- Continua a leggere sotto -
Ai Bagni Fiume, storico lido di Livorno nato nel primo dopoguerra, si può notare una struttura come tante sul litorale del capoluogo toscano. Una geometrica ferraglia, come appare in lontananza, assume le forme di una gabbia man mano che l’occhio si abitua a vederla. Al suo interno un campo da calcio ridotto, con porte più simili a quelle di ingresso che da gioco.
Al Gabbione, Massimiliano Allegri ha plasmato la sua idea di calcio, prima da calciatore e poi da allenatore. Entrambe carriere longeve e vissute in gran parte in Serie A, ma la seconda di netto superiore alla prima con panchine del calibro di Milan e Juventus. Sei Scudetti, recita il suo palmarès – cinque in bianconero – ai quali si aggiungono tre Supercoppe e quattro Coppe Italia. Ma è troppo superfluo parlare solo di numeri, tanto relegati dall’attuale tecnico della Juventus a fattore di contorno. Del resto, se non fosse così, “Messi e Ronaldo non varrebbero più degli altri calciatori”.
Allegri in campo: l’esordio contro il Milan e il legame con Pescara
Leggendo tra le righe di ciò che i giornali scrivevano su di lui all’epoca, il Massimiliano Allegri calciatore aveva le perfette caratteristiche che l’Allegri allenatore sceglierebbe oggi. Centrocampista di qualità, abile in entrambe le fasi e con spiccate dote tecniche che talvolta lo hanno sospinto nel ruolo di fantasista. Il limite – come ammesso da lui stesso – è stato nella testa, ma ciò non gli ha impedito di togliersi comunque qualche soddisfazione. La prima arriva quando veste la maglia del Pisa, dopo aver iniziato nella sua Livorno: in nerazzurro esordisce in Serie A nel 1989, contro il Milan che il destino gli porterà ad allenare. Ma all’ombra della Torre la parentesi fu breve, visto il trasferimento in C1 a Pavia dopo il momentaneo ritorno a Livorno.
La Serie A, però, arriva eccome ed Allegri la conquista sul campo agli ordini di Giovanni Galeone, con la maglia del Pescara cucita addosso. Una seconda pelle per Max, che ruba molto dal punto di vista calcistico ed umano dal proprio allenatore dell’epoca. “Mi ha insegnato il piacere del calcio” rivelò l’attuale tecnico della Juventus, lo stesso che promuove insistentemente ai microfoni della stampa – scavalcando l’abuso di numeri e schemi, come anticipato. Con la casacca del Delfino, Allegri segna nel 1992/93 il primo gol nella massima serie. Indovinate a chi? Ancora una volta al Milan. La carriera prosegue a cavallo di Serie A e B con squadre prestigiose, come Cagliari e Napoli, quest’ultima indossata in un periodo nero come il 1997/98 per i colori partenopei. Una discesa che andò di pari passo con il canto del cigno della carriera del non più giovane Massimiliano, che appende gli scarpini al chiodo nell’Aglianese. Qui parte la seconda metà della sua vita calcistica: quella da allenatore.
- Continua a leggere sotto -
Il Sassuolo e il Cagliari: l’alba dell’Allegri pensiero
Facciamo giocare i bambini e non cerchiamo di trasformare il calcio in una scienza esatta, perché non è un gioco di schemi
Il primo acuto della carriera da allenatore di Massimiliano Allegri si ha con i colori del Sassuolo nel 2007/08. In quella stagione, l’attuale squadra di Dionisi militava in C1 e Max si era appena separato in malo modo con la dirigenza del Lecco, che lo aveva ingaggiato nella stessa estate. Il piano B inaspettato, dunque, si trasforma miracolosamente in Serie B ed arriva la prima promozione in cadetteria della storia degli emiliani. Allegri accende dunque la miccia di una candela ancora in piena forza, quella di una delle società più sane e lungimiranti del nostro calcio.
La vittoria del campionato di C lo catapulta immediatamente a Cagliari in Serie A, nella stagione successiva in cui dopo un inizio difficile conclude l’annata al settimo posto. Salvezza ampiamente raggiunta, quindi, come nell’annata successiva nella quale però si scontra con la fama di mangia-allenatori di Cellino, che lo esonera a metà stagione. Sia a Sassuolo che a Cagliari, si iniziò ad intravedere l’alba dell’Allegri pensiero. Una capacità innata di lettura delle partite che lo contraddistingueva anche da calciatore si sposa, sin dai primi tempi in panchina, con l’abilità nel gestire al meglio le risorse umane a disposizione. Nel mentre, Max si avvicina alle prime vittorie: il salto arriva con il Milan, che lo ingaggia ne 2010/11 e che condurrà al suo diciottesimo Scudetto e al successo in Supercoppa.
Il primo Scudetto: Milan, gioia ed intuizione
Per me [allenare] è un divertimento. […] Il calcio è un gioco stupido per persone intelligenti.
- Continua a leggere sotto -
In caso di Scudetto in questa stagione, il Milan di Pioli si assicurerà il suo diciannovesimo titolo nazionale. L’ultima gioia del Diavolo fino ad oggi, invece, è targata Allegri che alla sua prima esperienza su una panchina di una big riuscirà a vestire di tricolore Ibrahimovic e compagni. Cosa rende, però, unico il trionfo allegriano all’ombra del Duomo è senza dubbio l’evoluzione della capacità di adattamento alle circostanze già applicata nelle sue precedenti esperienze.
Lo scatto in avanti, infatti, giunse con il 4-2-3-1 e con la precisa scelta di preferire il duo Gattuso-Ambrosini ad Andrea Pirlo. Una decisione che fece assai rumore, ma gli diede ragione quando dopo lo 0-0 dell’Olimpico di Roma partirono i festeggiamenti. Obiettivo raggiunto, conferma guadagnata. Pirlo, intanto, cambiò maglia e si accasò a parametro zero alla Juventus: al tempo sembrò una separazione definitiva, ma fu il primo intreccio nelle carriere di entrambi.
Esonero e addio: arriva la Juventus
Alla fine, tutto è molto semplice: bisogna avere giocatori bravi e sapere passarsi la palla. Quando a fine partita sento parlare di arbitri, numeri e schemi sorrido: si focalizza l’attenzione troppo poco sulle grandi giocate
La carriera con il Milan proseguì, ma lo Scudetto rimase il punto più alto toccato in rossonero. Nel frattempo, a pochi chilometri di distanza, la Juventus poneva le basi per un’egemonia lunga nove anni e iniziò proprio con lo scucire al Diavolo il titolo numero diciannove. Artefice del successo fu Antonio Conte, che mentre gioiva con la rinata Vecchia Signora, aveva instaurato alcune pietre miliari: la BBC, l’intoccabilità di Pirlo e un calcio intenso ed aggressivo. Tutti fattori che il leccese abbandonò nell’estate 2014, quando secondo lui era impossibile sedersi in un ristorante da 100 euro con un biglietto da 10 euro e lasciò durante il ritiro la città di Torino. A sorpresa, tra l’incredulità generale del tifo juventino e qualche dimostrazione non proprio affettuosa, Allegri diventa l’allenatore della Juventus.
- Continua a leggere sotto -
Si era liberato, eccome, dal Milan nel 2014, al culmine di un’avventura in totale declino dopo l’acuto tricolore di due stagioni prima. Come dire di no, dunque, alla proposta dei Campioni d’Italia in carica? Per molti esponenti dell’opinione pubblica calcistica, l’arrivo di Max alla Juventus avrebbe dovuto rappresentare la fine di un ciclo. Con il passare dei mesi, degli anni, delle partite e dei trionfi, Allegri divenne autore della sua naturale prosecuzione. Al primo anno vinse lo Scudetto e la Coppa Italia, ma soprattutto innalzò lo status europeo con la finale di Champions League raggiunta a Berlino. La Juventus cadde per mano del Barcellona, ma si rialzò consapevole che, da quella notte, avrebbe potuto far male a chiunque.
Egemonia e un solo rimpianto: Allegri si consacra
Nella vita ci sono le categorie: ci sono […] allenatori che vincono o non vincono, se uno non vince mai ci sarà un motivo. Dio Santo. […] Non c’è più mestiere, è tutta teoria
Non fu solo la Champions League ad elevare la condizione della Juventus agli occhi del mondo. Per pura coincidenza o per affinità, vista la sua attenzione allo stile, Allegri ha attraversato due de cambiamenti più importanti dal punto di vista della visibilità recente della Signora. Il primo, fu il passaggio da Nike ad Adidas, il secondo lo stravolgimento del logo con passaggio alla semplice J, al posto dello scudo. Note di contorno, mentre il piatto forte restava il campo: con il livornese in panchina, i bianconeri restano una macchina da guerra. Lo Scudetto più sudato di tutti arriva al suo secondo anno, dopo un avvio shock ed una rimonta culminata con 25 risultati utili consecutivi: con la Supercoppa di inizio anno e la Coppa Italia vinta contro il Milan, Allegri solleva tutti i trofei nazionali in una singola stagione.
L’unico rimpianto, dunque, rimane la mancata vittoria della Champions League. Ciò perché dopo una cavalcata storica, nella stagione successiva alla rimonta Scudetto, la Juventus arrivò carica a Cardiff contro il Real Madrid, tenendo per un tempo ma poi crollando rovinosamente sotto i colpi di Ronaldo e compagni. Da lì, per qualcuno, iniziò il periodo di discesa dei bianconeri che in quella stagione comunque vinsero ancora Scudetto e Coppa Italia, così come nel 2017/18, anno dell’eliminazione con rimonta sfiorata al Bernabeu. Ma ciò non intacca il percorso storico di Allegri sulla panchina della Juventus, capace di vincere cinque Scudetti consecutivi: l’ultimo insieme a Cristiano Ronaldo, prima di un addio che – ad oggi – scopriamo esser stato solo un arrivederci.
Allegri-bis: difficoltà, aspettative, idee
Il calcio è semplice, ragazzi. È inutile complicarlo, è semplice: in campo tu devi fare l’opposto di quello che fa l’avversario.
Dopo la gestione Pirlo, che Allegri ha sostituito la scorsa estate dopo averne fatto il faro della sua Juventus nella sua prima annata in bianconero, il tecnico livornese torna a sedersi sulla panchina bianconera. Lo fa per amore, dopo aver rifiutato il Real, ma anche per una sfida completamente diversa: stavolta bisogna tornare a vincere, non continuare a farlo. E ciò fa tutta la differenza del mondo, come dimostra il quarto posto e l’ormai eliminazione dalla lotta Scudetto, oltre che l’inaspettata sconfitta europea per mano del Villarreal. Quello attuale ha assunto i tratti di un anno di transizione, parola bandita alla Continassa ma che meglio spiega il lavoro a cui è chiamato Max.
Al netto del calciomercato di gennaio, di quello prossimo e di quello degli anni a venire, il tecnico è chiamato a far tornare “sua” la Juventus. Vi è riuscito in parte nel 2022 dopo un avvio complicato, ma dal prossimo anno competere per lo Scudetto dovrà essere il minimo sindacale. L’Allegri della sua prima esperienza a Torino ha perfezionato definitivamente il suo pragmatismo. “Il calcio è molto semplice” sostiene spesso. E spesso tocca difendersi: al Gabbione è vietato usare le mani per parare, la porta è stretta e un gol di vantaggio può fare la differenza. Tale schema è divenuto ideale, insieme alla volontà di restituire al talento individuale ciò che maniaci del gioco corale hanno sottratto. Un obiettivo estremamente divisorio, che spesso ha portato le idee di Allegri ad essere bollate come preistoriche, superate. Ai posteri l’ardua sentenza.