L’eliminazione dai Mondiali con il suo Belgio riaccende il dibattito sull’effettivo valore tecnico di Romelu Lukaku. I suoi errori nel match con la Croazia, decisivi per l’eliminazione dei Diavoli Rossi, hanno dato adito a nuove critiche sul rendimento del classe ’93. Una sorta di déjà-vu che richiama alla memoria il suo arrivo in Italia nel 2019, dopo una trattativa estenuante con il Manchester United, costata alle casse dell’Inter circa 75 milioni. In quel caso, a suon di gol, Romelu Lukaku è riuscito a conquistarsi la fiducia dei tifosi nerazzurri, trascinando la squadra alla conquista dello scudetto, dopo 11 anni di astinenza. Un rendimento da top player assoluto, in controtendenza rispetto alle stagioni dure vissute ad Old Trafford: 95 presenze, 64 gol e 16 assist sono il bottino con cui Big Rom ha messo a tacere ogni critica sul suo conto, ripagando la fiducia incondizionata riposta in lui da Antonio Conte.
Un vero e proprio mentore, il tecnico pugliese, per il centravanti belga. E forse per caso, forse per scelta, dopo l’addio all’Inter post-tricolore dell’allenatore, anche Romelu Lukaku decide di lasciare Milano (non proprio in punta di piedi), per tornare in pompa magna al Chelsea, che qualche stagione prima lo aveva scaricato senza troppi complimenti. Un ritorno da vero e proprio king, che ha convinto i Blues a sborsare la bellezza di 113 milioni di euro per l’acquisto più costoso della loro storia. Insomma, le premesse per la svolta definitiva non mancano. Una svolta che, evidentemente, non è stata quella sognata da Big Rom.
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Svolta al contrario: dal Chelsea al Belgio, Lukaku flop
Eppure la terza vita con la maglia del Chelsea non inizia così male per Romelu Lukaku. La doppietta “al bacio” alla seconda giornata di Premier League contro l’Arsenal fa presagire una vera e propria luna di miele con i Blues. Un sodalizio che, però, dura come un gatto in tangenziale. Le panchine, le incomprensioni con Thomas Tuchel, gli infortuni, fino al famoso “pentimento”, tradotto nell’intervista rilasciata a Sky Sport proprio lo scorso dicembre, in cui dichiara il suo amore per l’Inter e la voglia di tornare a giocare per la Beneamata. Una presa di posizione che, insieme a tutto il resto, compromette la sua avventura a Londra: 44 presenze (perlopiù spezzoni), 15 gol e 2 assist sono i numeri poco edificanti della versione londinese 3.0 di Big Rom.
Anche alla luce di tutto questo, è inevitabile il suo nuovo addio al Chelsea. E per chiudere il cerchio, è altrettanto inevitabile il suo ritorno all’Inter. Stavolta senza proclami (e anche senza Antonio Conte), ma con l’ambizione di riconquistare il popolo nerazzurro, ancora risentito dalla sua “fuga” della stagione precedente. Ma anche con un’altra aspirazione: preparare i Mondiali in Qatar. Due obiettivi non da poco, occasioni per una rivincita soprattutto personale. Ma che, alla fine, hanno finito per far crollare Romelu Lukaku sotto il peso delle grandi aspettative, nonostante il gol all’esordio contro il Lecce.

Dalla rete al Via del Mare, è iniziata l’odissea di Big Rom nell’infermeria della Pinetina. Uno stop lungo quasi due mesi, che ha restituito all’Inter un Lukaku palesemente fuori condizione (al di là della “rete illusoria” in Champions League contro il Viktoria Plzen). Un rientro troppo “accelerato”, forse, che ha presentato il conto con un nuovo infortunio alla coscia, a poche settimane dalla rassegna iridata. La mazzata finale che, di fatto, mette in anticipo la pietra tombale anche sul suo rendimento a Qatar 22. Fino ad arrivare al breaking point contro la Croazia, in cui il belga indossa i panni da Big Flop e, con i suoi clamorosi errori sotto porta, contribuisce all’eliminazione del Belgio dai Mondiali. L’apice del fallimento di un giocatore che, senza il suo “maestro” Antonio Conte, sembra aver perso il suo killer instinct. E da cui ora sarà necessario riprendersi: toccherà all’Inter e a Simone Inzaghi ritrovare il vecchio Big Rom.