Nella sua storia ultracentenaria, il calcio è riuscito ad attrarre ed emozionare tifosi e appassionati da ogni dove, come mai nessun altro sport. Dalla sua nascita in uno sobborgo di Londra, sino ai più recenti mondiali in Russia, centinaia di migliaia di supporters hanno seguito le principali manifestazioni sportive, legate al mondo del pallone. Questo all’estero come in Italia. Nel nostro Paese in modo particolare, il calcio (sport più seguito e praticato) rappresenta un vero e proprio stile di vita, una tradizione nazionale. Oggi, ai nostri microfoni, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Ennio Fiaschi; un uomo che ha vissuto da protagonista una delle pagina più belle (e spesso dimenticate) dello sport che tutti amiamo: il calcio negli anni 70’. Nato nell’ottobre del 45’, Fiaschi ha fatto il suo esordio nel “calcio che conta”, con la maglia del Lecce. Vigevano, Novara e soprattutto Verona, sono state poi le principali mete della sua carriera calcistica, conclusa all’età di trentasette anni nella Rhodense.
Lei ha vestito le maglie di numerose squadre, ce n’è una però, che le è rimasta particolarmente a cuore e se si perchè?
“Il Lecce, perchè ci ho giocato cinque anni ed è dove mi hanno lanciato. Lecce, ma anche il Verona: due città dove i tifosi sono belli caldi. Quando vado a Lecce ad esempio, sanno già che io sto arrivando e i capi dei tifosi arrivano sempre dove siamo per farci gli auguri e i complimenti. Quindi Lecce e Verona”.
Ennio Fiaschi: “Che emozione la doppietta alla Juventus”
Proprio per il Verona lei ha giocato dal 1976 al 1978, realizzando (nel 77’) una doppietta alla Juventus di Tardelli e Boninsegna. Qual è il suo ricordo dell’esperienza in gialloblù e di quella partita in particolare?
“Ne ho parlato con Gentile (Claudio, ndr) giusto mezz’ora fa. E’ stata una grande emozione segnare alla Juventus, specialmente contro il grande Dino Zoff, ma non solo. C’era Tardelli, Cabrini, Morini, Boninsegna, Bettega. Quindi una grande emozione”.
É così che si è conquistato il soprannome “Faina” ?
“Si, perchè in campo ero considerato scaltro come….una faina”
Una squadra nella quale lei avrebbe dovuto giocare era la Roma, cosa sa dirci del mancato trasferimento?
“Io ero stato venduto alla Roma quando giocavo al Lecce, per 200 milioni. Con Errera, l’allenatore della Roma, avevamo già firmato, ma presi l’epatite virale, così non mi allenai più. Invece che andare a fare la tournèe a Londra sono stato un mese a letto. Ho pianto tanto. E così è finito tutto. Potevo andare in serie a 22 anni e invece ci sono poi andato quasi a 30”.
Ennio Fiaschi: “Il calcio moderno è meno tecnico, mi rivedo in Candreva”
Rispetto al presente invece, quali sono, a suo modo di vedere, le principali differenze del il calcio di allora rispetto a quello di oggi?
“Adesso picchiano tanto (ride, ndr), fisicamente sono molto più forti. Però noi eravamo più tecnici. Le faccio un esempio: nella serie A dei miei tempi se sbagliavi due palloni di seguito, non ci giocavi più. Oggi vedo dei gol sbagliati pazzeschi: il corpo indietro di due metri, palloni che volano sopra la porta. Gli allenatori studiavano prima la coordinazione, poi il tiro in porta, il passaggio: non potevi sbagliare. Ora vedi delle cose incredibili, che a quei tempi non succedevano. Ho visto la finale di Conference League della Roma, con gol sbagliati davanti alla porta. Mi creda, ai miei tempi non sarebbe successo”.
-Quando indossava gli scarpini, aveva un calciatore al quale si ispirava particolarmente? E attualmente, si rivede in qualche giocatore del nostro campionato?
“Il mio riferimento è stato Rivera; se invece dovessi indicare qualcuno in cui mi rivedo, le direi Candreva”.