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Peccato che Gabriel Garcìa Màrquez non abbia conosciuto Rino. Non sapendolo ha dipinto con i suoi versi il nostro rapporto profondo: “Un vero amico è chi ti prende per la mano e ti tocca con il cuore”. Tra me e Gattuso è accaduta più o meno la stessa cosa: ci siamo stimati dal primo secondo. Il tratto distintivo dell’ex campione del mondo (ma si è poi mai ex di un trionfo?) è la sincerità. Forse a volte brutale, ma diretta. Da uno così, mi dissi, non potrò mai essere tradito. Ci incrociammo per la prima volta nel 1998 (giocava nella Salernitana di Delio Rossi e poi di Oddo senior). Io rompevo le tasche all’amico Tardelli (all’epoca ct dell’Under 21) tutte le volte che lo incrociavo per lavoro (seguivo le nazionali per Rds News) dicendogli di seguirlo: era pronto per la sua rappresentativa. Ricordo che, quando lo incrociai a La Valletta (prima chance azzurra), lo abbracciai forte. Fu uno dei mille abbracci che la vita ci ha riservato per i suoi copiosi successi (molti ho avuto l’onore e la fortuna di raccontarli). Forse è vero “l’amicizia e l’amore non si chiedono come l’acqua, ma si offrono come il thè”. Nei rapporti profondi (privi di interesse tanto per capirci) si ha sempre il coraggio di essere se stessi. Con Ringhio è stato cosi. siamo diventati uomini, mariti e papà quasi insieme (io sono un po’ più vecchio del mister), ma non siamo mai cambiati.
Lo adoro perché non è uno che segue la scia, ma ragiona con la sua testa dura da buon calabrese. La vita gli ha dato poco, lui si è preso tutto sudando, lottando, facendosi il mazzo, in campo e fuori. Da ragazzino ha lasciato l’Italia per beccare i primi soldi in Scozia dopo aver mollato l’ovattata Perugia. Da allenatore ha svolto una discreta gavetta meritandosi poi le panche di Milan e Napoli, ha sempre preteso molto da se stesso ed ha centrato tutti i traguardi possibili. Ma come Churchill, ha intuito che si migliora solo cambiando. Il mediano tutto cuore e grinta ha lasciato il passo ad un tecnico innamorato della bellezza calcistica, tutto tattica e tiki taka. Guardiola nel suo pantheon, ma anche l’italico Maurizio Sarri. Nulla a che vedere con Allegri e lo stesso Ancelotti che pure ha avuto come mentori pallonari. Amici, non punti di riferimento tattici. Da Lippi ha sicuramente ereditato la gestione della rosa, a Napoli è riuscito a rimettere insieme un gruppo distrutto dal duo Ancelotti/De Laurentiis, dopo la tragica notte dell’ammutinamento.
Insigne lo adorava: deve a lui la ritrovata verve agonistica. Ha lasciato nella bacheca partenopea una Coppa Italia, battendo la Juve. Ha perso per un soffio la zona Champions con il suo amato Milan e i campani. In Lombardia fu tartassato da arbitraggi sfortunati, in Campania dagli infortuni. Lo scorso anno se ne contarono 14 nel girone di andata: recuperata la ciurma ottenne il secondo miglior rendimento del giro di boa dopo l’Inter scudettata. E’ andato via per lo scarso feeling con De Laurentiis: i due non si piacevano. Rino è istintivo, l’Aurelio è esplosivo: fate un po’ voi. Negli ultimi mesi ho letto e sentito cose assolutamente ingenerose nei suoi confronti.
Per me ha commesso un solo immenso errore: accettare la Fiorentina. Joe Barone lo bramava da tempo ma lui sperava in Lotito o Agnelli. Accettò più per paura che per convinzione e anche qui la jella ci ha messo del suo: se il divorzio tra Simone Inzaghi e la Lazio si fosse consumato qualche giorno prima, Ringhio avrebbe sottoscritto un biennale con i capitolini. Jorge Mendes (suo agente) era già d’accordo con i biancocelesti. Lo strappo con il suo corregionale Commisso non si è consumato per le richieste di mercato. Se Mendes ha dei buoni giocatori Rino li prende (mi sembra che anche Mourinho faccia lo stesso), ma li boccia se non sono funzionali al suo gioco.
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A Milano e Napoli fece fuori André Silva e Ghoulam, assistiti dal potente agente lusitano. Ancora più ridicola e penosa la farsa londinese. Accusare Ringhio di razzismo e omofobia è falso come una banconota di 12 euro. Anche lì la verità è un’altra. Si consumò una faida interna al Tottenham (che minava la posizione di Paratici) e periodisti compiacenti fecero uscire dichiarazioni estrapolate da concetti e contesti diversi. Dire che Barbara Berlusconi sa meno di Galliani in materia calcistica è buon senso, non maschilismo. Dare poi del razzista ad un meridionale è come abbinare l’Avis al conte Dracula. Rino Gattuso è un uomo perbene ed uno sportivo autentico, non meritava simili offese. Ora sarà un leone in gabbia pronto a sfamare la sua voglia di calcio. Presto arriverà la panchina giusta, che sia in Italia o all’estero conta poco. Saprà imprimere il suo marchio ed io continuerò a seguirlo ed apprezzarlo. Una grande amicizia ha due ingredienti principali: il primo è la scoperta di ciò che rende simili, il secondo è il rispetto di ciò che ci fa diversi.