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Quando si menziona la NBA o il basket in generale, è pressoché impossibile non nominare uno che il gioco della pallacanestro l’ha rivoluzionato creando una mossa con cui è stato capace di dominare le difese di qualunque franchigia gli si paresse davanti. Kareem Abdul-Jabbar è senza dubbio uno dei giocatori simbolo della National Basketball Association. Giocatore senza pari e uomo dai grandi principi ha contribuito alla stesura di un pezzo di storia della massima lega americana e non solo, KAJ infatti ha concentrato la propria vita non solo sulla palla a spicchi, ma anche al cinema e soprattutto alle battaglie in campo socio-politico e razziale. Seguendo cosi, a modo suo, le orme di un altro gigante del basket Bill Russell, scomparso il 31 luglio 2022.
Proprio come il Signore degli anelli, anche The Captain ha utilizzato le proprie capacità fisiche, la sua tecnica ed il suo talento per apportare modifiche sostanziali e definitive al gioco del basket. Oltre a dominare sul campo, entrambi dominavano anche nella vita e nelle sfide che contavano davvero, utilizzando al meglio la propria visibilità e popolarità, nonché il proprio status di atleta americano per combattere piaghe sociali come il razzismo. Uomini come Jabbar e Russell sono più unici che rari, esseri umani capaci di cambiare, anche se di poco, il corso della storia in meglio, capaci di regalare emozioni sia su di un parquet che in mezzo ad una folla di manifestanti negri, combattendo per i propri ideali e la propria libertà non possono che essere esempi per tutte le generazioni avvenire.

La solitudine dei numeri primi
Ferdinand Lewis Alcindor Jr nasce in un quartiere newyorkese dell’Upper Manhattan, Inwood, da padre poliziotto con il vizio del jazz e da madre impiegata. Crebbe in un quartiere decisamente più sicuro e molto meno degradato ma pur sempre in un quartiere bianco. La sua esuberanza fisica ed il colore della pelle lo portarono a ricevere l’etichetta di “diverso” venendo spesso escluso dai propri coetanei e vicini. Questo suo essere “diverso” e l’assenza spesso prolungata dei genitori costrinsero Ferdinand ad una solitudine forzata. Solitudine che per certi versi diventerà sua compagna perpetua durante tutta la gioventù e che nonostante le difficoltà da essa causate, gli permise di conoscere quella che invece sarà sua compagna per la vita, la cultura.
Iniziò a capire la situazione in cui viveva, su ciò che lo circondava. In particolar modo su ciò che concerneva l’America, lacerata dalla lotta per i diritti civili della popolazione afroamericana contro gli abusi ed i crimini commessi dall’FBI e di J. Edgar Hoover e contro la mafia alleata di quest’ultimo. C’era però una via di fuga da tutto quell’orrore e quelle ingiustizie per Ferdinand, il basket. La palla a spicchi lo faceva sentire importante e poteva dargli una possibilità, dopotutto era l’unico sport dove i suoi 218 cm potevano tornare utili. Fin dal liceo Alcindor dimostra le proprie capacità ed il prorpio talento, che lo porteranno a diventare uno dei giocatori più dominanti della storia NBA.
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La Power Memorial Academy e l’arrivo ad UCLA

Arrivano gli anni del liceo per Lew Alcindor, che sceglie di frequentare la Power Memorial Academy di Harlem, dove entrerà a far parte della squadra di basket della scuola. Il suo impatto sul parquet è sbalorditivo, si carica il team sulle spalle e lo trascina alla vittoria di tre titoli del campionato “New York City Catholic” di fila e ad un record di ben 71 vittorie consecutive. Diventa la stella della squadra ed inizia ad attirare su di se gli occhi di mezza America sicura di aver finalmente scovato l’erede naturale di Bill Russell.
Il successo al liceo è clamoroso ma il palcoscenico è troppo stretto per uno come Lew. Il tempo passa ed arriva il momento della scelta su dove proseguire i propri studi e la propria carriera da cestista, la scelta è abbastanza facile, UCLA. È in California che Alcindor decide di portare il proprio talento, ad attenderlo c’è il leggendario coach John Wooden. Sarà proprio l’allora HC della University of California, Los Angeles, colui che smusserà gli spigoli del talento di Ferdinand, rendendolo cristallino. Insieme svilupperanno ciò che successivamente diverrà un vero e proprio marchio di fabbrica e che unito alle doti tecniche ed atletiche sublimi, disciplina e visione di gioco porteranno KAJ a diventare la prima scelta al draft del 1969, lo Sky Hook.
Insieme domineranno la NCAA e nei tre anni in cui Lew ne veste la divisa, la squadra perse solamente 2 partite. Lo strapotere dei californiani guidati da Alcindor è cosi strabordante che per contenerlo è costretta ad intervenire la lega stessa che decide infatti di abolire la schiacciata a canestro. La regola fa discutere ma per la NCAA è l’unico modo per arginare il pivot. Nulla di più erroneo, Lew infatti aggirerà quella regola proprio grazie all’utilizzo del gancio cielo. Nel periodo universitario, subirà inoltre un infortunio all’occhio sinistro che gli causò un lieve danno alla retina, motivo per cui di li fino alla fin della propria carriera Lew giocherà con degli occhiali protettivi.
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Il Cleveland Summit, la conversione, il Black Muslim e l’approdo in NBA
È il 1967 ed il clima in America non è dei più favorevoli per i negri. Le chiese vengono fatte saltare in aria da bombe, uomini come Malcolm X e Martin Luther King, simboli di speranza, lotta e ribellione, venivano assassinati e nel mentre infuriava la guerra in Vietnam. La rabbia per gli abusi, il razzismo e la repressione del dissenso portano molti a perdere la ragione finendo per sfociare nell’estremismo. Ciò non accadde mai a Lew, che uomo di cultura con una mente affilata e ricettiva, riesce quasi ad estraniarsi consentendogli di ragionare in modo freddo e lucido. Tutto ciò lo porta a prendere una netta posizione e ad abbracciare la causa di Muhammad Ali, che diventerà per lui un punto di riferimento.
In relazione alla posizione presa ed allo schieramento scelto, il 4 giugno del ’67, Lew Alcindor è tra i principali sportivi presenti all’evento che prenderà il nome di Cleveland Summit. Insieme, Ali, Bill Russell, Jim Brown e colui che di li a poco prenderà il nome di Kareem Abdul-Jabbar hanno come unico obiettivo quello di far sapere e di rendere pubblico il fatto che lo sport americano è pronto a prendere una netta e rigorosa posizione nella lotta per i diritti civili e contro il razzismo.Un anno dopo l’evento, Ferdinand decide di seguire ancora una volta l’esempio di The Greatest e si converte all’islamismo unendosi al movimento Black Muslim, meglio noto come la Nation Of Islam. Diventato islamico, Lew, come da tradizione, cambia il proprio nome e di li in poi sarà noto a tutti come Kareem Abdul-Jabbar. Successivamente però KAJ si renderà conto che quello che cerca non lo troverà mai nella NOI e si allontanerà dal movimento considerato troppo estremista e tra i possibili mandanti dell’omicidio di X.
L’impegno politico e sociale pur avendo un ruolo di rilievo nella vita di KAJ, resta parallelo alla sua carriera nel basket. Due anni dopo il cambio di nome, ad aspettarlo c’è il draft NBA del 1969 in cui viene scelto come number one pick dai Milwaukee Bucks. Inizia ufficialmente la carriera leggendaria di The Captain che lo porterà a vincere ben 6 titoli e a diventare il miglior marcatore della storia della lega con 38.387 punti, record ancora imbattuto ma nel mirino di LeBron James.

I Milwaukee Bucks e i Los Angeles Lakers
Sono molti i rookie che freschi di draft necessitano di un periodo di assestamento e di ambientamento che gli consenta di passare dal basket universitario a quello NBA. Tutto ciò non fu necessario per Kareem che al primo anno in National Basketball Association con la casacca dei Bucks vince il suo primo Larry O’Brien Trophy. L’impatto è dominante, cosi come lo fu alla Power Memorial Academy ed a UCLA, e come sempre sconvolse chiunque aveva la fortuna di ammirarlo. Dopotutto non si era mai visto un centro capace di segnare un gran numero di punti, essere molto efficace nei rimbalzi e nella fase difensiva che però era anche in grado di fornire assist con l’abilità di un playmaker e di andare al tiro in scioltezza. In pratica Kareem racchiudeva i ruoli di point guard, shooting guard, small forward, power forward e centro in un unico giocatore.
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“Kareem da solo riesce a combinare molto bene le capacità nelle quali eccellevano Bill Russell e Wilt Chamberlain“. Questo dirà di lui Bob Cousy. Ancora una volta Milwaukee è una città troppo piccola per lo strapotere di Jabbar e arriva dunque il momento di tornare a casa in California, cosi KAJ decide di approdare nella città degli angeli sponda Lakers. Ed è proprio a Los Angeles che arriva la definitiva consacrazione a mostro sacro della NBA. Cap, come verrà soprannominato nello spogliatoio per via del ruolo di capitano della squadra, da il proprio meglio ad L.A. dove continua la conquista dei titoli e dove insieme a Magic Johnson creerà una vera e propria legacy capace di spodestare i Celtics di Russell ed Auerbach, dando vita al cosiddetto Show Time L.A.. KAJ chiuderà la carriera a 42 anni dopo ben 20 stagioni, il record all time di punti realizzati e quello di terzo miglior rimbalzista. Con in bacheca ben 6 MVP.

Il cinema e la Presidential Medal of Freedom
Giocare a Los Angeles diede grande visibilità a Kareem Abdul-Jabbar, ciò lo portò ad avvicinarsi anche al mondo del cinema tanto da prendervi parte attivamente. Nel 1980 recitò nel ruolo di co-pilota Roger Murdock del film ‘L’aereo più pazzo del mondo‘, la carriera cinematografica di Jabbar non si fermò li ed insieme a Bruce Lee girò alcune scene del film “L’ultimo combattimento di Chen” mai terminato a causa della prematura scomparsa dell’attore. Oltre al cinema, Kareem arrivò anche sul piccolo schermo partecipando a diverse serie tv tra cui: Il mio amico Arnold, New Girl, Willy il Principe di Bel-Air, Scrubs e The Big Bang Therory. Non è solo con la tv ed il cinema che KAJ riempie i suoi giorni post ritiro, il 33 gialloviola continua con l’impegno socio-politico e con la stesura di un libro. Partecipa al video per il movimento “Yes. We Can” in favore della campagna elettorale di Barack Obama e dallo stesso riceverà la Presidential Medal of Freedom. The Captain nonostante la fama e il successo come giocatore di pallacanestro non abbandona mai gli studi e da uomo di cultura qual è consegue, dopo il ritiro, una laurea in storia. Ancora oggi Kareem Abdul-Jabbar è un simbolo per gli afroamericani e per tutte le nuove generazioni non esclusivamente come giocatore ma anche e soprattutto come uomo.