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Chi lo avrebbe mai detto che, nonostante tutte le perdite subite durante l’estate del 2021, l’Inter si sarebbe ritrovata all’ultima giornata a combattere per lo scudetto contro il Milan. Molti, viste le cessioni, credevano che al massimo i nerazzurri avrebbero potuto lottare per il quarto posto, scordandosi categoricamente la lotta per il titolo e un glorioso cammino in Europa ma, seppur senza l’acquisto di assoluti top player, si è stati in grado di sopperire ai vuoti lasciati dalle partenze di Hakimi, Eriksen e Lukaku. Con l’arrivo in panchina di Simone Inzaghi, tutto il popolo del calcio avrebbe potuto e dovuto capire che l’Inter avrebbe mantenuto alto il livello di gioco. Da sempre annoverato come uno dei migliori allenatori italiani, Inzaghi ha saputo prendere quello che era rimasto di buono nell’Inter – anche quando sembrava esserci poco – sfruttandolo a proprio vantaggio. Traccia di questa sua capacità è stato il percorso da allenatore con la Lazio dove, in alcuni reparti non godeva di un buon organico ma ha saputo, comunque, sfruttare al meglio le forze a disposizione.
Inter, la pesante eredità di Antonio Conte: Simone Inzaghi oltre le aspettative
Credenza comune era quella di addurre a Simone Inzaghi una posizione di svantaggio rispetto al suo predecessore, Antonio Conte. Sembrava impossibile anche solo immaginare che il progetto avrebbe potuto avere continuità nell’immediato futuro ma l’ex allenatore della Lazio ha stupito tutti. Di certo gli insegnamenti di Conte sono serviti a costruire una condizione fisica e mentale destinata a far nascere una squadra vincente ma con Inzaghi al comando. Quest’anno più che mai la squadra ha potuto conoscere orizzonti inesplorati che, fino ad un anno fa, sembravano insormontabili, anche con alcuni dei migliori giocatori in circolazione, nella rosa.
Inter, è stata la mano di…Inzaghi: la scoperta di Dumfries
Queste condizioni sono state ben sfruttate da Simone Inzaghi che ha saputo far emergere e mantenere attive le doti dei vari calciatori: esempio più eclatante è quello di Denzel Dumfries. L’esterno destro, venendo dal PSV, ha avuto alcune difficoltà iniziali ad ambientarsi al calcio italiano. Queste difficoltà gli sono costate fischi, insulti e poca fiducia da parte dei tifosi che però, si sono dovuti ricredere. Il brutto periodo però, non è durato troppo a lungo; la partita della rinascita, se vogliamo definirla così, è stata Inter-Udinese, giocata il 31 ottobre 2021 (vinta dai nerazzurri). Tenuto in campo per 90 minuti, Dumfries ha saputo estraniarsi dai fischi del Meazza, riuscendo a dare un piccolo assaggio delle proprie qualità; nessuno immaginava che, di lì in avanti, ci sarebbe stato un all you can eat di tecnica dell’olandese. I fischi e l’ambiente che si era creato non erano di certo un buon trampolino di lancio ma, Denzel, è stato in grado di far ricredere tutti i 70 mila tifosi di San Siro, oltre che i milioni di telespettatori collegati da casa uscendo dalla sua bolla di timidezza e incertezza, lasciando libero sfogo alle sue qualità.
“Bravo, ma non è Hakimi”
Velocità, fisicità e piede, queste le parole chiave del gioco di Denzel Dumfries. L’olandese, partita dopo partita, è cresciuto sempre di più riuscendo ad essere incisivo ad ogni match giocato. Ad oggi, a dire il vero, fa quasi strano non vederlo in campo: non che Darmian sia inadatto, ma Dumfries si è conquistato l’amore di questa squadra e dei propri tifosi, diventando imprescindibile in campo e per i compagni. In media esegue – a partita – circa 20 passaggi chiave, con una percentuale del 78% di questi completati. Per caratteristiche fisiche e modalità di gioco Dumfries risulta perfetto per il 3-5-2 di Inzaghi: con la sua corsa, infatti, può coprire facilmente tutta la fascia e alzarsi a formare un tridente. Fino ad adesso Dumfries ha fornito 5 gol e 7 assist (in tutte le competizioni) e tutti sperano che questi numeri possano solo che crescere nelle stagioni a venire. Nonostante il gap sembrasse insormontabile – rispetto al suo predecessore Hakimi – Dumfries ha saputo quasi far scordare il marocchino ai tifosi nerazzurri.
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Inter, Marcelo Brozovic: uomo chiave negli schemi di Inzaghi
Nell’idea di gioco e di calcio instaurata da Simone Inzaghi è Marcelo Brozovic l’uomo imprescindibile: il croato, forse anche purtroppo, è riuscito – da due anni a questa parte – ad essere l’uomo fondamentale nell’undici titolare. Avendo il controllo delle redini del centrocampo, ogni azione passa necessariamente tra i suoi piedi; con i suoi movimenti e la ricerca del compagno, Brozo riesce a mettere in difficoltà qualsiasi avversario. Mentre fa una giocata la sua mente, probabilmente, sta già pensando alle tre da fare dopo. Imprevedibilità può essere considerata la parola chiave del suo vocabolario; fermarlo sembra quasi impossibile. Gli avversari per tutelarsi tendono a mettere il centrocampista più imponente a livello fisico, a uomo sul croato, ma non sempre ciò ha portato a risultati. Esempio di ciò può essere il derby di andata tra Milan ed Inter, quando Pioli posizionò Kessiè sulla trequarti con l’intento di placare il coccodrillo ma, non sempre, le aspettative diventano realtà.
Inter, Brozovic imprescindibile in campo: arma a doppio taglio?
Questa imprescindibilità di Brozovic può essere però un’arma a doppio taglio: nelle partite in cui è stato assente, infatti, l’Inter ne ha risentito molto, troppo. Pochi punti guadagnati e disordine in campo. Inzaghi ha provato diversi adattamenti: Barella e Gagliardini sono stati incaricati di ricoprire il suo ruolo ma nessuno dei due ha portato il risultato sperato. Brozovic è insostituibile e sarà fondamentale nella prossima sessione di calciomercato sarà trovare un suo vice, di modo da non doversi più destrare in situazioni simili. Con la firma del rinnovo gli animi dei tifosi hanno finalmente trovato pace: la paura di perdere il giocatore che, al momento, è tra i top 5 al mondo nel suo ruolo, stava gettando tutti in preda alla disperazione ma proprio quando servivano più certezze, queste sono arrivate dopo lunghe settimane di attesa: la storia d’amore tra Brozovic, l’Inter e i suoi tifosi, andrà avanti fino al 2026, periodo entro il quale, l’Inter conterebbe di formare un suo erede di modo da non venir scalfita troppo quando il giocatore deciderà di interrompere la sua avventura in nerazzurro.
Inter: miglior attacco della Serie A, ma quanti gol sbagliati
Morto un Papa, se ne fa un altro. È stata questa la forma mentis adottata – obbligatoriamente – dalla società dopo l’improvviso addio di Lukaku: pochi i giorni per trovare il sostituto ma, nonostante questo inghippo, Marotta e Ausilio hanno saputo sfruttare le poche occasioni di mercato rimaste, facendo entrare nella rosa dell’Inter Edin Dzeko, ex idolo della tifoseria romana. Dzeko-Lautaro, questo il tandem d’attacco della formazione titolare: se da un lato questo è il miglior attacco della Serie A, dall’altro l’Inter detiene un gran numero di occasioni mancate. È il toro il capocannoniere della beneamata, con 21 gol e 3 assist, e, nonostante il lungo periodo trascorso senza reti, Lautaro è comunque un goleador da oltre 20 gol stagionali: sotto la guida di Inzaghi, è stato in grado di superare il suo stesso record dell’anno scorso che contava 17 reti. Il lavoro di scarico di Dzeko e Correa è stato fondamentale per alleggerire le giocate in campo: giro palla e leggerezza, queste le parole chiave del loro vocabolario. El Nino Maravilla ha potuto lasciare un segno indelebile nel palmares dei biscioni: un gol segnato all’ultimo secondo dei minuti di recupero in finale di Supercoppa, regalando così il trofeo ai milanesi.
Inter: mercato estivo doloroso, ma forse non troppo
Nonostante un mercato che tendeva all’autofinanziamento, la squadra è stata in grado di non rinunciare proprio totalmente alle sue punte di diamante: Milan Skriniar, Alessandro Bastoni e Ivan Perisic, questi i nomi imprescindibili per la formazione dell’Inter. La loro qualità non ha lasciato nessuno indifferente: con Skriniar e Bastoni ai lati di de Vrij – nonostante la stagione sottotono dell’olandese – gli avversari non hanno trovato molti spiragli per concludere in rete: duelli spalla contro spalla, spintoni, dribbling, gli avversari provavano di tutto pur di superare il pullman nerazzurro ma sembrava spesso inamovibile. Sulla fascia, se a destra abbiamo parlato della raffinatezza di Dumfries, a sinistra non passiamo non parlare della qualità di Ivan Perisic: la sua velocità, la sua tecnica, la sua visione di gioco non hanno lasciato nessuno indifferente. Crescita che è iniziata con l’anno in prestito al Bayern Monaco e che lo ha visto completamente rivoluzionato: in quei 365 giorni ha assorbito la tecnica tedesca di Flick che, unita alla tecnica di Conte e Inzaghi, lo ha reso un Transformer: un vero e proprio essere mastodontico, invalicabile, implacabile, insuperabile.
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Inter, Hakan Calhanoglu conquista l’altro lato del naviglio
Se da un lato la squadra è stata costretta a vendere due dei suoi top player, dall’altro è stata in grado di sfruttare le opportunità di mercato che, oltre al nome di Edin Dzeko, i dirigenti hanno portato all’Inter – a costo zero – Hakan Calhanoglu. Ex centrocampista del Milan, Calha, ha dimostrato fin dalla prima partita grande qualità e tecnica. Altra qualità che non dovrebbe mai mancare in un giocatore è il coraggio e il turco ne ha da vendere: quel rigore segnato sotto la Curva Sud nel derby d’andata, con fischi e insulti che riempivano il Meazza, non lo hanno minimamente scalfito: in quel momento esistevano solo lui e il pallone, il resto passava in secondo, se non in terzo, piano. La tecnica è uno dei suoi punti di forza e questa è potuta solo che migliorare avendo punti di riferimento importanti come Brozovic e Barella che, nel loro, sono tra le prime posizioni in Europa.
Inter, possiamo considerarla una stagione positiva?
Dopo aver fatto tutto questo preambolo possiamo definire la stagione dell’Inter positiva: due trofei conquistati tra Supercoppa e Coppa Italia, ottimo gioco e capacità di sconfiggere i propri demoni: quel periodo buio dei 7 punti in 7 partite ora, è solo un brutto ricordo: la squadra si è ritrovata e ha ricominciato a credere in sé stessa. Altro traguardo da aggiungere al tabellino dell’Inter è stata la Champions League: quest’anno dopo dodici anni l’Inter ha preso parte agli ottavi di finale della competizione europea giocando due signore partite contro il Liverpool (attualmente nella top 5 di squadre più forti al mondo) e vincendone una ad Anfield, campo ostico e temuto da tutte le squadre. È vero, le possibilità di vincere lo scudetto c’erano e la Beneamata si è come auto-punita con tutti quei punti persi ma, si spera, che possa imparare dai propri errori per fare meglio nella prossima stagione, magari con qualche rinforzo in più.