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L’Inter, una storia centenaria fatta di grandi successi. Nel DNA nerazzurro scorre sangue vincente, ma che rimane sempre e comunque legato all’eleganza. Il 9 marzo 1908 presso il ristorante l’Orologio nasce l’Internazionale. Un gruppo di dissidenti del Milan Football and Cricket Club decide di staccarsi e creare la propria realtà. Un sogno costellato da due colori: il nero e l’azzurro come sfondo di fratellanza e internazionalità. Tutti in ogni angolo del globo devono sentirsi protetti dalla bandiera dell’Inter.
I primi anni della storia dell’Inter sono ricolmi di vittorie e speranze per il futuro. Un avvenire che, però, è scombussolato dallo scoppio della Grande Guerra. Tutti, compreso il mondo del calcio si fermano. Al rientro c’è voglia di evolversi, ma purtroppo le premesse non vengono mantenute. Divampa la politica del fascismo e l’Inter deve cambiare nome per accontentare la corrente mussoliniana: nasce così l’Ambrosiana. Di lì a poco esplode il secondo conflitto mondiale e di nuovo tutti sono sorpresi dalla paura. A quel punto l’umanità intera capisce che c’è necessità di prosperare in un periodo di pace duratura.
Questo desiderio corrisponde anche con l’avvento della Grande Inter firmata Moratti-Herrera. Ma, si sa, anche le più belle storie d’amore finiscono e nel 1968 Moratti cede la proprietà a Ivanoe Fraizzoli. L’imprenditore rimane al timone per 16 anni vincendo qualche trofeo. A Fraizzoli succede Ernesto Pellegrini convinto più che mai a far tornare l’Inter grande. L’esperimento riesce per metà: a guidare i nerazzurri verso lo scudetto dei record è Giovanni Trapattoni. Il Trap, però, non riuscirà a creare quel ciclo vincente tanto voluto dall’ambiente nerazzurro.
Pellegrini esce, Moratti entra
Pellegrini, allora, lascia la società in mano al figlio di Angelo Moratti, Massimo. Il 18 febbraio 1995 Massimo Moratti diventa il nuovo presidente dell’Inter. Con lui nasce la figura del presidente tifoso, una leggenda pronta a tutto pur di veder trionfare la propria squadra. Moratti mette immediatamente mano al portafoglio: veste di nerazzurro Ronaldo il Fenomeno e tanti altri campioni. Purtroppo, questo non basterà per creare un ciclo vincente. Il primo trofeo arriva nel 1998 con la vittoria della Coppa UEFA. Il nuovo millennio è segnato da un dolore immenso.
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Il 5 maggio 2002 rappresenta un punto di non ritorno per tanti tifosi nerazzurri. Quel giorno tutti sono pronti a far festa, ma la Lazio gioca un brutto scherzo alla beneamata. Da quel momento in poi il pensiero di Massimo è la vittoria. La mano che guida la storia dell’Inter dev’essere quella di un regista esperto: nel 2004 arriva Roberto Mancini che nel giro di una stagione riporta un trofeo nella bacheca nerazzurra. La quarta Coppa Italia. La stagione 2005/2006 è segnata da uno scandalo che scuote tutto il sistema calcio, Calciopoli.
Inter-Mancini, la Supercoppa Italiana e Facchetti che guarda dall’alto
L’estate del 2006 è un periodo che non sa né di carne né di pesce. Da una parte c’è ci sono gli eventi di Calciopoli che spediscono la Juventus in Serie B. L’altra data scalfita sulla pietra è il 9 luglio 2006, la Nazionale è Campione del Mondo per la quarta volta. Il Commissario Tecnico Marcello Lippi regala un’estate italiana di quelle che difficilmente si dimenticano.
Lo sprofondare nella serie cadetta dei bianconeri porta tanti campioni a sposare la causa nerazzurra. Tra i nomi che riecheggiano per le vie di Milano ci sono quelli di Patrick Viera e Zlatan Ibrahimovic. In quella stessa sessione di calciomercato, si vestono di nerazzurro due terzini brasiliani pronti a fare faville: Maxwell e il Colosso Maicon. Una rosa rafforzata in ogni reparto e consegnata al suo direttore d’orchestra Roberto Mancini.
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Massimo Moratti si svena per far vestire la maglia nerazzurra e chiede delle vittorie, soprattutto in campionato. Mancini lo sa, e infatti la notte del 26 agosto 2006 porta a Milano la seconda Supercoppa Italiana. La squadra che sfida la prima Inter della stagione è la Roma. Quest’ultima reciterà il ruolo da antagonista dei nerazzurri. A San Siro scendono in campo tutte le stelle acquistate dal presidente Moratti.
L’inizio di partita somiglia ad un film horror. Nei primi 35′ la Roma va in vantaggio di tre reti. Lo shock è forte, ma i nerazzurri hanno il carattere di riprendersi. Il primo gol dell’Inter lo sigla di testa Patrick Viera. Da quel momento in poi, tra gli spalti del Meazza tutti sono consapevoli del fatto che l’Inter avrà la meglio. La seconda frazione inizia con gli uomini di Mancini più arrembanti. Al 65′ Stankovic si immola sulla fascia e crossa per Crespo che sul primo palo insacca alle spalle dell’estremo difensore Doni. Due ex-laziali trafiggono la Roma che comincia a sgretolarsi. Passano esattamente otto minuti ed una palla alta viene incrociata da Ibrahimovic che pesca sul secondo palo Viera. Risultato issato sul tre pari.
San Siro somiglia ad un campo di battaglia dove nessuno vuole cedere un centimetro all’avversario. L’Inter trainata dal suo pubblico, passa in vantaggio al quarto minuto del primo tempo supplementare. Punizione dai 25 metri di Luis Figo che magistralmente la mette all’angolino dove Doni può solo accompagnare con lo sguardo. Primo trofeo per la nuova Inter di Roberto Mancini. Una nuova famiglia nerazzurra nasce e un pezzo della Grande Inter lascia. Qualche giorno dopo la vittoria in Supercoppa Italia passa a miglior l’uomo che più di tutto ha rappresentato l’interismo, Giacinto Facchetti. Da quel 4 settembre 2006 una nuovo stella brilla nel cielo nerazzurro.
Inter, il record di vittorie e lo scudetto numero 15
La stagione 2006/2007 inizia il 9 settembre con l’Inter super favorita. Lo scandalo Calciopoli ha visto il coinvolgimento di molti addetti ai lavori come: giornalisti, dirigenti federali e arbitri. È un campionato che parte senza la Juventus retrocessa in B e sanzioni di diverso peso inflitte a Lazio, Milan, Reggina e Fiorentina. Al petto della maglia nerazzurra c’è lo scudetto. Revocato alla Juventus e assegnato ai nerazzurri. Vedersi assegnare un tricolore quasi d’ufficio, rappresenta per il biscione una voglia di riscatto superiore. Quel trionfo l’Inter vuole guadagnarselo sul campo.
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Già dalle prime giornate l’Inter si mostra nettamente superiore. Il girone d’andata è un susseguirsi di vittorie, specialmente nei big match. La nona giornata si gioca il derby contro il Milan. I nerazzurri si impongono per 4 a 3 sulla squadra di Ancelotti. Al giro di boa della stagione la beneamata si aggiudica il titolo, puramente rappresentativo, di campione d’inverno con qualche giornata di anticipo.
L’unica squadra che prova a sfidare l’Inter è la Roma. La squadra allenata da Luciano Spalletti non si avvicinerà mai alla vetta. Ma è l’unica in grado di batterla, quando ormai la distanza è di oltre 10 punti di differenza. L’Inter è una schiacciasassi: dalla giornata numero otto fino alla numero 26 la squadra di Mancini sa solo vincere. Le vittorie consecutive sono ben 17. Una striscia del genere non si è mai vista in Serie A. L’Inter le vince praticamente tutte e si aggiudica il titolo di Campione d’Italia a cinque giornata dalla fine del campionato. I ragazzi di Mancini salgono sul gradino più alto del podio e inaugurano un vero e proprio ciclo vincente, almeno in Italia. In Champions League le velleità nerazzurre si fermano agli ottavi di finale contro il Valencia. Partita ricordata più per la rissa da Far West che per le giocate dei singoli.
Inter, Mancini, Balotelli e uno scudetto sudato
La stagione seguente si apre ancora con una finale in Supercoppa Italia. Avversario ancora la Roma che questa volta si prende la rivincita e con un rigore sbanca San Siro. La squadra capitolina si rivelerà, nel corso della stagione, un’avversaria più che degna. Moratti per la stagione in cui ricorre il Centenario dalla nascita del club, si aspetta una stagione fatta di tante soddisfazioni. Le aspettative tra le strade di Milano sono alte.
Massimo mette ancora mani al portafoglio e porta sulla sponda del Naviglio l’attaccante Suazo e il difensore Chivu. In più c’è una novità. Un ragazzo di appena 17 anni che in prospettiva sarà capace di grandi cose nel bene e nel male. Il suo nome è Mario e il cognome Balotelli. Il presidente Moratti lo vede come un predestinato ed è certo che lui farà la storia con indosso la maglia dell’Inter. Mancini, in poco tempo, se ne innamora e lo aggrega alla prima squadra.
Un talento talmente tanto cristallino da sembrare quasi un sogno. Mario ogni volta che segna con l’Inter, però, non esulta. Perché per lui fare gol è il suo mestiere. Esordisce il 16 dicembre 2007 e un mese più tardi segna una doppietta nei quarti di finale contro la Juventus. Quel giovane è un predestinato. Il tecnico di Jesi lo tratterà e cullerà sempre e comunque come un figlio. Il legame è speciale ora e per sempre.
Il momento in cui inizia il campionato, l’Inter ha l’obbligo morale di ripetersi soprattutto nella stagione che coincide con il suo Centenario. I presupposti sembrano tutti giusti per andare a festeggiare in Piazza Duomo. Ma qualcosa nel girone di ritorno si spezza. L’Inter appare stanca e sfibrata in ogni zona del campo. La Roma si avvicina talmente tanto che l’ultima giornata di campionato è ad una sola lunghezza dal primo posto.
Inter e la vittoria a Parma, nel segno di Ibrahimovic
I nerazzurri giocano nel pantano di Parma, mentre la Roma fa visita al Catania. Due squadre che non hanno molto da chiedere alla classifica. Il primo tempo l’Inter sembra voglia risolverla con la giocata del singolo dimenticando completamente di essere una squadra. A Catania, nel frattempo, i giallorossi chiudono la prima frazione in vantaggio per uno a zero. In quel momento sorprendentemente la Roma sarebbe Campione d’Italia. Al rientro dagli spogliatoi Mancini manda in campo Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese è da tempo alle prese con l’infiammazione al tendine rotuleo. L’allenatore lo vede come ultima speranza e decide di schierarlo nel secondo tempo e gli effetti sono subito visibili. Il primo gol arriva al 62′ con il talento di Malmo che con un destro chirurgico buca il portiere Pavarini.
Lo scudetto in quel momento comincia ad incamminarsi verso la Milano nerazzurra. La fermata finale è ancora un gol di Ibracadabra. Questa volta c’è la collaborazione del Colosso brasiliano Maicon. Il numero 13 crossa perfettamente dalla destra e Ibra al volo sigla la rete del definitivo due a zero. Scudetto numero 16 per l’Inter, ma quella sarà l’ultima panchina di Mancini in nerazzurro.
Inter-Mancini, la fine di una storia
La stagione del Centenario interista dev’essere una festa su tutti i fronti. Si trasforma però in un incubo per Roberto Mancini. La prima parte della stagione sorride al tecnico che già a febbraio pregusta lo scudetto ed un cammino importante in Champions League. Una serie di sfortunati eventi, però, rovinano i piani in casa Inter. Uno scudetto conquistato in salita ed un cammino non proprio entusiasmante in Europa, saranno la cornice dello sfaldamento vissuto all’interno della galassia nerazzurra.
Non esiste una data precisa per l’inizio della fine della storia d’amore tra l’Inter e Roberto Mancini. Probabilmente si potrebbe riassumere il tutto in un momento: la sconfitta negli ottavi di finale di Champions League contro il Liverpool. L’andata tra le due formazioni vede i Reds imporsi ad Anfield con un passivo netto di due reti a zero. Al ritorno, San Siro è una bolgia: i seggiolini della Scala del Calcio sono gremiti di tifosi che sperano nella rimonta. Il risultato finale è un’altra vittoria del Liverpool siglata da Torres e lo sgretolarsi del gruppo squadra interista.
Mancini nella conferenza stampa post-partita annuncia il suo addio “Sono i miei ultimi due mesi e mezzo all’Inter”. La frase non lascia spazio ad ulteriori fraintendimenti. I calciatori appaiono spaesati. L’Inter è completamente in balia della schizofrenia. I 60 giorni successivi sono ricchi di speranza mista alla paura per il futuro. E pensare che Moratti, qualche settimana prima, ha promesso al Mancio un rinnovo di quattro anni con la voglia di costruire un ciclo vincente. Le parole di Mancini rappresentano un vero e proprio spartiacque. C’è un prima Inter contro Liverpool e un dopo.
Quello che segue è uno scudetto trascinato fino all’ultima giornata. Giocatori che non ascoltano più i dettami del loro allenatore. E l’ombra dello Special One José Mourinho che si avvicina. In tutto questo mare; Mancini riesce a raggiungere la fermata che vuol dire scudetto, ma il suo cammino inesorabilmente si ferma a quel 16 maggio 2008.