Come Dante e Napoleone prima di lui, anche Francesco Flachi ha dovuto confrontarsi con un esilio lunghissimo, che l’ha tenuto lontano dal suo amato rettangolo verde per dodici anni. Da quel lontano 10 giugno del 2010, giorno nel quale il Tribunale Nazionale Antidoping rese effettiva la sua squalifica, è passata effettivamente una vita. Sono cambiate tantissime cose, eccetto una, la sua passione per il calcio. Non è cambiato neanche il suo amore nei confronti della Sampdoria, la squadra della sua vita, che non sta vivendo un grande momento sia dentro che fuori dal campo. Oggi Francesco Flachi è intervenuto ai nostri microfoni per parlare di tutto questo: del suo ritorno in campo, dei suoi successi con la maglia blucerchiata e, in particolare, del suo futuro. Il futuro più prossimo di Flachi si chiama Signa 1914, squadra che milita nel campionato di eccellenza toscano. Tuttavia, l’ex numero 10 sembra avere le idee ben chiare, per quelli che saranno i suoi obiettivi dopo il ritiro.

Bentornato!
Finalmente, dopo una squalifica lunga ben 12 anni, puoi ritornare in campo. Come ti senti?
“Molto bene. Ormai il passato è passato, sono felice di aver avuto questa opportunità, che sa quasi di scommessa. Sarà bello poter riassaporare le sensazioni che solo il campo e lo spogliatoio possono darti. Sicuramente non sarà un’impresa facile, anche perché l’età avanza, ma ho voglia di rimettermi in gioco e di vedere come va a finire. Mi sto allenando quattro volte alla settimana, per cercare di essere pronto quando verrò chiamato in causa”.
Dopo tutti questi anni, e una carriera importante come la tua, come sei riuscito a mantenere viva la voglia di ritornare in campo?
“Penso sia tutto merito del mio carattere. Giorno dopo giorno ho cercato di reinventarmi e di mettermi in gioco. Ho cercato di intraprendere nuove strade, come per esempio la radio e la televisione, che mi permettessero comunque di restare vicino al calcio. Il lavoro da allenatore che ho fatto con i giovani mi è stato d’aiuto, anche se la squalifica non mi permetteva di andare in campo e seguire la squadra a 360°”.
Adesso sei pronto a ripartire col Signa 1914, squadra che milita nel campionato di eccellenza toscano. Per te era importante ritornare a prescindere dalla categoria?
“In realtà è tutto partito dalla provocazione del presidente, con il quale sono molto amico da 30 anni. Il mio intento iniziale era quello di prendere il patentino a giugno, poiché vorrei iniziare il percorso da allenatore il prima possibile, e capire se sono bravo oppure no. Tuttavia, visto che in questi sei mesi sono libero, ho deciso di accettare la possibilità che mi era stata data, e cioè quella di rimettermi in gioco. Spero di riuscire a dare il mio contributo alla squadra, sia in campo che dentro lo spogliatoio e aiutare i ragazzi, in particolare quelli più giovani”.
Per il tuo futuro, c’è un tecnico in particolare tra quelli che hai avuto al quale hai deciso di ispirarti? Una volta preso il patentino rimarrai al Signa 1914 come allenatore?
“È normale che si cerchi di apprendere il più possibile da tutti, poi credo che ognuno di noi debba metterci tanto del suo perché il calcio è in continua evoluzione. Non bisogna mai buttare via nulla di quello che si è appreso. Non credo che sarò l’allenatore del Signa, soprattutto perché, dopo averci giocato, sarebbe una situazione troppo particolare. Mi piacerebbe ripartire dai grandi, ma non chiudo porte a nessuno, né alla promozione o all’eccellenza, né tantomeno ai settori giovanili. Il sogno sarebbe quello di tornare il più velocemente possibile al livello professionistico, vediamo quali saranno le opportunità”.

Sampdoria oggi
Sei stato una vera e propria bandiera della Sampdoria, come giudichi la situazione attuale? Ti convince la scelta di Giampaolo?
“Mi dispiace molto per Roberto D’Aversa, perché abbiamo giocato insieme ed è un amico. Purtroppo, quando le cose non vanno bene, a pagare è sempre l’allenatore. Mi dispiace perché avevo visto dei miglioramenti, dopo il derby la squadra sembrava aver acquisito più sicurezza e continuità. Non so cosa sia cambiato al ritorno dalle vacanze, fatto sta che hanno perso diverse partite facendosi rimontare da situazione di vantaggio. Questo ha spinto la Sampdoria a cambiare rotta, sperando che cambi qualcos’altro. Giampaolo conosce molto bene l’ambiente, per questo credo che sia una buona scelta. A Genova ha fatto sempre bene, avrà voglia di riscattarsi dopo le brutte esperienze con Milan e Torino, e ha la personalità per farlo. Come allenatore non si discute, ma tutto dipenderà da quanto la squadra assimilerà i suoi concetti di gioco. Se ci riescono, in breve tempo, la Sampdoria può riprendersi”.
Negli ultimi anni, e in particolare in questa stagione, le due genovesi hanno cambiato spesso allenatore. Secondo te si tratta di una semplice coincidenza, oppure in parte è dovuto alle pressioni di una piazza giustamente ambiziosa?
“Parlo per quel che riguarda la mia esperienza alla Sampdoria, perché conosco benissimo l’ambiente. Genova, in particolare sponda Samp, è una piazza molto tranquilla, poi è normale che a tutti piacerebbe avere qualcosa in più rispetto a una semplice salvezza. Purtroppo, sappiamo benissimo quale sia la situazione del calcio di oggi, se vuoi ambire a qualcosa di più importante devi spendere, ma non tutte le società possono permetterselo. Resto dell’idea che negli ultimi anni la Sampdoria ha fatto sempre bene, nonostante qualche partenza un po’ a rilento. Speriamo che anche quest’anno riesca a riprendersi e a confermare il solito trend positivo”.
Durante questa stagione abbiamo assistito a due situazioni che, seppur diverse tra loro, sono state abbastanza rilevanti per il nostro campionato. Come giudichi, a livello di immagine della Serie A, le vicende societarie di Sampdoria e Salernitana?
“Sono eventi spiacevoli per tutto il mondo del calcio, cose che nel 2022 non dovrebbero accadere. Bisognerà fare in modo che tali situazioni non si ripetano in futuro. Spesso questo tipo di problemi riflette l’andamento della squadra, oltre che influenzarlo in maniera negativa. È sempre meglio evitare questo genere di situazioni, sia per i tifosi ma anche per il bene del calcio”.

Record e successi della vita blucerchiata
Come ci si sente a essere il terzo miglior marcatore nella storia della Sampdoria, alle spalle di due mostri sacri come Roberto Mancini e Gianluca Vialli?
“Si tratta di una grande soddisfazione personale, all’inizio della mia carriera non avrei mai pensato di andare a insidiare due fenomeni come loro. È sicuramente un traguardo che mi gratifica e mi rende orgoglioso di quello che ho fatto”.
Con la maglia blucerchiata hai realizzato 110 gol, alcuni veramente bellissimi come nel caso di una rovesciata contro la Salernitana, nella stagione 2001-2002. Di tutti questi il centesimo contro l’Empoli è stato il più bello?
“Sicuramente è stato un altro traguardo che mi ha reso molto orgoglioso, a prescindere dal fatto che uno tenga il conto o no. Per un attaccante è sempre bello arrivare a cento gol con una sola maglia, ecco perché quando ne sono venuto a conoscenza sono stato molto felice”.
Nella stagione 2002-2003, siete stati promossi nella massima serie. L’anno dopo vi siete qualificati per la Coppa Uefa e tu hai realizzato il tuo record di gol, 14, in una singola stagione di Serie A. Tutti questi successi sono arrivati con Walter Novellino, è stato l’allenatore che ti ha esaltato maggiormente in tutta la tua carriera?
“Sicuramente si, mi ha reso più completo come giocatore, dandomi la continuità e la tranquillità nell’affrontare le partite. Mi ha permesso di mettermi a confronto con altri grandi giocatori. All’inizio ho fatto più fatica a entrare nei suoi meccanismi, come è normale che sia quando non conosci un allenatore e il suo metodo di lavoro. Tuttavia, quando abbiamo iniziato a comprenderci meglio le cose sono migliorate. Questo è il bello del calcio, talvolta da delle incomprensioni possono nascere dei rapporti forti, come quello tra me e il mister”.