Ebbene sì, il Leicester rischia davvero la retrocessione. Chi non è un incallito appassionato di calcio inglese, e di questa squadra ha dunque soltanto quel nitido ricordo della stagione 2015/16, potrebbe quasi pensare ad un errore o ad uno scherzo. Eppure le Foxes sono attualmente al terz’ultimo posto della classifica, 2 punti sotto quella salvezza che sembrava, ad inizio anno, talmente scontata da non essere nemmeno presa in considerazione dai tifosi, desiderosi, perché no, di vedere la propria squadra ancora una volta in Europa.
E sì perché un anno fa i ragazzi dell’allora allenatore Brendan Rodgers, esonerato ad inizio aprile, si giocavano la semifinale di Conference League, poi persa contro la Roma di Mourinho. Poco più di 365 giorni dopo lo scenario è tragico. Una squadra spenta, spaventata, capace di mantenere la porta inviolata una sola volta in tutto il campionato (0-0 col Cristal Palace), e che appare inerme di fronte alle difficoltà. Perché si sa, quando si parte con obiettivi ambiziosi e poi, per un motivo o per l’altro, ci si ritrova tra le sabbie mobili, per uscirne serve qualcosa di più di tecnica e schemi: quei cosiddetti che, metaforicamente, in queste situazioni vanno tirati fuori.

I dati degli ultimi tre mesi dei biancoblu potrebbero fare concorrenza al noto regista di film horror, “il maestro del brivido”, Dario Argento: nelle ultime 12 uscite sono 6 i punti raccolti, frutto di 3 pareggi ed una sola vittoria in casa col Wolverhampton. L’ultima sconfitta a Craven Cottage contro il Fulham, unita ai deludenti pareggi negli scontri diretti con Leeds ed Everton, ha sottolineato, ancora una volta, come gli uomini di Smith si sciolgano come neve al sole alla prima difficoltà, ed ora, tanto per togliere ai propri tifosi quel poco sonno rimasto, gli ultimi tre impegni del Leicester prevedono Liverpool, Newcastle e West Ham.
Un finale di stagione che, sulla carta, lascerebbe poche speranze di evitare quella retrocessione che ormai aleggia, come uno spirto infestante, sulla città delle Midlands Orientali. Ma al di là degli avversari tosti e proibitivi delle ultime partite, il problema messo in luce da questa squadra, e che pone il vero interrogativo tra tifosi ed addetti ai lavori, è un altro: il Leicester crede davvero nella permanenza in Premier League?
Leicester, se solo ci fosse Ranieri…
Col condizionale, é chiaro, si è sempre ottenuto poco, nel calcio come nella vita. Eppure non sarebbe utopia pensare che più di qualche tifoso del Leicester, quest’anno, abbia buttato lì, a tempo perso, mentre sorseggiava una pinta di birra al pub con gli amici, la frase “if only there was Ranieri”. Perché il tecnico di Testaccio ha lasciato nel cuore delle Foxes il ricordo di una delle imprese più epiche della storia del calcio; qualcosa da tramandare di generazione in generazione, a Leicester come nel resto del mondo.

E sembra quasi, a pensarci bene, che la situazione si sia oggi capovolta: da una club, sotto la guida di Ranieri, partito con l’obiettivo di ottenere un’insperata salvezza e giunto a fine anno sul tetto dell’Inghilterra (alla faccia dei bookmakers che lo ponevano ultimo in classifica ad inizio anno), ad uno che, desideroso, ai blocchi di partenza, di confermarsi in Europa, rischia ora la retrocessione. Come non capire, dunque, i tifosi; è fisiologico, lo facciamo tutti: riportiamo la mente a quei momenti in cui tutto andava bene, in cui anche l’impossibile diventava possibile, per illuderci di allontanare, anche solo per poco, quelle paure che tormentano testa e cuore.
Per questi motivi, se sei di Leicester, come puoi oggi non pensare alla vittoria della Premier League? A quel signore di 71 anni che, 7 anni or sono, ha regalato alla città una delle storie di sport più belle mai scritte, che ha permesso alla società di guardare dall’alto verso il basso tutti quelli che potevano spendere il triplo sul mercato, che ha fatto divertire la sua gente al ritmo di “Dilly ding, dilly dong” e “Champagne for my players”.
E chissà se quest’uomo che, passato dal “só Claudio Ranieri”, tipicamente romano, a “Sir Claudio Ranieri” ed omaggiato da entrambe le tifoserie, inglese e romanista, in occasione della seminale di Conference League dell’anno scorso, avrebbe saputo mettere una pezza a questa difficile situazione. Ciò che resta a noi e alle Foxes è solo un “se ci fosse Ranieri…”
Maddison e Vardy, solo loro possono salvare il Leicester
Ma ora è tempo di riporre nel cassetto foto e maglie celebrative di quella Premier vinta, di asciugarsi le lacrime per i ricordi di tempi migliori e di rimboccarsi le maniche. Perché la stagione non è finita e, nonostante il duro finale, la matematica dice che il Leicester ha tute le carte in regola per evitare la retrocessione. Un club che ha segnato una pagina indelebile della storia del calcio e che ha il dovere di lottare, fino all’ultimo minuto di gioco disponibile, per non far tramontare il sogno di migliaia di tifosi di sostenere la squadra anche nella prossima Premier League.

La salvezza delle Foxes passerà dalla capacità di tutto il gruppo di compattarsi e tirare fuori l’orgoglio di un pugile messo all’angolo e, inevitabilmente, dagli uomini più rappresentativi della squadra: si pensi a Söyüncü che, prima di lasciare l’Inghilterra direzione Atletico Madrid, vuole chiudere bene la sua avventura in maglia Leicester; o a Harvey Barnes, capocannoniere dei biancoblu in questa stagione con 12 gol, che, cresciuto nelle giovanili del club, ha un rapporto speciale con questo ambiente che lo ha formato come calciatore.
Ma due sono i leader, tecnici ed emotivi, che, per ragioni diverse, posso prendere per mano la squadra e portarla verso quel traguardo da non fallire ad ogni costo. Il primo è James Maddison, il giocatore per distacco più talentuoso e dotato di quei guizzi in grado di risolvere le partite. Per i piedi del numero 10 passano le speranze salvezza del Leicester e Maddison, che ha anch’esso attirato l’interesse di vari club per la prossima stagione, deve salire in cattedra e mostrare di meritarsi, eventualmente, una piazza più importante.

E poi c’è lui, l’unico superstite di quella stagione memorabile culminata con la vittoria della Premier: Jamie Vardy, il working class hero nato a Sheffield che, con 24 gol e 8 assist, aveva trascinato il piccolo Leicester alla conquista del titolo ed era diventato, insieme a Kanté e Mahrez, simbolo di quella banda guidata da Ranieri. Solo 6 gol per lui quest’anno ma poco importa; nessuno come il 9 inglese sa cosa significa lottare per questa maglia, per questa gente, per la quale ha dato tutto rifiutando anche, a più riprese, il trasferimento.
Alla fine, è inutile negarlo, a quel Leicester vittorioso ci siamo affezionati un po’ tutti: a quel motorino francese in mezzo al campo, Kanté, timido ma sorridente, all’estro del mago algerino Ryhad Mahrez, a quell’ex operaio là davanti, di nome Vardy, che la buttava dentro ogni partita. Il Leicester di Ranieri lo abbiamo tifato tutti, e tutti adesso ci auguriamo che questa stagione abbia un epilogo felice (quasi) e si, proprio come la vittoria della Premier League.

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