Due mondi “troppo distanti” tra loro: il modello NBA che fa scuola alla Superlega

La spettacolarità e la competitività del modello Nba fanno da maestre alla Superlega. Scopriamo analogie e differenze di due mondi ancora distanti

Rachele Carosi
9 Minuti di lettura

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La domanda che da tempo attanaglia il mondo dello sport riguarda il tipo di modello in grado di coniugare la spettacolarità dello sport professionistico e un business che possa esprimere al meglio le sue potenzialità. La risposta che appare adattarsi perfettamente alla descrizione appena fatta sembrerebbe fornirla il modello dell’Nba americano. Esaminiamo quindi nel dettaglio in cosa il modello NBA vince sul modello Superlega e perché questi due mondi continuano ancora oggi ad essere così distanti.

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L’Nba presenta il Salary Cap

Golden State Warriors campione NBA
Golden State Warriors campione NBA

Per capire meglio il modello NBA è fondamentale introdurre la nozione di “Salary cap”, letteralmente “tetto salariale”, ovvero l’economia vincente che l’nba ha brevettato e che ad oggi risulta essere la scelta perfetta per far fronte a qualsiasi crisi finanziaria e non. Il Salary cap garantisce, infatti, competitività e controllo calcolato dei costi perché garantisce equilibrio di forze in campo. Un equilibrio che ha le caratteristiche di una severa democrazia in grado di appianare le differenze economiche tra le varie franchigie nba, ovvero tra le squadre fisse che competono in ogni stagione. Il Salary cap è quindi il limite massimo che ogni squadra di Nba può spendere durante il corso di una stagione per i contratti. Il limite massimo varia da stagione a stagione ed è calcolato sulla base dei profitti della lega nella stagione precedente. Quest’ultimo evita quindi che i giocatori più forti siano concentrati tutti in un unica squadra.

Il modello Superlega

Superlega
Superlega

Per Superlega è da intendersi il modello, pensato e proposto circa un anno fa, dal presidente Florentino Perez che comprende 12 top club europei: Liverpool, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Manchester United, Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid, Juventus, Inter e Milan. Le squadre appena elencate rappresentano i  “fondatori” della Superlega ai quali andrebbero ad aggiungersi in seguito altri club. 

 Il Salary cap americano non trova però riscontro nel modello Superlega, basti pensare a quello che si potrebbe definire il “caso PSG”, la squadra con la più alta concentrazione di stelle voluta e creata del presidente milionario Al-Khelaifi. Il sistema nba non ammette neanche plusvalenza come invece accade di frequente per i club di superlega, e in particolare di serie A italiana(primo esempio tra tutti la Juventus). 

Salary floor e luxury tax

Quando si parla di Salary cap americano è necessario parlare anche di Salary floor, ovvero la regola secondo la quale ogni squadra non può spendere in stipendi meno del 90% della soglia fissata per il Salary cap. 

La luxury tax sarebbe invece una vera e propria multa che una società è tenuta a pagare nel caso in cui si trovi a sforare il Salary cap per tre stagioni di fila. Generalmente, per ogni dollaro “sforato” se ne devono versare da 1,5 ai 5 dollari. La variazione è legata però anche alle fasce economiche: più cresce il divario, più alta è la tassa e al fatto che una franchigia sia più recidiva o meno. 

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Equilibrio (delle CBA) vs Instabilità (del calciomercato)

Sarebbe impossibile racchiudere in poche parole la competitività che contraddistingue il mercato dell’Nba. A regolare i trasferimenti ci pensano una lunga serie di regole indicate dalla sigla CBA, che sta per Collective Bargaining Agreement, ovvero il cosiddetto “Contratto Collettivo” che ha l’obiettivo di fissare le soglie di spesa, la percentuale incrementale di guadagno, nonché la ridistribuzione degli stipendi anche all’interno dello stesso roster e l’equilibrio tra il peso contrattuale dei giocatori che vengono scambiati. 

Concetto decisamente diverso rispetto al CBA Nba appare quello, propriamente italiano ed europeo, del calciomercato.Quello che si potrebbe definire come “il regno dell’immaginario calcistico per eccellenza” a metà tra illusione e realtà. Il calciomercato è per sua natura assolutamente imprevedibile e quindi, nel modello Superlega, appare quasi impossibile da governare o controllare. 

Una nazione di giocatori vs un Far West di club

A fare da padrone sulla scena del modello Nba è decisamente il giocatore. Anche in questo caso però, per evitare “eccessi” persino i giocatori più forti, si pensi a Steph Curry, hanno un limite oltre il quale i guadagni non possono andare. Questo limite corrisponde al 35% circa del Salary cap.

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Stephen Curry - Finals NBA
Stephen Curry – Finals NBA

Nel calcio, invece, e nella Superlega non ci sono limiti al contratto di ogni giocatore. Sono quindi i club a prendere il sopravvento e a dettare legge sul mercato: loro hanno il potere di fare di te una stella, e allo stesso modo farti finire in fretta nel dimenticatoio. Questa, come vedremo più avanti, è una delle principali cause che impediscono ad oggi la salvaguardia dei giovani talenti “made in Italy”.

A ognuno il suo, il “Draft” dei talenti

Quando si parla di Nba non si può non parlare del punto cardine attorno al quale ruotano tutta la spettacolarità e la competitività di questo sport unico. Parliamo ovviamente del “draft”, ovvero il metodo di redistribuzione del talento che prevedeva storicamente, mediante sorteggio, l’ingresso annuale di nuovi talenti in uscita dai college statunitensi o provenienti da diverse nazioni nelle squadre ultime classificate della stagione precedente. Nell’ultimo anno, invece, si stanno affermando nuovi progetti di sviluppo come il Team Ignite promosso dalla G-League, l’NBL Next Stars e, ultimo arrivato in ordine cronologico, l’Overtime Elite, finanziato da personaggi come Jeff Bezos, Drake, Carmelo Anthony, Trae Young e Kevin Durant, per citarne alcuni, assieme ad altri 20 giocatori Nba. Il progetto stellare è rivolto a 30 studenti negli ultimi due anni di eleggibilità, i quali possono decidere se diventare pro o andare al college. Il progetto Overtime Elite ha inoltre realizzato, nella periferia di Atlanta, una struttura decisamente all’avanguardia che è presto diventata centro propulsore di tutto il progetto. E sembrerebbero essere in molti i giovani che ad oggi cercano di monetizzare sin da subito il loro talento.

Discorso ben diverso appare quello da fare per la Superlega, in particolare se si fa riferimento al calcio italiano che in comune con il draft, avrebbe soltanto la calorosa aspettativa che i tifosi creano attorno al mercato estivo, il momento caldo per eccellenza riguardo le trattative di acquisti e cessioni dei giocatori. In Italia, purtroppo vi è poca salvaguardia del talento dal momento che i giovani uscenti dai vivai della primavera, ad esempio, i quali vengono selezionati per esordire in prima squadra, si rivelano spesso essere delle “stelle cadenti”:valutati in fase iniziale con cifre astronomiche rischiano purtroppo altrettanto rapidamente di finire nel dimenticatoio di serie minori.

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Unicità vs Pluralità

Strettamente connesso al discorso dei giocatori e di come coltivare e preservare i giovani talenti, l’Nba è l’unica e sola competizione ed ha un unico e solo trofeo in un’unica sola nazione. Non esistono serie minori, esiste solo una sfida alla quale le 30 franchigie, sempre le stesse, prendono parte. Questo è indubbiamente un principio di cui tener conto quando si azzardano paragoni. 

Il modello Superlega invece rappresenta un insieme di squadre di diverse federazioni che si raggruppano all’interno di diverse nazioni. La pluralità è quindi naturalmente insita in essa. Non vi è unicità nel modello Superlega e ad oggi sembrerebbe davvero impossibile da raggiungere.

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