Bravo, capace, esperto, egocentrico, furbo, eccessivo, teatrale: questo è Luciano Spalletti. Inserendo il tutto nel cratere vesuviano, saliranno verso il cielo azzurro i fuochi d’artificio di una squadra che fa calcio come non si vedeva dai tempi di Maradona. Il football italiano ai piedi del Napoli di Oshimen e Kvaratskhelia. Il tecnico certaldese a dirigere ed interpretare, a mezza via tra Vinicio o’ lione, eroe per i partenopei negli anni ’70, e Roberto Benigni.
“Che i toscani siano più intelligenti di tutti gli altri italiani è cosa che tutti sanno ma che pochi vogliono ammettere”. Così scriveva Curzio Malaparte, letterato pratese del primo novecento. In questa affermazione rivediamo sicuramente la figura dell’uomo Spalletti, paradigma del toscano eccellente. Allenatore di mestiere, che per l’occasione può anche trasformarsi in attore. Ad ogni partita va in scena e fa il suo show, prima, durante e dopo.

“Uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli…non c’è altra strada”. Questo è il motto che l’ha sempre guidato, che lo ha portato a superare ogni difficoltà, da quelle sportive alla perdita del fratello maggiore Marcello. Luciano nasce a Certaldo, borgo del grande Boccaccio, a due passi da Firenze, città che però ha solo sfiorato professionalmente, e dalla quale ha poi sempre girato al largo visto il rapporto non idilliaco con i fiorentini.
Bel gioco ma poche vittorie…ora lo Scudetto: la carriera di Spalletti
Calcio veloce e d’attacco, energico e grintoso, risultato di una gavetta passata sui campi di provincia. Qui ha maturato i canoni del suo metodo: ognuno al servizio dei compagni e tutti al servizio di Spalletti.
Un lungo girovagare tra le diverse panchine della Serie A. Empoli, Sampdoria, Udinese, Roma, Inter, accomunate dallo stesso risultato: riconoscimenti e applausi, ma poche e marginali vittorie. In giallorosso ha raggiunto picchi di bel gioco e incrociato il proprio dialetto toscano in un passionale contrasto di sangue con il romanesco di Totti. Due galli nello stesso spogliatoio non potevano proprio coesistere. O meglio, un gallo e una volpe, visto che il capitano romanista fu paragonato proprio ad una “volpe nel pollaio”.

In un momento di rigetto del calcio italiano è finito anche in Russia, esibendosi a petto nudo in campo, con 10 gradi sotto lo zero, dopo la vittoria del campionato. Anche a San Pietroburgo rovesciò il suo acido slang certaldese sul microfono di un giornalista russo per vendicarsi di chi lo criticava. Poi l’approdo all’ombra del Vesuvio, che ora ha scalato, per osservare tutti dall’alto, per sentirsi finalmente il primo, il più forte, il migliore.
Lo Scudetto di Napoli gli ha permesso di colmare quel gap di ambizione personale, che lo relegava sempre un gradino al di sotto di tanti suoi colleghi, più vincenti, ma non di certo più bravi. Fino ad oggi la sua carriera ci aveva regalato solo un calcio ricco di gol e spettacolo, non abbastanza per placare quell’assidua brama di affermarsi e distinguersi.
Luciano Spalletti, il campo di calcio come un palco teatrale
In più occasioni il personaggio ha sovrastato il capacissimo allenatore, come se recitasse ma non riuscisse mai ad uscire dalla parte, scambiando il campo di calcio per un palco teatrale. E così di Spalletti erano rimaste finora le esplosioni in diretta tv e i post partita al vetriolo che fanno ormai parte della grande commedia del calcio italiano e che lo hanno reso un “mangiamicrofoni” imprevedibile e dall’audience assicurata. Ad ogni appuntamento una lezione, ragionamenti contorti e frasi ad effetto.
Un’ossessione per le spie da spogliatoio, per quelli che lui chiama “riportini”, soffiate di chi ha accesso alle stanze più segrete. Luciano ha sempre visto congiure e nemici ovunque. Giudica il calcio come massima espressione della felicità a cui si arriva, però, attraverso un percorso di sopravvivenza pieno di inganni ed insidie.
Luciano Spalletti, il toscano come filosofia di vita
Il rifugio dal caotico mondo del pallone è la sua tenuta di Montaione, nella campagna toscana, dove ama isolarsi in tranquillità e silenzio. Qui le vesti di allenatore e attore vengono sostituite da quelle di contadino. Lucio, così lo chiamano da quelle parti, diventa un uomo della terra, che produce il suo vino e si prende cura degli animali, gli unici che non gli volteranno mai le spalle, i suoi veri amici.
Nel cuore del proprio territorio ha costruito con pazienza il suo personaggio, il suo modo di essere, che riassume una carriera intensa. Il perché si mostri sempre così forse è comprensibile soltanto a lui stesso, l’importante sono la scena e la recitazione. Questa inflessione e platealità, unita ad un carattere ruvido ed esibizionista, lo porta ad usare il toscano come profonda filosofia di vita ed identificazione totale con la sua gente.

“Io non sono nato in Toscana, sono voluto nascere in Toscana”. Affermazione che racchiude tutte le connotazioni dell’uomo di Certaldo, identificabili con una mossa semplice, ma alquanto illustrativa: la teatrale e ricercata stretta di mano ad Allegri, a favore di telecamere, nella vittoria di gennaio contro la Juventus. Gesto che simboleggia il passaggio di consegne tra due maestri di calcio e di vita, non a caso entrambi toscani.
Da Certaldo allo Scudetto: la straordinaria impresa di Spalletti
Spalletti non è un semplice allenatore, ma molto di più: è il regista, lo sceneggiatore, l’attore protagonista di un film, girato tra i vicoli di Napoli, ispirato dalla passione carnale di una città che fa del calcio uno stile di vita. Questa volta però (con la produzione di De Laurentiis) la pellicola “spallettiana” è stata apprezzata in tutto il mondo e rimarrà per sempre nel cuore della gente e soprattutto in quello di Lucio. La straordinaria impresa è stata raggiunta: da Certaldo a Napoli per lo Scudetto.
Subito dopo la vittoria di Udine, prima la menzione a tifosi e squadra, poi si è definitivamente lasciato andare, abbandonando l’aurea artificiosa che lo circonda. L’emozione nel ricordo del fratello Marcello, con la speranza che, insieme a Maradona, guardassero un’ultima volta quaggiù, perché nisciun è cchiù bell ‘E Partenope stasera.

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