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Una tradizione ben consolidata oramai, avviata nel 2018 che ha il compito di custodire la memoria dei migliori giocatori che hanno indossato la maglia dell’Inter: si presenta così la Hall of Fame, che ogni anno e, stagione dopo stagione, si pone l’obiettivo di premiare gli eroi in campo del club nerazzurro. Diversi sono i requisiti fondamentali per accedere all’albo delle leggende dell’Inter: aver collezionato almeno sessanta presenze ufficiali, aver vinto almeno un trofeo in nerazzurro ed aver terminato l’attività agonistica da almeno tre anni.
Anche quest’anno sono pronti quattro nuovi nomi e quattro nuove leggende che riscriveranno un nuovo capitolo della storia dell’Inter, una storia fatta di campioni, di episodi di eroi e di personaggi leggendari appartenenti a questo club. La Hall of Fame del 2022 è pronta, per la sua quinta edizione, ad accogliere e a far brillare quattro nuovi giocatori che hanno scritto le pagine indimenticabili del racconto nerazzurro. Termineranno il 30 novembre le votazioni per questa edizione e quattro saranno, ovviamente, i protagonisti scelti per accedere all’olimpo nerazzurro: un portiere, un difensore, un centrocampista ed un attaccante.
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I possibili candidati per questa quinta edizione del 2022 della Hall of Fame saranno 143: è possibile scegliere tra 9 portieri, 47 difensori, 56 centrocampisti ed infine 31 attaccanti. I tifosi nerazzurri hanno avuto la possibilità di votare sul sito ufficiale, Inter.it e il voto è stato espresso ogni tre giorni. Non è mancata certamente la possibilità di partecipare al voto per i calciatori delle squadre nerazzurre, per i dipendenti del club, per i rappresentanti dei media nazionali ed internazionale e soprattutto per gli Hall of Famer delle edizioni passate.
Inter e la Hall of Fame del 2018, da Zenga a Ronaldo: gli eroi della prima edizione
Ogni edizione della Hall of Fame incorona quattro leggende e anche quest’anno i tifosi hanno la possibilità di scegliere i prossimi quattro ingressi. Sono sedici al momento gli Hall of Famer nerazzurri, sedici eroi che hanno rappresentato al meglio la propria squadra del cuore, quella dell’Inter. Ripercorriamo un po’ la storia di questi punti fermi della Beneamata, tirando fuori dal cassetto i nomi simbolici dei giocatori entrati nell’albo d’oro nerazzurro e lo facciamo partendo proprio dalla prima edizione del 2018.
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La Hall of Fame del 2018: Walter Zenga, un solo nome tra i pali
“Sempre con l’Inter nel cuore”, è questa la filosofia di vita adottata da uno dei pilastri della squadra di quegli anni: è Walter Zenga l’incubo degli attaccanti. Fin da piccolo è presente nel settore giovanile nerazzurro ma è nella stagione del 1982/1983 che l’italiano fa il suo esordio in Serie A, più precisamente nel match contro la Sampdoria, vinto alla fine di misura. Il Deltaplano: è così che viene soprannominato Zenga per la sua abilità tra i pali e per l’eleganza negli interventi che lo hanno reso uno dei migliori portieri nel panorama calcistico italiano ed europeo. A Zenga piace stare in porta ad aspettare l’avversario e molto spesso si è reso autore di grandi interventi di rilievo.
Walter Zenga ha indossato i colori della maglia nerazzurra fino alla stagione 1993/1994, anno importante per la seconda Coppa UEFA dell’Inter, la prima vinta contro la Roma, segnata dalla vittoria all’andata e al ritorno contro il Salisburgo. È stato l’ultimo trofeo di Zenga questo a conclusione della sua parentesi nerazzurra, per attendere poi la successiva trattativa di calciomercato lontano dalla sua casa a Milano. Walter Zenga ha stretto rapporti importanti all’interno della squadra ed ha potuto condividere i primi successi col suo compagno tedesco, Lothar Matthäus. Ben dodici le stagioni con la maglia dell’Inter che racchiudono, quindi, la carriera nerazzurra di Walter Zenga, quella maglia che l’italiano ha tifato e sognato sin da bambino ed ha avuto la fortuna di indossare, anche per tanto tempo.

La Hall of Fame del 2018: Javier Zanetti, dall’esordio complicato al successo nerazzurro
È in giovane età che l’argentino Javier Zanetti entra a far parte dell’Inter, fortemente voluto da Massimo Moratti, il neo-patron del club nerazzurro. Un esordio abbastanza complicato però quello di Zanetti che soffre, almeno per i primi tempi, sui campi italiani. La stagione successiva è segnata dalla rabbia fomentata dal classe ’73 nello scontro tra Iuliano e Ronaldo durante il derby d’Italia, anche se poco tempo dopo è riuscito ad indossare quella fascia da capitano tanto desiderata. Le sofferenze non terminano qui per il protagonista nerazzurro ed arriva una pessima stagione, quella del 2001/2002, anno in cui l’argentino si fa sfuggire la conquista dello scudetto. Come dimenticare quell’ultimo turno di Serie A conclusosi con l’amaro in bocca per i nerazzurri che non sono riusciti ad avere la meglio sulla Lazio, accantonando, purtroppo, quel sogno in campionato.
L’Inter è tornata a sognare ed ha conquistato la maggior parte dei trofei disponibili in Italia, specialmente tra il 2005 e il 2011, ma assieme alla squadra è anche Javier Zanetti che torna a respirare un’atmosfera positiva. L’argentino è stato l’avversario più duro in assoluto e sicuramente un campione completo: in possesso di un buon controllo palla e velocità che lo hanno reso agile nello slancio in campo, tutte qualità racchiuse in un solo soprannome, quello de El Tractor.
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Arriva il successo che Javier Zanetti ha atteso per molto ed il 2010 è l’anno dell’avvio per la sua carriera: l’Inter vince la Champions League e l’anno successivo anche la Coppa Italia. Diversi i record personali dell’argentino, ma anche il suo periodo di gloria ha una fine. Dopo un infortunio, il classe ’73 torna per disputare qualche partita, purtroppo però è costretto a salutare per sempre quei campi da calcio, abbandonando quella maglia nerazzurra vestita per quasi un ventennio.

La Hall of Fame del 2018: Lothar Matthäus, dalla Germania alla gloria in Italia
Strappato al Bayern Monaco per approdare a Milano nell’estate del 1988, Lothar Matthäus si è distinto sin da subito per le sue doti tecniche: un giocatore dinamico, versatile e soprattutto grintoso, un centrocampista completo e abile sia nella fase difensiva che offensiva. Sono queste le caratteristiche del tedesco che spiccano in campo. In quegli anni con l’allenatore Giovanni Trapattoni, l’Inter è la capolista del campionato e resta in vetta fino alla fine della stagione. Uno scudetto sofferto e combattuto, che probabilmente non sarebbe stato ottenuto se non per le prestazioni di qualità del tedesco Matthäus, che ha saputo regalare alla sua squadra nerazzurra il tredicesimo scudetto.
Nella stagione successiva l’Inter ha trionfato in Europa e c’è stato un doppio successo per il protagonista tedesco Lothar Matthäus, che si è aggiudicato anche il Ballon d’Or per la prima volta. Tanti sono stati gli interventi del classe ’61 e mai sono mancante le occasioni per rendersi il protagonista dei vari match, che gli hanno permesso di tingere quel trofeo di nerazzurro. Ma la gloria, purtroppo, non è eterna e la stagione 1991/1992 ha segnato l’annata del suo addio alla società della Beneamata.

La Hall of Fame del 2018: il fenomeno Ronaldo, dall’approdo all’addio nerazzurro
L’Inter ha portato nella sua rosa un altro giocatore di qualità, nell’estate del 1997, questa volta un talentuoso brasiliano: si tratta di Ronaldo Luís Nazário che fa il suo esordio con la maglia nerazzurra durante il match contro il Brescia. Le prime capacità tecniche vengono messe in mostra nel turno di campionato contro il Bologna ed è proprio a fine stagione che il brasiliano ha vinto la classifica marcatori per le ben 25 reti. Ronaldo ha potuto godere del trofeo della Coppa UEFA, oltre all’aver conquistato il Ballon d’Or.
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Ma questa è solo la rappresentazione della quiete prima della tempesta, perché una serie di infortuni costringono l’attaccante brasiliano Ronaldo a restare fuori dal campo per buona parte del campionato, assistendo allo sfortunato evento nerazzurro, la perdita dello scudetto. Lacrime di rammarico dalla panchina per il fenomeno brasiliano: è terminata così quella partita contro la Lazio ed assieme a questa, giunge al capolinea anche il percorso nerazzurro di Ronaldo, pronto già per approdare in Spagna, al Real Madrid. È stato un addio sofferto per uno dei migliori attaccanti al mondo e soprattutto, uno dei più rapidi in campo.
Inter e la Hall of Fame del 2019, da Toldo a Meazza: il tris italiano della seconda edizione
Dopo i primi quattro vincitori, nel 2019 è toccato ad altri quattro protagonisti dell’Inter, rispettivamente un altro portiere, un altro difensore, un altro centrocampista e un ulteriore attaccante. I campioni di questa seconda edizione della Hall of Fame sono stati Francesco Toldo, Giacinto Facchetti, Giuseppe Meazza e dopo il tris italiano si è fatto valere anche il serbo Dejan Stanković. Sono questi gli altri quattro protagonisti che hanno potuto impreziosire il firmamento nerazzurro.

La Hall of Fame del 2019: Francesco Toldo, tra intuito e rapidità in porta
L’Inter ha accolto un campione proveniente dalla Fiorentina, l’italiano Francesco Toldo, acquistato per 55 miliardi di lire, cifra che lo ha reso il portiere più costoso nella storia del club meneghino. Il padovano si è reso subito protagonista nell’iconico match del derby contro la Juventus ed ha contribuito al raggiungimento nerazzurro delle semifinali di Champions League: Toldo ha saputo dare spettacolo nella sfida contro il Valencia e si è guadagnato un posto speciale nella dirigenza della Beneamata, ma soprattutto nel cuore dei tifosi nerazzurri.
Una stagione all’Inter piena di soddisfazione quella di Francesco Toldo, il quale, dopo la conquista della seconda posizione in Serie A della sua squadra, si è anche ritagliato un posto per la candidatura al Ballon d’Or, grazie alla sua precisione e plasticità nelle parate. Nel 2004, sotto la guida del commissario tecnico Roberto Mancini, il protagonista padovano è diventato un elemento centrale del progetto nerazzurro. Inizia però, paradossalmente, un percorso in salita per il classe ’71: è vittima di una sorta di retrocessione tra le gerarchie a causa dell’acquisto del brasiliano Júlio César. Dopo una bacheca arricchita di trofei, tra scudetti, Coppa Italia e Champions League, Toldo ha salutato la squadra nerazzurra nel 2010, ritirandosi dall’attività agonistica.

La Hall of Fame del 2019: Giacinto Facchetti, il simbolo di lealtà sportiva
Il destino di Giacinto Facchetti si intreccia con la maglia nerazzurra nel lontano anno del 1960. È stato l’allenatore Helenio Herrera a portare il milanese nella rosa dell’Inter in quella stagione, trasformandolo in un fenomeno nel ruolo di terzino. Facchetti ha messo in mostra le sue doti innate fin dalle giovanili dell’Inter, riuscendo sempre a confermarle anche in Serie A: la prima dimostrazione del suo talento in campo risale alla partita casalinga contro la Roma. Ma questo è solo il preludio di un fantastico ciclo no-stop di vittorie con la maglia della Beneamata.
Tante sono state le gioie per il classe ’42 che ha avuto anche l’occasione di sollevare al cielo due Coppe Intercontinentali. Un dossier da record per il terzino della Nazionale Italiana, per il fenomeno storico Giacinto Facchetti, che pochi mesi prima della finale di Coppa dei Campioni contro il Portogallo, ha conquistato un altro scudetto. Tutto ciò che inizia prima o poi ha una fine, così come la sua carriera in nerazzurro: l’ultima conquista di Facchetti è stata la Coppa Italia contro il Napoli nel 1978, per poi ritirarsi da quei campi da calcio, restando tuttavia in casa Inter per un futuro ruolo da dirigente. Una vita dedicata ai colori nerazzurri la sua: Facchetti è stato molto più di un semplice calciatore, è stato un esempio di lealtà sportiva e soprattutto un punto di riferimento dentro e fuori dal campo.

La Hall of Fame del 2019: Giuseppe Meazza, mito ed emblema dello spirito agonistico
A completare il tris italiano della seconda edizione della Hall of Fame c’è un nome su tutti, quello di Giuseppe Meazza che si lega all’Inter in giovane età, per volontà dell’allenatore Árpád Weisz che ha portato in prima squadra le qualità del giovane protagonista. Sono tante le caratteristiche che hanno colpito i dirigenti del club meneghino di quell’epoca: rapido nei movimenti e nelle giocate acrobatiche ed un eccellente tiratore. Decisamente polivalente in campo, Meazza ha saputo ricoprire il ruolo sia di centrocampista che di attaccante. L’anno 1929 è quello che richiama il successo del milanese: una stagione da protagonista con il suo primo campionato in assoluto, terminata nel migliore dei modi: campione d’Italia e vittoria della classifica capo-cannonieri con il suo record di 31 reti. Si è anche aggiudicato, nella stagione del 1935/1369, il titolo di miglior marcatore del campionato.
Seppur con un talento smisurato e un contributo di rilievo alla sua squadra, il club di Giuseppe Meazza ha dovuto attendere la stagione 1937/1938 per la gioia effettiva. Dopo il trionfo del quarto scudetto conquistato, la carriera all’Inter del milanese ha subìto un crollo, segnato da un infortunio rimediato al piede sinistro. Troppo il malcontento del classe 1910 a seguito di due stagioni deludenti che lo hanno, inevitabilmente, condotto lontano da Milano, da quella maglia nerazzurra, presenziando per l’ultima volta nel campionato del 1946 prima dell’addio definitivo. Un breve epilogo in nerazzurro non rende di certo fede all’immensa carriera di Giuseppe Meazza, il quale ha scritto la storia del calcio, grazie alle sue tecniche di qualità, alzando quasi sempre i ritmi di gioco nei vari match disputati.

La Hall of Fame del 2019: Dejan Stanković, un Drago a Milano
L’Inter ha accolto il serbo Dejan Stanković nell’anno 2004 ed è proprio durante il periodo nerazzurro che gli è stato affibbiato l’appellativo del Drago. Il talentuoso giocatore ha subito voluto dimostrare di cosa fosse capace e il suo primo goal è stato pura arte: una rete direttamente dal calcio d’angolo nel derby vinto poi però dal Milan. Dotato di innumerevoli abilità che hanno fatto innamorare la tifoseria di Milano: una precisione paurosa sotto porta, un centrocampista capace di giocare come esterno e trequartista con doti balistiche fuori dal comune.
Una delle migliori stagioni del serbo classe ’78 è sicuramente quella tra il 2009 e il 2011. Ancora iconiche le sue reti, specialmente quella al Marassi contro il Genoa: una traiettoria lenta ma molto precisa indirizzata con il piede destro. Episodio molto simile si è poi verificato nel 2011, nella gara di Champions League nei quarti di finale contro lo Schalke 04. Dejan Stanković è stato molto abile nel concludere reti da lontano, ma nonostante tutto, il suo addio all’Inter è arrivato poi qualche anno dopo, nell’estate del 2013.
Inter e la Hall of Fame del 2020, da Júlio César a Milito: i campioni della terza edizione
Ancora altri quattro campioni, altri quattro nomi che hanno portato in alto i colori della maglia dell’Inter: la terza edizione della Hall of Fame del 2020 ha attraversato il Brasile e l’Argentina fino all’Italia. Stiamo parlando degli emblematici giocatori come Júlio César, Giuseppe Bergomi, Esteban Cambiasso e l’iconico Diego Milito.

La Hall of Fame del 2020: Júlio César, dal Brasile con furore
Formatosi tra le giovanili del Flamengo, Júlio César Soares Espíndola, noto semplicemente come Júlio César, ha debuttato nella prima squadra del club brasiliano nel 2000. Già dall’esperienza in casa si è messo in mostra con parate straordinarie e talvolta anche decisive per il successo dei suoi compagni. Il suo talento viene sfoggiato anche durante la Copa América nell’anno 2004, trofeo vinto da super protagonista.
È nel 2005 che è cominciato il percorso di Júlio César con la maglia dell’Inter. Ignaro di tutto quello che sarebbe accaduto da quel momento in poi, il brasiliano ha fatto il suo grande esordio in Serie A per disputare la partita contro il Treviso, vinta poi di misura. Offrendo buone prestazioni e dimostrandosi efficace nel parare i rigori, il classe ‘79 si è reso molto spesso decisivo e fondamentale in diverse occasioni: in particolare nelle sfide di Champions League contro il Barcellona e il Bayern Monaco. Dopo aver collezionato all’incirca 300 presenze in nerazzurro, l’acchiappasogni Júlio César decide di salutare l’Inter al termine della stagione 2011/2012, cedendo la custodia della porta allo sloveno Samir Handanovič, trasferendosi poi ai Queens Park Rangers in Premier League.

La Hall of Fame del 2020: Giuseppe Bergomi, una vita intera in nerazzurro
Cresciuto nelle giovanili dell’Inter, Giuseppe Bergomi, grazie al suo talento, ha catturato l’attenzione del tecnico nerazzurro Eugenio Bersellini: è proprio grazie a lui che l’italiano ha esordito in prima squadra all’età di 16 anni nella gara di Coppa Italia contro la Juventus, nessuno prima di lui nella storia nerazzurra. Diventato un punto fermo della difesa interista, il classe ’63 si è sempre distinto per il suo grande spirito agonistico, in virtù del quale ha dato il meglio di sé soprattutto nelle partite più sofferte.
Una vita in nerazzurro quella di Giuseppe Bergomi, segnata da tante soddisfazioni e prestazioni da urlo. Tra una Coppa Italia, una Serie A, una Supercoppa Italiana e ben tre Coppe UEFA, il talentuoso difensore ha collezionato 757 presenze. Con una notevole duttilità in campo, Bergomi ha sempre dimostrato di possedere grinta e coraggio, distinguendosi per sportività e grande professionalità che hanno alla fine plasmato il suo talento indiscusso. Un legame così forte quello tra Bergomi e la sua Inter, tanto da non riuscire ad allontanarsi da quella maglia nerazzurra indossata fin da ragazzino ed è nel 2008 che è diventato l’allenatore degli esordienti dell’Inter.

La Hall of Fame del 2020: Esteban Cambiasso, dal Real Madrid all’Inter
Un’altra stella del calcio, questa volta proveniente dall’Argentina, ha avuto la sua occasione nerazzurra: Esteban Cambiasso, il motore e la mente dell’Inter in un percorso durato dieci anni. El Cuchu, così soprannominato, è cresciuto tra le file della formazione dell’Argentinos Juniors per poi attirare l’attenzione della dirigenza spagnola, quella del Real Madrid.
Il trasferimento all’Inter di Esteban Cambiasso è arrivato nel 2004, un evento che ha svoltato di gran lunga la sua carriera. Proprio qui, con l’esperienza a Milano, l’argentino si è affermato come uno dei migliori centrocampisti a livello europeo, diventando un elemento essenziale e centrale nel progetto nerazzurro. Con un’abilità di passaggi impeccabile dalla sua parte, el Cuchu ha preso tutto ciò che ha potuto: ha collezionato ben 15 trofei segnando 51 reti con la maglia della Beneamata.

La Hall of Fame del 2020: Diego Milito, il calcio che diventa poesia
A fianco al muro difensivo di Júlio César e alla fluidità in campo di Esteban Cambiasso, un altro fenomeno è stato in grado di trascinare l’Inter verso la gloria: come dimenticare un mito del calcio, Diego Milito, che già alla sua prima stagione a Milano ha fatto sognare la dirigenza nerazzurra, segnando 30 goal in 28 partite disputate. Si è reso il miglior protagonista in numerose partite regalando molto spesso la vittoria alla sua squadra: ricordiamo la finale di Coppa Italia e la conquista dello scudetto, ma soprattutto la finale di Champions League contro il Bayern Monaco, match nel quale Milito è stato decisivo con una doppietta clamorosa.
Ed è proprio in quella magica notte di Madrid che Diego Milito ha regalato emozioni a dismisura alla sua tifoseria nerazzurra. Talento, qualità, imprevedibilità, tecnica impeccabile e fiuto del goal: tutte queste le caratteristiche racchiuse in un solo nome, quello di Diego Milito, diventato una leggenda del calcio. Dal 2009 al 2014 il numero 22 ha segnato 75 goal in 171 presenze, riscrivendo in questo modo la storia dell’Inter e trasformando il calcio in pura poesia ed emozione.
Inter e la Hall of Fame del 2021, da Materazzi ad Eto’o: le stelle della quarta edizione
Altre quattro stelle sono entrate nel firmamento nerazzurro, riscrivendo, ancora una volta, la storia di questa “pazza Inter”: Gianluca Pagliuca, Marco Materazzi, Wesley Sneijder e Samuel Eto’o sono stati i vincitori della quarta edizione della Hall of Fame del 2021, avendo dato un contributo speciale alla squadra.

La Hall of Fame del 2021: Gianluca Pagliuca, una certezza in porta
Il legame tra l’Inter e Gianluca Pagliuca si consolida nella sessione estiva del calciomercato del 1994/1995. A lui viene assegnato un compito difficile: prendere in eredità la porta, sostituendo quello che è stato, in precedenza, un fenomeno tra i pali e l’incubo degli attaccanti, Walter Zenga. Il classe 66’ si è dimostrato all’altezza della situazione fin da subito, ma questo non è bastato a rialzare i colori della maglia nerazzurra: in quella stagione il club allenato da Ottavio Bianchi conclude il campionato in sesta posizione.
Fondamentale è la stagione successiva, sia a livello di risultati che di rendimento personale: Gianluca Pagliuca, infatti, vanta il miglior rendimento in termini di voto per l’intera stagione. Elegante negli interventi, il portiere ha avuto come punto di riferimento Dino Zoff e l’ottimo stato di forma gli vale un posto in Nazionale e il riconoscimento come Miglior Portiere AIC.
Come dimenticare quella lontana stagione del 1997/1998, l’anno della consacrazione definitiva: il momento di scendere in campo per affrontare la Juventus in campionato. È uno scontro diretto: Gianluca Pagliuca si rende protagonista di un rigore parato all’immenso Alessandro Del Piero e l’Inter, grazie al suo portiere, si laurea come la miglior difesa della Serie A. Facendosi strada col tempo, il classe ’66 si è guadagnato anche la fascia da capitano, disputando nel match contro la Lazio in finale di Coppa UEFA. Ed è proprio con quella fascia che il portiere ha sollevato quel trofeo tanto desiderato. Simbolo dell’estremo difensore moderno, Gianluca Pagliuca ha dato tanto ai colori della sua squadra. Ricordato come un mito, un leader silenzioso ma sempre pronto a lottare: Pagliuca si è certamente guadagnato quel posto nell’albo d’oro dell’Inter.

La Hall of Fame del 2021: Marco Materazzi, un amore incondizionato
Un solo nome in centrocampo, un solo protagonista in grado di far battere i cuori: è Marco Materazzi autore di tanti momenti iconici con la maglia dell’Inter. Un giocatore di rilievo che ha sempre messo la squadra davanti a tutto e non c’è modo migliore per descrivere questo grande campione.
Marco Materazzi è ricordato per i suoi tanti trionfi: a partire dalla vittoria del Mondiale del 2006 con la Nazionale Italiana, il classe ’73 diventa un vero e proprio leader in campo e si cala nei panni del difensore perfetto, segnando anche con regolarità e vincendo una serie di scudetti con la maglia della Beneamata. Certamente, anche il percorso all’Inter del leccese si è interrotto, ma solo sulla carta, dopo ben undici stagioni e 15 trofei conquistati. Una colonna portante per la squadra, Marco Materazzi, selezionato come il miglior difensore per la Hall of Fame del 2021.

La Hall of Fame del 2021: Wesley Sneijder, il maestro degli assist
Nell’agosto del 2009 l’allenatore dell’Inter, José Mourinho, è in cerca di un trequartista, o per meglio dire un giocatore in grado di centrare la porta da qualsiasi distanza, riponendo la fiducia nell’olandese Wesley Sneijder. L’esordio avviene nel derby contro il Milan, match nel quale il classe ’84 si fa notare effettuando diversi tentativi in porta. Soprannominato dai tifosi Sniper (il Cecchino), ha fatto rinascere la squadra nerazzurra portandola ad una velocità e ad un ritmo di gioco differente.
Maestro degli assist, Wesley Sneijder lo si ricorda per il più bello effettuato nella notte del 22 maggio 2010 al Bernabéu, in occasione della finale di Champions League contro il Bayern Monaco. Il portiere Júlio César rinvia il pallone sulla testa di Diego Milito che accomoda per Sneijder: l’olandese alza la testa e chiude il triangolo con El Principe che insacca alle spalle del portiere Hans-Jörg Butt. Il numero 10 ha ricoperto il ruolo del trequartista perfetto, capace di giocare ovunque mantenendo sempre la calma in campo e tirando punizioni in maniera magistrale. Non è dunque un caso che faccia parte di questo gruppo degli Hall of Famer nella quarta edizione del 2021.

La Hall of Fame del 2021: Samuel Eto’o, molto più di un semplice attaccante
Uno scambio storico di calciomercato è avvenuto nel 2009: l’approdo di Zlatan Ibrahimović al Barcellona simultaneo a quello di Samuel Eto’o all’Inter. Non tarda a farsi notare il camerunese che ha stoffa e talento da vedere e che ha formato con Diego Milito un tandem d’attacco da paura: i due campioni che hanno riscritto le pagine della storia della Beneamata.
Abile sia in fase realizzativa che nel servire assist ai compagni di squadra, Samuel Eto’o si è consacrato come uno degli attaccanti più moderni della sua generazione entrando nelle grazie di José Mourinho e diventando il suo asso nella manica. La sua mentalità vincente ha avuto un ruolo fondamentale anche nella corsa in Champions League del 2009/2010: agli ottavi contro il Chelsea il camerunese ha segnato infatti il goal decisivo della vittoria. Anche nella semifinale contro il Barcellona si è rivelato essenziale per la squadra, specialmente per il ruolo di leader che è riuscito a ricoprire. Quell’anno l’Inter è tornato sul tetto d’Europa dopo 45 lunghi anni.
Le altre soddisfazioni non tardano ad arrivare: Samuel Eto’o ha trascinato l’Inter alla vittoria del Mondiale per club e si è preso anche il titolo di capo-cannoniere della squadra. Il suo ingresso nella Hall of Fame del 2021 è solo una conferma del suo talento, unito alla tanta stima provata nei confronti di questo campione.