Negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede una nuova disciplina, meglio definibile come un nuovo movimento. Stiamo parlando effettivamente di una mentalità, uno stile di vivere il ciclismo totalmente differente da quello che può essere il mondo su strada o le varie competizioni off-road come cross-country e ciclocross. Eppure, il gravel è anche gara vera, non a caso si è corso pochi mesi fa la prima edizione iridata di questo ramo del ciclismo. Ad oggi, è ancora difficile dare una definizione esatta a questo mondo che offre mille interpretazioni.
Gravel agli albori

Il termine gravel vuol dire proprio ghiaia, pietrisco. Si tratta dunque di tutte quelle strade dove una MTB sarebbe troppo goffa e una stradale rischierebbe di rompersi per via delle eccessive sollecitazioni. Nonostante questo però, una bici gravel va una meraviglia anche su asfalto e sui trail, è un vero e proprio mezzo all-road. Da questo presupposto allora, i pionieri dei long-trail si sono lanciati in un ciclismo d’avventura. Nessun numero sul dorso, nessun rivale, solamente se stessi con la propria bicicletta, un panorama da vedere e una strada da percorrere.
Ecco da dove parte il gravel, da un bisogno del ciclista di scoprire nuovi posti, andare all’avventura con le borse montate sulla bici e vivere la natura che lo circonda. È un po’ lo stesso spirito dell’ultra-cycling, dove le ore di gara diventano giorni e il primo avversario sono i propri limiti. E da dove si poteva partire se non dalla terra gravel per eccellenza, gli Stati Uniti. Stradoni asfaltati che si alternano a sentieri polverosi fanno da padrona l’America del Nord, così la necessità di andare in bici con uno scopo diverso.
Leggi anche: Aerodinamica, la nuova frontiera del ciclismo: risultati da paura
Il gravel racing: debutto mondiale
Il mondo del gravel ha però aperto le sue porte anche a chi non riesce fare a meno delle competizioni. È così che sono nate le prime gare: tra queste, la più famosa è indubbiamente la Unbound Gravel. Si tratta di un evento che si corre proprio negli Stati Uniti, in Kansas, in quella terra dove le strade asfaltate sono ridotte all’osso e, per lunghissimi tratti, ci si imbatte solamente in sentieri sterrati. Generalmente si tratta di gare molto lunghe dove il fisico viene portato all’estremo.

È proprio da questi eventi che l’UCI, la federazione internazionale del ciclismo, ha deciso di introdurre gare di questo genere nel proprio calendario. Una delle più importanti si corre nel nostro Paese, è la Serenissima gravel che viene corsa con cadenza annuale in Veneto. Tutti i grandi campioni provenienti anche dal mondo della strada sono molto positivi nei confronti dell’universo gravel, al punto che la Federazione ha istituito proprio in questo 2022 il primo mondiale. Per la prima volta si è corso dunque per conquistare la prestigiosissima maglia iridata anche in questa disciplina, evento vinto poi dal belga Gianni Veermersch dell’Alpecin-Deceuninck.
Avventure gravel: il bikepacking

A queste visioni, il mondo gravel aggiunge quella dei viaggi in bicicletta. Grazie proprio all’ampia forbice di terreni che questi mezzi possono affrontare, gran parte dei cicloturisti affronta le proprie avventure con il bikepacking. Questa tecnica consiste nel montare sulla propria bici tutte le borse necessarie per affrontare diversi giorni nella natura, spostandosi per vie raramente frequentate dall’essere umano e accampandosi con tende o sacchi a pelo comodamente riponibili nelle sacche che si portano con sé.
Certo, tutto ciò aumenta notevolmente il peso della bicicletta e dunque la fatica che si deve fare per salire su una vetta, ad esempio, ma per il cicloturista che non ha l’ambizione di competere, questo è il suo pane. Godersi i migliori paesaggi offerti dalla natura e percorrere distanze a primo impatto proibitive sono la vera anima di chi pianifica una vacanza gravel.
Gravel, una definizione impossibile
Presentate quindi le varie concezioni che questa particolare disciplina può rappresentare, è facile capire che il gravel non ha una vera e propria definizione. È dunque una via di mezzo fra le Classiche del Nord più dure del ciclismo su strada, come la Parigi-Roubaix o come la Strade Bianche; rappresenta anche lo spirito del ciclocross, con i passaggi che si effettuano spesso su percorsi molto tecnici; ma al suo interno c’è spazio anche per quel sano ritorno al ciclismo senza numeri, dove non si guarda alla prestazione, ma si pedala per pura passione, per ammirare l’ambiente che ci circonda e, perché no, liberare la mente dai pensieri della quotidianità.