Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano: quante volte abbiamo sentito questa frase, divenuta celebre grazie alla canzone Amici mai di Antonello Venditti e usata sempre più spesso per descrivere dei grandi ritorni nel mondo del calcio. In questo caso i giri non sono neanche poi così immensi perché durano lo spazio di appena 669 giorni.
Il 26 maggio 2021, infatti, l’Inter annunciava di aver risolto il contratto con l’allora tecnico nerazzurro Antonio Conte e a distanza di un anno e dieci mesi, il 26 marzo 2023, ecco una possibilità di riconciliazione: il Tottenham esonera ufficialmente lo stesso Conte, sollevato dall’incarico dopo un periodo ricco di polemiche e veleni con tutto l’ambiente Spurs.

Conte-Inter, dove eravamo rimasti
Il tecnico salentino non è dunque riuscito a ripetere i successi ottenuti in terra inglese col Chelsea, col quale vinse Premier League ed FA Cup tra il 2016 e il 2018, e per la prima volta dopo diversi anni chiude un’esperienza con un club senza alzare nessun trofeo. La fine della parentesi Tottenham, inoltre, è stata tormentata dai postumi di un intervento alla cistifellea e dai problemi ambientali.
La chiusura del capitolo interista, tuttavia, non era stata da meno e aveva lasciato nel cielo di Appiano Gentile fulmini e saette per un addio annunciato che avrebbe potuto consumarsi anche la stagione precedente. Nell’estate del 2020, nonostante le prime insofferenze di Conte e i rapporti ai minimi storici con la dirigenza, il presidente Steven Zhang riuscì infatti a trattenerlo.
Una scelta che si rivelò azzeccatissima, vista la conquista di uno Scudetto che mancava alla Beneamata da 11 anni, i tempi di Mourinho e del Triplete per rendere l’idea. Un trionfo atteso e carico di gioia ed euforia, ma che ben presto si scontrò con la dura realtà: la necessità per il club di fare cassa e cedere alcuni pezzi pregiati, assolutamente incompatibile con le ambizioni sempre crescenti dell’allenatore ex Juventus.

Inter, con Inzaghi meno sfoghi ma più incertezze
Le ultime due stagioni sono state ricche di alti e bassi per l’Inter, che senza il suo passionale condottiero leccese si è affidata al più pacato Simone Inzaghi. L’ex tecnico della Lazio, nel 2021/22 si è lasciato strappare il tricolore cucito sul petto dai cugini del Milan e quest’anno sta arrancando con ben 9 sconfitte su 27 partite di campionato.
Non bisogna comunque dimenticare che l’allenatore piacentino ha vinto tre trofei sulla panchina nerazzurra, ovvero una Coppa Italia e due Supercoppe Italiane, ed è ancora in corsa su tutti e tre i fronti nel 2022/23. Bisogna tuttavia considerare che, se da un lato l’ambiente e la società sono più serene perché ci sono meno sfoghi rispetto al passato, dall’altro è evidente come fra i giocatori in campo ci siano più incertezze.

Conte capitolo secondo, da Lukaku a Brozovic: destini incrociati
Molti calciatori dell‘Inter vedevano nel tecnico salentino un punto di riferimento, una guida severa e puntigliosa ma che li teneva sempre sul pezzo e riusciva ad ottenere da loro il massimo e anche qualcosa in più: i destini di molti di loro sono dunque incrociati con quelli dell’allenatore ex Tottenham. Ecco perché un protagonista attuale del Biscione come Lukaku spera nel ritorno di Conte.
Come dimenticare lo straordinario stato di forma raggiunto dall’attaccante belga nel biennio nerazzurro dell’allenatore classe 1969: Big Rom, soprattutto nella stagione dello Scudetto, era devastante con la sua progressione inarrestabile abbinata ad uno strapotere fisico impressionante e ad una vena realizzativa che viaggiava di pari passo con la stima reciproca fra i due.

L’ex centravanti del Manchester United era arrivato al momento di massimo splendore della propria carriera prima del crollo verticale targato Chelsea e della lenta risalita di quest’anno e ritrovare il mister/amico potrebbe regalargli fiducia e una conferma tutt’altro che scontata. Lo stesso discorso potrebbe valere per un altro giocatore chiave: un Brozovic in parabola discendente.
Il centrocampista croato sta vivendo un 2022/23 molto travagliato a causa dei problemi fisici che l’hanno attanagliato e al suo rientro in campo non è più riuscito a tornare sui suoi livelli, facendo pensare che forse il suo ciclo all’Inter sia finito. Col ritorno di Conte, tuttavia, la sua posizione potrebbe cambiare: con Antonio in panchina Marcelo era un imprescindibile e la sua regia era assolutamente determinante per le sorti della squadra.

La questione fedelissimi contiani non finisce però qui, in quanto ci sarebbero almeno altri due tasselli fondamentali nel puzzle di un ipotetico Conte capitolo secondo. Il primo sarebbe Nicolò Barella, valorizzato e fatto esplodere proprio dal tecnico salentino che l’ha reso un centrocampista completo, il secondo quel Lautaro Martinez diventato grande e goleador nella ben assortita e perfetta Lu-La.
Conte capitolo secondo, acquisti e ambizioni: conta il progetto
Fin qui tutti aspetti positivi e che potrebbero risolvere dei problemi, ma non bisogna dimenticare che Martello, come è stato soprannominato, porta con sé oneri e onori e per averlo in panchina bisogna accettare tutto il pacchetto: Antonio è carismatico, ha un senso di competitività esagerato e se questo può portare a una vittoria più rapida può anche logorare l’ambiente in cui lavora altrettanto velocemente.

Questo era stato uno dei motivi principali dell’addio di un paio d’anni fa. Un’altra causa era stata la rottura con l’intera area tecnica, da Marotta e Ausilio a Baccin: rapporti che si erano incrinati e che bisognerebbe ricostruire. Da non trascurare anche l’aspetto economico: al Tottenham percepiva 15 milioni a stagione, mentre all’Inter si era “fermato” a 12 milioni più 2 di bonus. Un accordo andrebbe trovato e non è detto che verrebbero accettate cifre al ribasso.
Scegliere Antonio Conte come allenatore può rappresentare un’arma a doppio taglio: nel caso in cui dovesse tornare in nerazzurro, di certo non si accontenterebbe dell’attuale rosa a disposizione e chiederebbe acquisti importanti senza cessioni eccellenti per rinforzare la squadra e per provare a soddisfare la propria sete di ambizioni e vittorie, ma soprattutto valuterebbe la solidità del progetto perché quello, alla fine, è l’unica cosa che conta.

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