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Si è conclusa in data 20 novembre 2022 la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite (COP27), dove le delegazioni di 197 stati si sono incontrate in Egitto a Sharm el-Sheikh per trovare, quando è stato possibile, soluzioni comuni per la lotta al cambiamento climatico. L’accordo più rilevante che è stato stipulato è il cosiddetto Loss and damage fund, ovvero l’istituzione di un fondo comune per perdite e danni destinato ai paesi in via di sviluppo. Se questa è considerata una vittoria praticamente all’unanimità, non arriva nulla di concreto per quanto riguarda i limiti alle emissioni e al consumo di combustibili fossili. In tal senso erano da aspettarsi dei passi avanti rispetto alla COP26 del 2011 a Glasgow, ma la situazione sembra rimasta pressoché invariata e restano perciò validi i compromessi dell’edizione precedente.
Loss and damage fund
Il Pakistan, colpito in maniera durissima dal cambiamento climatico con le inondazioni degli ultimi mesi, in questa COP27 è stato a capo di una delegazione di 134 paesi in via di sviluppo per chiedere la costituzione di un fondo che risarcisca quelli economicamente più deboli in caso di eventi naturali estremi. È stato introdotto anche il concetto di giustizia climatica, facendo notare che certi stati subiscono conseguenze naturali molto gravi, considerato che hanno contribuito solo in minima parte. Dopo lunghi negoziati è stato quindi raggiunto un accordo per la creazione del Loss and damage fund, per il quale un comitato di 24 paesi si riunirà nel corso del prossimo anno per decidere chi avrà diritto a beneficiare del fondo di emergenza e chi invece dovrà contribuire a formarlo. L’Unione Europea si è esposta chiedendo che non vengano fatti pagamenti diretti e ci sia l’approvazione di sistemi d’aiuto, ad esempio di natura assicurativa. Nei prossimi mesi verrà fatta chiarezza sulla credibilità e l’attuabilità del concordato, che per adesso è stato accolto con entusiasmo e da molti definito storico.
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Combustibili fossi ed emissioni
L’istituzione del fondo di risarcimento sopracitato offre una soluzione per i danni che sono conseguenza del cambiamento climatico ma non risolve il problema alla radice, infatti il dibattito tra i paesi si è concentrato anche sulla riduzione dell’impiego dei combustibili fossili, così da limitare la produzione dei gas serra nell’atmosfera. Per quanto riguarda questa problematica le delegazioni non hanno trovato una soluzione definitiva, e il testo finale parla di una generica riduzione delle emissioni, restando così sulla falsariga delle conclusioni del COP26 di Glasgow. Non sono stati fatti passi indietro rispetto al meeting dell’anno scorso ma lo scontento per i pochi progressi, manifestato soprattutto da Europa e Stati Uniti, è stato notevole ed il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, si è detto insoddisfatto: “Non è un passo avanti sufficiente per le persone ed il pianeta”.
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A detta di molti sembra che la questione economica abbia avuto la precedenza rispetto all’urgenza climatica, infatti gli esperti rimarcano la necessità si non superare la soglia della temperatura media globale di 1,5°C per non andare incontro a conseguenze catastrofiche, ma dalla conferenza gli stati ne sono usciti senza alcun progetto tangibile e con le stesse vaghe raccomandazioni degli anni precedenti. Per rimanere sotto la tolleranza stabilita è necessario dimezzare la produzione di CO2 a livello mondiale nei prossimi dieci anni, un obbiettivo a cui difficilmente si potrà mirare, soprattutto perché leggendo il documento non si trova alcun dettaglio in merito a come mantenere questo ambizioso impegno. Tutte queste argomentazioni sono quindi rimandate all’anno prossimo in occasione della COP28 che, quasi per ironia della sorte, si svolgerà negli Emirati Arabi, che sono tra i maggiori esportatori di petrolio al mondo.

Il ruolo dell’Italia
L’Italia ha partecipato all’evento lasciando la rappresentanza ad Alessandro Modiano, che in passato ha ricoperto incarichi di rappresentanza all’estero tra cui anche in Egitto, dichiarando che avrebbe preferito uno strumento più ridotto rispetto al Loss and damage fund. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Picchetto Fratin, in un tweet si è detto soddisfatto degli accordi presi, non nascondendo però del rammarico per il mancato intervento su temi importanti: “L’approvazione finale del pacchetto COP27 rappresenta un passo positivo nelle politiche di contrasto al cambiamento climatico e l’Italia ha fornito un importante contributo, partecipando al massimo livello. Meno soddisfacenti sono stati i risultati sul fronte delle azioni di mitigazione, dove non si è riusciti ad aumentare l’ambizione dei risultati ottenuti l’anno scorso a Glasgow”.