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Giovanni Trapattoni, detto il Trap o Giuanìn, è considerato uno degli allenatori italiani più influenti e vincenti del panorama calcistico mondiale. La sua filosofia di gioco è basata sulla difesa, sul contenere gli attacchi avversari, per poi far male in contropiede con la qualità degli attaccanti a disposizione. La sua ideologia di calcio, lo ha portato ad essere uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio italiano ed europeo, segnando il Decennio d’oro sotto la guida della Juventus in cui domina Italia e in Europa. Nel corso degli anni, con l’evoluzione del fútbol, inizia ad essere aspramente criticato per il suo gioco troppo noioso e difensivista. Ripercorriamo insieme, la carriera di Giovanni Trapattoni, dal Trap calciatore fino al Giuanìn allenatore.
La carriera da giocatore: il Milan come unica fede

Giovanni Trapattoni nasce a Cusano Milanino (Milano) il 17 marzo 1939. Vanta una lunghissima carriera da giocatore con la maglia del Milan, dove esordisce il 29 giugno 1958 in un derby tra Milan e Como, terminato 4-1 per la formazione rossonera. Nel corso degli anni, diverrà assoluto protagonista dei più grandi trionfi, in Italia e in Europa, del club lombardo: nel 1963 vince da protagonista, la prima Coppa dei Campioni conquistata dai rossoneri (e in generale da una squadra italiana) nella finale vinta contro i portoghesi del Benfica. Inoltre, metterà in bacheca ben due campionati italiani, rispettivamente nelle stagioni 1961-1962 e 1967-1968, oltre ad una Coppa Italia nel 1966-1967. Salirà nuovamente sul tetto d’Europa, nella stagione 1968-1969 e sul tetto del Mondo, riuscendo a vincere una Coppa Intercontinentale nel 1969.
Di lui, si ricordano le sue grandi doti d’interdizione: infatti, spende tutta la sua carriera nel ruolo di mediano sia con la maglia del Milan che con quella dell’Italia. Esordisce con la casacca della Nazionale italiana, nel dicembre 1960, durante la sfida per contro l’Austria in quel di Napoli. La sua esperienza azzurra, si conclude esattamente 4 anni dopo, a Bologna, nella sfida vinta contro la Danimarca. Lascia la Nazionale dopo 17 presenze e una sola rete. Nell’estate del 1971, dice addio al Milan dopo 13 anni di militanza conditi da 351 presenze e 6 gol, che lo fanno un vero e proprio stakanovista della storia rossonera durante gli anni ’60. Si trasferisce 58 km più a nord, esattamente a Varese, dove vi rimarrà per una sola stagione: infatti, al termine dell’annata 1971-1972, annuncerà il suo ritiro dal calcio giocato a soli 33 anni. Durante la sua carriera da calciatore, in particolare durante la sua breve esperienza con l’Italia, si ricorda la sua famosa marcatura su Pelé, durante un match amichevole contro il Brasile nel maggio del ’63, tant’è che al minuto 26 del match, il fuoriclasse sudamericano chiese il cambio. In realtà, durante un’intervista negli anni 2000, l’ex mediano italiano svelò il reale motivo per cui riuscì a marcare con facilità l’ex asso del Brasile. “La verità di quel giorno è che lui era mezzo infortunato. Stanco. Io sono stato un buon calciatore, ma lasciamo stare Pelé. Quello era un marziano”.
Il Trap allenatore: dalle giovanili del Milan al del decennio d’oro alla guida della Juventus

Giovanni Trapattoni inizia la sua carriera da allenatore nel 1972, quando il Milan gli propone il doppio ruolo di collaboratore tecnico nella prima squadra, e contemporaneamente, di supervisionare le giovanili rossonere. Il Trap godeva di ottima stima e fiducia da parte dei massimi dirigenti del club meneghino, tanto da affidargli la panchina della Prima Squadra nella stagione 1975-1976. La stagione vedrà il tecnico milanese condurre il club rossonero fino al terzo posto. Risultato che non gli basterà per ottenere la conferma da parte della società di via Aldo Rossi. Durante l’estate del 1976, con grande sorpresa da parte di tutti gli addetti ai lavori, viene ingaggiato come nuovo tecnico della Juventus, fortemente voluto dal patron dell’epoca Giampiero Boniperti, che ne fu stregato per determinazione e idee di gioco. La scelta fece distorcere il naso a molti, data l’inesperienza del tecnico lombardo su una panchina di Serie A.
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Eppure, la scelta dell’allora numero uno bianconero si rivelò un successo. L’avvento di Giovanni Trapattoni sulla panchina della Juventus diede vita a quello che è stato ribattezzato come il Decennio d’oro (1976-1986) della storia del club piemontese. L’avventura del tecnico lombardo sulla panchina della Juventus si può riassumere semplicemente elencando la lunga lista di trofei vinti: 6 Scudetti, 2 Coppe Italia, 2 Coppe UEFA, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa UEFA, 1 Coppa dei Campioni e 1 Coppa Intercontinentale. A livello individuale, vince ben due Seminatori d’oro (Panchina d’oro, ndr). Durante il suo decennio nella Torino bianconera, il Trap ebbe il merito di far esordire e rendere al meglio giocatori che hanno scritto la storia della Juventus: tra questi, c’è sicuramente Michel Platini, vero mattatore e trascinatore dei successi a livello europeo della compagine bianconera. Insieme a lui, l’ex tecnico del Milan, lancia Zbigniew Boniek, Dino Zoff, Liam Brady, Marco Tardelli, Roberto Bettega, Gaetano Scirea e Antonello Cuccureddu. Elementi che trascineranno la Juventus ad uno dei periodi più floridi della propria storia.
L’avventura all’Inter: la Beneamata sul tetto d’Italia e d’Europa e il ritorno alla Juve

Nell’estate del 1986, viene ingaggiato dall’allora presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrino, che gli affida le chiavi della panchina nerazzurra per rilanciare le ambizioni del club meneghino. Il suo primo biennio alla guida della Beneamata, risulta tutto sommato deludente. Nonostante un parco giocatori di assoluto livello, i risultati e il gioco latitano e i tifosi iniziano ad essere stanchi dei risultati deludenti da parte dei propri beniamini. In virtù della complicata situazione, il presidente Pellegrino decise di confermare la propria fiducia a Giovanni Trapattoni, e anzi, intervenne pesantemente sul calciomercato, regalando al tecnico lombardo calciatori come Lothar Matthäus e Andreas Brehme che andranno ad aggiungersi ad un parco giocatori già di assoluto livello come Walter Zenga, Giuseppe Bergomi, Riccardo Ferri, Alessandro Altobelli e Andrea Mandorlini.
L’intervento massiccio sul calciomercato darà presto i propri frutti: nella stagione 1988-1989, vince il suo primo e unico Scudetto alla guida dell’Inter, diventando così l’allenatore che ha vinto il maggior numero di campionati italiani (7). Durante quella stagione, il club meneghino diede una vera e propria dimostrazione di forza a tutta l’Italia, concludendo con il miglior attacco del torneo (67 reti) e la miglior difesa (19 gol subiti in 34 partite), oltre ad incoronare il proprio attaccante Aldo Serena come capocannoniere del torneo a quota 22 gol. La stagione successiva, vede il Trap e l’Inter non riuscire a ripetersi e anzi, vivono una stagione al di sotto delle aspettative, dove riescono a consolarsi con la sola vittoria della Supercoppa Italiana. Nella stagione 1990-1991, il tecnico meneghino riporterà nella Milano nerazzurra, un trofeo europeo dopo 26 anni e la prima Coppa UEFA nella storia delle Beneamata, nella doppia finale tutta italiana contro la Roma. Conclude così il suo quinquennio sulla panchina dell’Inter, prima di far ritorno a Torino.
Nell’estate del 1991, la Juventus decide di richiamarlo, memore degli ottimi risultati raggiunti durante il decennio trascorso in bianconero. Il ritorno di Giovanni Trapattoni riuscì a risollevare in qualche modo le sorti dei piemontesi, fino a condurli alla vittoria della Coppa UEFA, trascinato da un sontuoso Roberto Baggio, nella stagione 1992-1993. Nel suo secondo ciclo sotto la guida delle zebre, avrà il merito di lanciare un certo Alessandro Del Piero che segnerà un’epoca con la casacca della Vecchia Signora. Conclude la sua seconda e ultima esperienza juventina nel 1994, quando non viene riconfermato perché viene accusato di avere un gioco troppo antico e noioso per gli standard del calcio negli anni ’90.
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La prima esperienza all’estero e il celebre sfogo in conferenza alla guida del Bayern Monaco
Nella stagione 1994-1995, viene ingaggiato dai tedeschi del Bayern Monaco. La stagione in Baviera si rivelerà un totale fallimento: conclude la sua annata con zero titoli, complici i pesanti screzi con la stampa, ma soprattutto con i giocatori da lui allenati come Lothar Matthäus, già allenato da Giuanìn durante i suoi cinque anni sotto la guida dell’Inter. La stagione successiva, viene chiamato da Massimo Cellino per allenare il Cagliari. Il Trap accetta volentieri la chiamata del club sardo e al suo arrivo porta una ventata di entusiasmo su tutta l’isola. Anche qui, però, l’esperienza del Trap si rivelerà un totale fallimento: verrà esonerato nel febbraio del 1996, a seguito del pesante KO sul campo della Juventus.
Durante l’estate del 1996, fa il suo ritorno alla guida del Bayern Monaco dove ha tantissima voglia di rivalsa dopo la complicata annata del ’94-’95. Il ritorno in Baviera si rivelerà un successo: riesce a portare a conquistare il suo primo Meisterschale. Nella stagione successiva, riuscirà a conquistare anche una Coppa di Lega tedesca e una Coppa di Germania, non riuscendo a ripetersi in Bundesliga, a causa dell’incredibile Kaiserslautern che da formazione neopromossa riuscì a vincere il massimo campionato tedesco contro ogni pronostico. Nel marzo del 1998, fu memore a livello mediatico, la sua conferenza stampa dove in un tutt’altro che perfetto tedesco si scagliò contro i suoi giocatori Basler, Mehmet Scholl e Thomas Strunz, accusandoli di scarsa professionalità. Qualche mese dopo, dirà definitivamente addio alla Germania e al Bayern Monaco.
L’approdo alla Fiorentina, tra contestazione e sogni Scudetto

Nell’estate del 1998, Giovanni Trapattoni torna in Italia per sedersi sulla panchina dell’ambiziosa Fiorentina. Tuttavia, al suo arrivo a Firenze non viene accolto nel migliore dei modi dalla tifoseria Viola, visto il suo lungo trascorso sulla panchina degli acerrimi rivali della Juventus. Il Trap fece ricredere subito tutto l’ambiente viola, con quattro vittorie nelle prime quattro giornate di Serie A. L’inizio campionato, mise in grande spolvero il trio composta da Batistuta, Edmundo e Rui Costa, che durante il girone d’andata, seminò il panico attraverso tutte le difesa delle squadra italiane. La formazione gigliata fu assoluta protagonista del girone d’andata, culminato con il titolo di Campione d’Inverno. La prima parte di stagione, diede grande entusiasmo a tutto l’ambiente fiorentino, che non assisteva ad una lotta Scudetto che vedeva coinvolta la propria squadra da moltissimi anni.
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Purtroppo, le gioie e le speranze dei tifosi fiorentini, si spensero quando iniziò il girone di ritorno: l’infortunio della propria punta di diamante, Gabriel Batistuta e la “nostalgia” di casa da parte di Edmundo che tornò in Brasile per festeggiare il Carnevale di Rio de Janeiro, compromise il rendimento della formazione viola che si vide tagliata fuori dalla corsa Scudetto. La formazione toscana concluse il proprio campionato al terzo posto, con 55 gol realizzati, di cui 39 messi a referto dal trio Batistuta–Edmundo–Rui Costa. La formazione allenata dal Trap si spinse fino alla finale della Coppa Italia, persa in favore del Parma a causa della regola dei gol in trasferta che vide la formazione emiliana avvantaggiata dopo il 2-2 ottenuto al Franchi. In Europa, più esattamente in Coppa UEFA, il cammino dei toscani fu compromesso dalla partita di ritorno contro gli svizzeri del Grasshoppers, persa 0-3 a tavolino sul campo neutro dell’Arechi di Salerno, a causa delle bombe carta che ferirono il quarto uomo, con responsabilità a carico della società fiorentina visto il match disputato formalmente in casa.
La stagione 1999-2000, la seconda e ultimo in riva all’Arno, vide la Fiorentina di Giovanni Trapattoni in calo rispetto alla stagione precedente. Conclusasi con un brutto settimo posto in Serie A, nonostante le 23 reti realizzate da Gabriel Omar Batistuta, si spinse fino ai quarti di finale della Coppa Italia prima di cedere il passo al Venezia e fu protagonista di una buona Champions League dove riuscì ad arrivare fino alla seconda fase a gruppi. A fine stagione, a causa di disguidi con società e tifosi, lascia Firenze e la Fiorentina che si rivelerà essere l’ultimo club italiano allenato dal Trap.
Il fallimento sulla panchina dell’Italia fino al suo ritiro

Il 6 luglio del 2000 fu chiamato dalla FIGC, che gli affidò l’incarico di commissario tecnico della Nazionale A italiana. Fece il suo esordio nel settembre 2000, in quel di Budapest, nel pari per 2-2 contro l’Ungheria nella sfida valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2002, a cui l’Italia riesce a prendere parte dopo un girone di qualificazione chiuso da imbattuta. La spedizione in Giappone e Corea del Sud, si rivelerà un completo flop: dopo un girone superato con tanta fatica, gli azzurri riuscirono a qualificarsi agli ottavi di finale della Coppa del Mondo, prima di essere eliminati dalla Corea del Sud dopo i tempi supplementari, complice l’arbitraggio più che discutibile, del fischietto ecuadoriano Byron Moreno. Dopo il flop Mondiale, Giuanìn riuscì a centrare la qualificazione alla fase finale di EURO2004. Ma anche qui, la rassegna iridata si rivelerà un completo fallimento: l’Italia saluta il Portogallo alla fase a gironi, dove riuscì a raccogliere una vittoria e due pareggi, complice anche il famoso biscotto tra Danimarca e Svezia. Lascia la Nazionale nel medesimo anno, in favore di Marcello Lippi.
Dal 2004 al 2008, il Trap girovaga per l’Europa: si siede sulle panchine di Benfica, Stoccarda e Salisburgo. Con la formazione lusitana riesce a vincere un campionato portoghese. Nella stagione successiva, ritorna in Germania alla guida dello Stoccarda, dove verrà esonerato a metà stagione. Conclude la sua carriera alla guida di squadre di club, con il biennio sulla panchina degli austriaci del Salisburgo, dove riesce a condurre la squadra fino alla vittoria del campionato.
Nel 2008 viene nominato commissario tecnico dell’Irlanda. L’avventura alla guida della selezione di Dublino si rivelerà essere l’ultima della sua gloriosa carriera da allenatore. Sfiora la qualificazione al Mondiale sudafricano, arrendendosi al play-off contro la Francia, a causa di un gol irregolare messo a segno da William Gallas, che raccolse l’assist (con la mano) di Thierry Henry. Riuscì a qualificare la formazione irlandese alla fase finale di EURO2012, 24 anni dopo l’ultima partecipazione. Concluse la rassegna in Polonia e Ucraina, chiudendo il proprio girone all’ultimo posto, per mano di tre formazione ben più quotate come Croazia, Italia e Spagna. Le ultime due, si spingeranno fino all’atto finale della manifestazione. L’11 settembre 2013, diede le dimissioni come commissario tecnico dell’Irlanda, annunciando così il suo ritiro.