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Paraciclista, ex pilota di Formula 1, atleta, mentore e padre. Ne “La grande staffetta“, docu-film di Sky Documentaries dalla durata di un’ora e ventisette minuti, c’è l’anima di Alex Zanardi, raccontata da sé stesso e da tutti i componenti della sua organizzazione, denominata Obiettivo3. Già dalla prima scena, in bianco e nero, in cui viene ripreso il ciclista mentre pedala, si viene a creare una particolare atmosfera. Infatti, l’assenza di colore provoca una singolare suggestione: lo spettatore è invitato a diventare parte integrante di un limbo temporale in cui le gesta di coraggiosissimi atleti si ripetono all’infinito.
La grande staffetta è il frutto di un importantissimo progetto che mira a far sapere di più sulla pratica sportiva tra i disabili, che ancora oggi sono una categoria fortemente penalizzata anche dagli altissimi costi. Tale docu-film non intende riassumere la vita dello stoico Iron Man, ma mette in luce i suoi pensieri e insegnamenti attraverso le parole di coloro che l’hanno coadiuvato in un’importantissima iniziativa: una staffetta in cui gli atleti paralimpici di Obiettivo3 attraversano l’Italia in lungo e in largo. A guidare questa recensione ci saranno le parole del corridore bolognese.

Il sacrificio passa inosservato se fai le cose con entusiasmo
L’iniziativa dell’organizzazione fondata da Alex Zanardi coinvolge 100 atleti, per cui il corridore bolognese rappresenta una guida imprescindibile. Questo progetto ha come obiettivo la rinascita dell’Italia dopo gli sfortunati eventi del lockdown del 2020, con l’intenzione di ripartire dai corridori italiani. Ad intervenire, poi, è l’handbiker Mauro Preziosa, parlando delle ragioni che hanno dato il via all’iniziativa targata Obiettivo3.
Nel prosieguo del docu-film sono in molti a prendere la parola, tra cui i compagni di pedalata di Iron Man, che mettono in evidenza i caposaldi di Obiettivo3: l’agonismo si mescola all’amicizia e i valori trasmessi permettono agli atleti di sentirsi parte di una grande famiglia. Grazie al Parigino i 100 atleti paralimpici hanno compreso che sia in pista sia nella vita reale bisogna evitare di prendere delle scorciatoie, poiché ogni curva va percorsa con l’attenzione necessaria.
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A stare fermi non succede niente
La grande staffetta, diretta da Francesco Mansutti e Vinicio Stefanello e prodotta da FilmArt Studio, è una tappa necessaria sia per gli appassionati di ciclismo che per gli amanti dello sport in generale. Questo poiché il messaggio che viene veicolato dalle dichiarazioni nel corso della staffetta è universale, e si tratta inoltre di un’occasione per incontrare delle anime che poi rimarranno vicine al di fuori del circuito. Dunque, la partecipazione dei componenti di Obiettivo 3, affetti da diverse patologie, dimostra come niente sia irrisolvibile.
Non sarà un incidente o la scoperta di una malattia degenerativa a fermare i centurioni di Alex Zanardi. Ad esempio, la sclerosi multipla stigmatizza molti atleti che hanno deciso di prendere parte a La grande staffetta, tuttavia proprio attraverso quest’ultima essi hanno la possibilità di sfruttare al massimo ogni minuto della propria vita insieme a degni compagni di viaggio. I campioni paralimpici, scambiandosi il testimone tappa dopo tappa, abbracciano l’Italia fornendo una speranza di ripartire al meglio per il nostro Paese.

La vita non è solo tecnica e le cose possono accadere
Uno dei tanti meriti del Parigino è aver messo insieme in un unico progetto tantissimi atleti paralimpici, risultato mai raggiunto in Italia. Inoltre, attraverso le iniziative di Obiettivo3 vengono sfatati alcuni falsi miti: la disabilità non rende prigionieri di sé stessi, l’incidente non coincide con la fine della propria esistenza, piuttosto è un’occasione per iniziare una nuova vita. A scandire le testimonianze dei componenti di Obiettivo3 vi sono i nodi principali della staffetta: gli atleti partono da Trento attraversando le Dolomiti, poi percorrono in lungo e in largo la Lombardia e il Piemonte. In seguito gli stoici corridori raggiungono Firenze e infine scenderanno sul tracciato singolo fino a Santa Maria di Leuca.
Ad animare il classe ’66 e i suoi centurioni nel corso della staffetta è una sorta d’elettricità che conferisce loro la spinta in più per continuare il lungo percorso. Lo spirito di tale iniziativa rende la bike una perfetta sostituta della motocicletta. Dunque, il progetto promosso dal corridore bolognese di ricongiungere gli atleti di un intero paese permette anche ai corridori di riprovare sensazioni ormai sopite da tempo. Il senso di libertà e la voglia di ripartire trasmettono la dose d’energia necessaria per pedalare fino 4-5 ore di fila a tutti gli atleti paralimpici. Ciò che Iron Man intende dimostrare è l’imprescindibilità di ogni atleta: come in un puzzle in cui ogni tessera ha la sua importanza.
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Ci si può drogare di cose buone, una di queste è lo sport
La mastodontica impresa firmata dal classe ’66, è lunga 3300 km e non si limita al solo ambito sportivo ma si fa carico di un importante messaggio: lo scambio del testimone è il simbolo di una nuova civiltà che intende consegnare al prossimo il bagaglio delle esperienze vissute. Per i coraggiosi corridori ogni tappa è la vincita di una gara, l’avvicinarsi ad un nuovo traguardo della propria vita. La scarica di adrenalina, provata chilometro dopo chilometro, è alle stelle. Tale stato euforico rende insensibile la ciurma del Parigino al vento e alla pioggia.
In seguito, il docu-film mostra l’accoglienza degli atleti paralimpici da parte degli astanti nelle varie città: la risposta a tale iniziativa è cosi positiva che nel corso della tappa di Firenze, proprio al centro della Piazza della Signoria, il sindaco celebra i centurioni di Alex Zanardi fregiandoli con una maglietta recante il tricolore. Questo riconoscimento dimostra quanto sia importante scardinare i preconcetti esistenti nello sport secondo cui esistono atleti più valevoli d’altri.

L’incidente è stata la cosa più bella che mi potesse capitare
Tuttavia quest’atmosfera festosa, degna di un festival di paese, viene interrotta da un’agghiacciante didascalia: “SS146 Pienza – San Quirico D’orcia, ore 17:05. Tutto si ferma, tutto si blocca: il capitano della spedizione ha avuto un grave incidente”. A consolidare la veridicità di tale notizia è l’annuncio fatto nel corso del Tg1: Iron Man, con la sua handbike, è stato travolto da un TIR in provincia di Siena. Alessandro Cresti, corridore paralimpico affetto da sclerosi multipla, avrebbe dovuto affiancare il Parigino nell’ottavo giorno di questa titanica iniziativa.
A questo punto il ritmo narrativo del docu-film subisce una brusca battuta d’arresto, infatti dalla macchina da presa vengono scandagliate, attimo dopo attimo, le reazioni degli atleti in pieno stato confusionale o in preda alla disperazione. Tuttavia, dopo un primo momento di stallo, i suoi compagni decideranno di riprendere la staffetta ritenendo il classe ’66 un motivo in più per cui continuare a lottare. Ad incoraggiare i campioni paralimpici più riluttanti all’idea di riprendere la corsa senza il loro amato capitano, sono state le parole di Daniela Manni. Infatti, la moglie del corridore bolognese dichiara che raggiungendo l’ultima tappa, Santa Maria di Leuca, avrebbero concretizzato i desideri di Alex.
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La vita è sempre legata alla capacità di porsi le domande giuste
Dunque gli atleti, seguendo come un mantra le parole del corridore bolognese “combattere in ogni situazione senza girarci mai intorno”, riprendono la pedalata a Fregene. La resilienza che contraddistingue i coraggiosi atleti fa a venire a galla il vero scopo di Obiettivo3: dimostrare che da soli non si va da nessuna parte, ma soltanto uniti si possono raggiungere importanti traguardi. Come satelliti attorno ad un immenso pianeta, questa volta sono i campioni paralimpici a rischiarare un momento tetro della vita del Parigino.
A questo punto, il ritmo narrativo de La grande staffetta subisce un’accelerazione esponenziale: partendo da Villetta Barrea, si giunge a Lanciano per poi continuare fino a Benevento. Tale docu-film non ha l’intento di mostrare i corridori come invincibili supereroi, infatti al 43º km in direzione San Giovanni Rotondo vengono dimostrate le difficoltà della ciclista Lucia Nobis nel corso di questa staffetta. Tuttavia, non saranno le condizioni climatiche avverse e le salite insormontabili a placare i campioni paralimpici, quest’ultimi infatti continuano imperterriti nel loro percorso avendo ancora nella mente la voce di Alex Zanardi che li incita ad andare avanti.

Se tutti potessero volare, anche Bolt si sentirebbe disabile a poter solo correre
L’ultima parte de La grande staffetta ha luogo in Puglia, e proprio avvicinandosi alla tappa che metterà la parola fine a questo ineguagliabile progetto, gli atleti sono travolti dalle emozioni. A percorrere il tassello mancante di questo prezioso puzzle è Piero Dainese. Pierino, soprannome che riflette la bontà di cuore di quest’uomo e non certamente la sua stazza, si commuove encomiando il Parigino lontano dalla sua ciurma. Dopo tanta fatica e sudore i centurioni di Alex Zanardi giungono all’ambita meta, Santa Maria di Leuca: a percorrere gli ultimissimi metri è Andrea Quarta.
Un insegnamento che questo docu-film tenta di sottoporre all’attenzione dello spettatore è il seguente: seppur i componenti di Obiettivo3 abbiano fatto piccoli passi, come gocce in un oceano di speranza e consapevolezza hanno cambiato il corso della mareggiata. La sofferenza ha legato gli stoici atleti come un filo invisibile e li ha condotti verso un unico destino. A sintetizzare perfettamente tale messaggio sono le parole di Daniela Manni nell’ultima scena: “È stato bellissimo! E credo anche per i ragazzi. Oggi Alex sono loro. E non solo oggi. Ne hanno tutti un bel pezzo dentro”.