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Oltre la pista, oltre le corse, oltre i campionati: se c’è un pilota che trascende il suo ruolo all’interno della monoposto, quel pilota è Lewis Hamilton. Il pluricampione del mondo è un riferimento culturale per molti, rappresentazione di molte battaglie sociali vinte dopo una infanzia segnata da un latente razzismo. Parlando al podcast On Purpose di Jay Shetty, il pilota britannico ha condiviso memorie del suo passato che aiutano ad illuminare la personalità coraggiosa di un grande campione.
Sin dai primi anni di scuola, confessa Lewis Hamilton, sono stati molti e frequenti gli abusi raziali subiti dal pilota, che ha dichiarato come quello sia stato il periodo più difficile della sua vita. “Ero già vittima di bullismo all’età di sei anni. Penso che all’epoca, in quella particolare scuola, ero probabilmente uno dei tre bambini di colore. I bambini più grandi, più forti e prepotenti mi prendevano in giro per la maggior parte del tempo. Mi lanciavano cose addosso e usavano la N word, mi chiamavano meticcio: la cosa più difficile è stata non capire il tuo posto nel mondo”.
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Più avanti con l’età il pilota della Mercedes Lewis Hamilton ha capito sulla propria pelle che la situazione sono sarebbe cambiata: “A lezione di storia impari la tua diversità, non c’erano persone di colore nella storia che ci veniva insegnata, quindi pensavi: ‘Dove sono le persone che mi somigliano?’. Nella scuola secondaria c’erano solo sei o sette bambini neri su 1.200 bambini e tre di noi erano sempre fuori dall’ufficio del preside. Inoltre ho scoperto di essere dislessico solo a 16 anni: per fortuna ho trovato un insegnante premuroso che mi ha fato scoprire qualcosa in più su me stesso e su come sarei potuto migliorare attraverso la scuola”.
La vera svolta sono state le monoposto: già ai tempi dei kart Lewis Hamilton sentì che quando si trattava di correre le emozioni che provava erano speciali e straordinarie. “È stato solo quando ho iniziato a correre che sono stato in grado di incanalare questa emozione che provavo nella mia guida. Il mio eroe preferito era Superman: ricordo che quando indossavo il casco durante le corse sentivo che quello fosse il mio mantello e i superpoteri uscivano fuori mentre guidavo. Così sono stato in grado di fare cose che sembravano non mi sembravano possibili”.