Comanda l’Inter: il Napoli (de)cade

Tra una prova solida e qualche polemica arbitrale, l'Inter batte il Napoli e si conferma capolista della Serie A: nerazzurri rodati e cinici, in casa azzurra i problemi non sono del tutto risolti

Luca Vano A cura di Luca Vano
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Al Maradona è andata in scena una partita che a maggio, probabilmente, potremmo tutti ricordare come un passaggio di consegne. Fermandosi al tabellino c’è poca storia da articolare: Inter batte Napoli 3-0 con le reti di alcuni dei suoi uomini simbolo in questo avvio di campionato. Dopo un primo tempo in cui equilibrio e stallo la fanno da padrone e in cui la traversa di Sommer trema sul sinistro di Politano, Calhanoglu stappa il match. Chiudono Barella e Thuram nella ripresa.

Inter cinica: Inzaghi ragiona da big

Oltre la fredda cronaca, il nuovo sorpasso dell’Inter sulla Juventus in vetta lascia una sensazione di spietatezza da parte delle maglie nerazzurre. Le stesse che a Torino avevano fatto fatica, sfogandosi al contrario in alcune praterie lasciate dal Napoli – soprattutto dopo lo svantaggio – che Lautaro e compagni hanno cannibalizzato. Per questo, il successo nerazzurro corrisponde anche al successo di Inzaghi su Mazzarri, costretto a concedere il fianco soprattutto a sinistra, dove gli infortuni hanno spinto Natan a snaturarsi.

L’attuale capolista della Serie A ha restituito una prova da big consumata, pregna di qualità e cinismo. In un calcio spinto verso la fase offensiva come quello del Napoli, non è facile barcollare e non cadere, ma soprattutto non lo è colpire al momento giusto per piegare le gambe all’avversario. Nella frase polemica di Inzaghi nel post-gara c’è un frammento di verità: quando è in serate così, l’Inter non ha rivali in Italia. Anche se, da chi ha lo Scudetto sul petto, è lecito aspettarsi di più.

Politano, Napoli-Inter
Politano, Napoli-Inter @livephotosport

Napoli, che succede?

Eppure la serata del Napoli era iniziata con il verso giusto, con sprazzi di tambureggiante pressione e il tiro di Politano deviato dalla traversa. Ma sarebbe alquanto ingeneroso ridurre tutto al fallo subito da Lobotka in occasione del primo gol: episodi del genere possono incidere, ma la tenuta mentale di una grande squadra si vede anche nel saper reagire. Capacità che gli uomini di Mazzarri non hanno messo in mostra in maniera convincente.

Inutile, di contro, recriminare su un contatto in cui Osimhen si predispone già alla caduta. Più costruttivo sarebbe ragionare sul perché una squadra composta in gran parte da calciatori scudettati l’anno scorso sia così fragile. Il Napoli che subisce, poi perde le distanze. Gli sguardi che si capivano al volo ora, forse, neanche si accennano e lo testimonia, su tutti, un Kvaratskhelia con il paraocchi spesso e volentieri, oltre che sfortunato sul miracolo di Sommer.

L’azzurro perde colore

Nelle fila dei Campioni d’Italia, in sostanza, sembra essersi persa la magia. La consapevolezza si è diluita troppo presto con la pancia piena della vittoria, ma il disagio ambientale parte dalle scelte fatte in estate. Garcia ha perso il treno e con lui la squadra, che ora Mazzarri proverà a rinvigorire in fiducia a Torino contro la Juventus. Ma il Napoli che perde in casa con l’Inter, ad oggi, decade ancor prima di cadere. Come un affresco che ha perso già vigore e ora rischia di sentire sgretolato definitivamente il tratto di colore spallettiano.

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