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Il Campione, film del 2019, è l’opera prima di Leonardo D’Agostini. Vanta la presenza di un attore del calibro di Stefano Accorsi e la straordinaria interpretazione di Andrea Carpenzano. La pellicola narra le vicende di un giovanissimo giocatore di calcio della Roma, Christian Ferro, che viene messo alla prova giocando la partita più dura della vita, quella contro sé stesso.
Non a caso dal titolo del film non emerge alcun rimando al calcio e allo sport in genere: un titolo secco, diretto, freddo, Il Campione; sta agli spettatori decidere se Christian, il giovane ventenne del Trullo, incarni il campione ideale sul campo o nella vita. Anche la locandina del film non simboleggia una storia di sport. I due primi piani di Stefano Accorsi alias Valerio e Christian creano la contrapposizione perfetta di quella che sarà la morale dell’opera, la complicità tra i due protagonisti, il bisogno incondizionato dell’esserci l’uno per l’altro, l’influenza ascendente e opposta, ma stra-positiva, che porterà i due sulla strada della vittoria.
I protagonisti: il Campione e il Professore
Protagonista indiscussa della pellicola è la condizione di solitudine vissuta da Christian e Valerio, anch’essa descritta dalla contrapposizione dei due diversi modi di sentirsi soli. Il primo, il centravanti giallorosso, è circondato da amici non-amici, sciacalli che di giorno e notte gli ronzano intorno alla disperata ricerca di visibilità, soldi e bella vita. Anche la sua stessa fidanzata Sylvie, sin da subito dimostra di non voler condividere nient’altro con il ragazzo, se non la fama sui social.
Christian cresce, come avremo modo di scoprire, senza appoggio morale e familiare, data la prematura scomparsa della mamma. Il padre è troppo preso dagli innumerevoli impegni a cui la notorietà lo ha messo davanti. Si dimentica di avere un figlio ancora giovane da supportare e amare. Così tutti con Christian si comportano allo stesso modo: sfruttandolo come macchina da soldi e come unico strumento per arrivare dove nessun altro può. Ma lui è un ragazzo, venerato da tutti e amico di nessuno. Nessuno riesce a stargli lontano, ma neanche una persona gli è vicina. Più volte durante la storia incontrerà dei fan, li vedremo interagire con lui in maniera sinteticamente materialistica: una foto, un grido di gioia e una storia Instagram, non una considerazione di lui come persona.
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Christian incarna il sogno di ogni giovane millenial, ma è bisognoso di affetto, ormai incostante nello studio, schivo, violento e covante risentimento. Questa condizione sta per rovinargli la carriera sportiva, quando ecco che irrompe nella sua vita Valerio.
La figura del professore
Valerio Fioretti, interpretato da Stefano Accorsi, è un ex professore di storia e latino che ha lasciato il posto di lavoro dopo un grave lutto. La sua solitudine è autentica e autoinflitta. L’ormai demotivato istitutore sente di non meritare il suo posto in società e nel mondo, si chiude, smette di frequentare altre persone e perde fiducia nella professione. Fortunatamente si presenta al colloquio presso le sedi dell’A.S. Roma dove, il Presidente Tito ascolta alcuni aspiranti insegnanti privati che lavoreranno con Christian.
Il ragazzo infatti viene ripreso in un momento di sbando totale. A scuola va male a pochi mesi dalla maturità, non ha interessi, non si dedica a nulla con costanza e impegno se non al calcio, sta perdendo il controllo e la via. Quello che Tito cerca, che troverà in Valerio, è un istitutore in grado di far studiare l’attaccante che rifiuta categoricamente l’idea di buttarsi sui libri. Un po’ perché la gente lo considera stupido, incapace, buono solo al gioco, allo spettacolo, uno da soggiogare nella vita di tutti i giorni. Ma Christian ha bisogno soprattutto di una guida, che a partire dalla scuola, gli faccia stravolgere il suo modo di vedere il mondo e di intendere i rapporti umani, per il suo bene. La lampadina si accende sul professore quando lo sentiamo pronunciare quella frase: “Il ragazzo come si chiama?”. Lasciando tutti interdetti si guadagna il posto di lavoro in men che non si dica, chi meglio di un uomo che non segue la Roma e non sa chi sia Christian Ferro? Dimostrando di potersi approcciare col ragazzo da pari a pari.
Il valore dello sport nella vita
Sui poetici sfondi di Trigoria e Olimpico si consuma una storia a tratti strappalacrime e divertente, mediatrice dei valori dello sport, che spesso nel calcio vanno perduti per strada. Questo non è un film sul calcio, ma che si serve del calcio come mezzo per raccontare la realtà. “L’importanza che si dà all’idea di successo, il modo in cui ci si racconta come persone di successo, condiziona il nostro vivere quotidiano. Per questo il film va a toccare un tema fortissimo del nostro presente” racconta Stefano Accorsi.
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C’è tutto: percezione della realtà nell’era dei social network, racconto di un’amicizia, i soldi che non sono tutto, lo strano ma necessario percorso alla rincorsa della propria identità. Ingredienti che si mescolano in un potpourri di intuizioni dal genio di D’Agostini che, prima di mettersi al lavoro, ha seguito storie reali. Quelle di Antonio Cassano, Mario Balotelli e Zlatan Ibrahimović che sono un po’ figure accostabili al protagonista Christian Ferro, il quale nella pellicola è diventato l’emblema accentuato del calciatore forte in campo, ma non nella vita, del ragazzo che ha bisogno di più rigore. E non parliamo di rigore dal dischetto.
Il Campione ci insegna
Christian, dopo un primo periodo di esitazione e riluttanza decide di affidarsi al professore, anche perché senza successi nello studio non giocherà. Allora osserviamo nella pellicola un percorso di formazione che viaggia a braccetto con la crescita di un giovane con problemi personali, una sorta di terapia riabilitativa per la mente. La strada intrapresa da Valerio è un itinerario di tappe che porteranno Christian, con il giusto metodo (che sarà premura del professore trovare), a imparare a vivere, lo studio e la scuola sono soltanto il mezzo. La formazione quindi è una sorta di arma di vita, come lo è per tutti, perciò è così importante studiare, è un arricchimento personale, è un modo di attraversare gli anni acquisendo esperienza nella vita quotidiana e nel modo di comportarsi. È a tutti gli effetti la chiave.
In questo senso incontrare le persone giuste, con le quali costruire qualcosa in più che un semplice rapporto alunno-insegnante, come vediamo succedere tra Christian e Valerio; è fondamentale. Il Campione vuole suggerire quanto sia importante avere fiducia nei giovani. Oggi i ragazzi sono sottovalutati perché figli di un’epoca nella quale gli agi sono a portata di mano e non serve faticare per raggiungere un traguardo. Nessuno si afferma ma tutti riescono, bene o male, ad avere una vita dignitosa. Diventa essenziale non lasciarli soli, credere in loro e non lasciarli andare se vittime di situazioni difficili, magari a livello familiare. Forse sono più fragili, proprio perché figli di un’era nella quale non hanno imparato a cavarsela da soli. Ragione in più per Valerio di percepire subito i limiti e le difficoltà di Christian per poi affrontarle insieme, traendo curiosamente beneficio reciproco dalla splendida amicizia che si instaurerà.