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Il Divin Codino, è un film documentario che tratta la storia di Roberto Baggio, uno dei calciatori italiani più forti di tutti i tempi. Il biopic è approdato il 26 maggio 2021 su Netflix e parla del calciatore italiano più amato a livello nazionale, per molti noto sulla scena mondiale per quel rigore sbagliato durante i mondiali negli Stati Uniti del 1994 contro il Brasile.
Il Divin Codino: l’uomo dietro al personaggio
Se ci si approccia al film con gli occhi di chi ha visto “Il mio nome è Francesco Totti”, si rimarrà profondamente delusi. Il messaggio che vogliono far trapelare la regista, Letizia Lamartire e gli sceneggiatori, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo sembra essere ben chiaro fin dall’inizio: non è questo il posto in cui si vuole onorare la carriera di Roberto Baggio come calciatore, ma solo le difficoltà umane vissute dal Divin Codino durante la sua carriera. La sfida non è stata sicuramente delle più semplici, perché quando in un paese come l’Italia vai a toccare determinati tasti, il rischio di deludere le aspettative è sempre pronto ad incombere. La Nazionale è sicuramente uno dei baluardi che lega ogni cittadino italiano, anche se sei uno dei cosiddetti “tifosi occasionali”. Ma quando vedi l’uscita di un film su Roberto Baggio, le aspettative sono ben altre.
Il Divin Codino: la trama
Il film ripercorre in maniera molto veloce la vita di Roberto Baggio, uno di otto fratelli di una normalissima, ma numerosa, famiglia di Caldogno. Fin dall’inizio, viene rimarcata la promessa fatta al padre all’età di soli 3 anni: ossia quella di vincere i Mondiali di Calcio contro il Brasile. Si parte parlando del talento calcistico da giovane, del passaggio alla Fiorentina all’età di soli 17 anni e il primo infortunio che gli rischia di compromettere un’intera carriera, proprio alla vigilia del suo approdo in Toscana. La sua rinascita grazie al buddismo, che lo aiuta a rimanere concentrato anche nei momenti più bui. Passando poi dal sogno svanito della vittoria dei mondiali che vede infrangersi nel luglio del 1994, con quel maledetto calcio di rigore calciato troppo in alto, proprio contro la nazionale brasiliana.
Poi il grande rimorso, nuovi infortuni e altrettanti momenti duri per affrontare una vita che sembrava in tutti i modi non volergli dare soddisfazioni. La mancata convocazione da parte di Giovanni Trapattoni per il Mondiale in Giappone, il difficile rapporto con il padre, che di conseguenza si ripercuote con quasi tutti gli allenatori e infine l’arrivo del suo grande salvatore, Carletto Mazzone: l’unica persona che ha capito le sue necessità e lo ha trattato come un vero e proprio figlio.
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Il Divin Codino, l’idea degli sceneggiatori
Probabilmente, l’idea degli sceneggiatori era quella di raccontare la storia di un uomo che ha un sogno fin da bambino, ossia vincere i Mondiali in finale contro il Brasile, e che a differenza di molti altri, si ritrova davvero a vivere quella possibilità. Ed è proprio da quel fallimento che ritrova il desiderio di rincorrere quel sogno ancora una volta con i Mondiali in Giappone, a cui si frappongono un’altra serie di ostacoli, tra cui il secondo infortunio. La forte fede buddista, rappresenta un pò il suo super potere. L’idea principale era quella di vedere l’uomo oltre il calciatore, ribaltando quell’immagine idolatrata di quello che “ha vinto tutto”, ma piuttosto il Baggio uomo “che non ha vinto tutto”, pieno di fragilità, con sentimenti contrastanti e che ha dovuto convivere con il grande rimorso dell’aver sfiorato un sogno.
Ma perché Il Divin Codino non ha convinto molti italiani?
Il Divin Codino non ha fatto molto scalpore nel cuore degli italiani, probabilmente perché non è facile accettare il dipinto oscurato e a tratti depresso di uno dei calciatori più amati da tutte le tifoserie. Il racconto è spesso decontestualizzato: Firenze per lui è stata un punto fondamentale, forse tra i più importanti della sua carriera e se ne accenna appena la presenza. Poi la rivolta dei tifosi viola quando lascia la Fiorentina per andare alla Juventus, definita una delle più grandi della storia del calcio in Italia. Poi il pallone d’oro vinto durante gli anni in bianconero, il duro rapporto con Marcello Lippi e molti altri allenatori. L’importante parentesi nel Milan di Berlusconi e il Bologna che gli fa riconquistare una maglia azzurra. Quell’Inter dei grandi campioni, che Baggio seppe rialzare solo come lui sapeva fare e infine, finalmente, la fantastica parentesi di Brescia, che probabilmente più di tutti seppe incoronare la carriera del grande campione. Tutto ciò viene meno, ed è un peccato, perché è proprio il grande cuore del calciatore, oltre all’indiscutibile talento, che lo hanno reso uno dei giocatori più amati di tutto il mondo calcistico.
Il Divin Codino: cosa lo ha reso un film deludente
Il Divin Codino, tutte le persone se l’aspettavano come una grande dedica al campione italiano. La vita di Baggio è molto difficile da raccontare in soli 90′, dedicati esclusivamente alla delusione raccolta durante i tanti problemi della carriera. Novanta minuti di totale indifferenza, che provano a raccontare il pensiero filosofico del buddismo, fatto anche in modo abbastanza superficiale. Tutto si sofferma a quel maledetto rigore sbagliato nella finale contro il Brasile del 1994, con l’Italia che si è dovuta inginocchiare e un Roberto Baggio che dovrà convivere con questo dramma per tutta la sua carriera, fino all’arrivo al Brescia, dove si ritrova e vivrà successivamente un nuovo dramma d’addio con Carletto Mazzone.
Netflix, questa volta hai solo tradito le attese
Il Roberto Baggio raccontato dalla piattaforma Netflix, questa volta ha solo tradito le attese. Difficile parlare del Divin Codino, senza fare riferimento ai goal, le azioni rimaste nella storia e il tocco di classe che lo rendevano unico rispetto a tutti gli altri calciatori. Il lavoro della regista Letizia Lamartire non rende minimamente merito al più grande calciatore italiano di tutti i tempi. Buono il lavoro di Andrea Arcangeli, protagonista del film rappresentando Roberto Baggio, perfetto soprattutto nell’aspetto. In poche parole Il Divin Codino delude e basta. Per concludere poi vorremmo sapere quale è stata la sua reazione al momento dell’uscita del biopic, per capire se ne è rimasto deluso anche lui o meno.
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Il Divin Codino: sbagliato parlare di Baggio in questo modo
Molte persone, alla visione del film, si saranno chieste: “Ma Baggio era veramente così?”, la risposta è no. L’ex calciatore è sempre stato una persona timida e introversa, non un tizio cupo, triste e depresso come viene raccontato nel biopic. Un calciatore di tale importanza che viene raccontato in questo modo, è solamente un insulto alla sua persona. Di cose importanti durante la carriera ne ha fatte a bizzeffe e minimizzarle così provoca anche reazioni discutibili, soprattutto a quelle persone che magari non hanno avuto la fortuna di crescere con il suo mito. Verrebbe da pensare che avendo incentrato il film sotto questi aspetti, svuotano il mito di Roberto Baggio, rendendolo però uno sconosciuto agli occhi di chi, per esempio, ha letto anche il suo libro.