Natale, ci disse lui“.