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In occasione di questo strepitoso finale di stagione, in cui Milan ed Inter si giocheranno fino all’ultimo minuto la vittoria della Serie A, ripercorriamo insieme tre delle diciotto stagioni trionfali dei rossoneri: 1995/96-1998/99-2003/04. La stagione del 15° titolo è stata quella della chiusura del lustro d’oro Capello, in cui il tridente composto da Baggio, Weah e Savicevic fece mantenere al Diavolo il comando della classifica dalla prima all’ultima giornata, nonostante un girone di ritorno ricco di polemiche e piuttosto altalenante. Il 16° Scudetto, vinto da Alberto Zaccheroni, è stato caratterizzato anch’esso dal super tridente Weah–Bierhoff–Leonardo, poi modificato con l’avanzamento di Boban durante la stagione, e da un’incredibile rimonta prima sulla Fiorentina di Trapattoni e poi nelle sette giornate finali sulla Lazio, con sette vittorie consecutive e sette punti recuperati. Il tricolore numero 17, infine, è quello di mister Carlo Ancelotti, vinto dopo un testa a testa epico con la Roma proprio di Fabio Capello, durato tutta la stagione.
1995/96: la chiusura del lustro d’oro di Fabio Capello
Fabio Capello sta per iniziare, nell’estate del 1995, l’ultima delle cinque stagioni che hanno caratterizzato il suo primo ciclo al Milan, in quanto al termine della quale avrebbe lasciato il posto ad Oscar Tabarez. I rossoneri possiedono una delle rose migliori della Serie A e possono vantare tra le proprie fila giocatori del calibro di Roberto Baggio, Dejan Savicevic, George Weah e, ovviamente, Paolo Maldini. L’allenatore del Diavolo impone fin da subito i suoi dettami tattici: si gioca con loro tre davanti e tanta intensità a tutto campo, il pallone va recuperato velocemente e poi ne va mantenuto il possesso, se non riesce la verticalizzazione immediata su uno dei tre attaccanti.
Le avversarie non mancano ai rossoneri: Massimo Moratti ha appena acquistato l’Inter e spende tantissimo sul mercato per riportare in alto i nerazzurri, la Fiorentina ha tenuto in rosa tutti big, Batistuta compreso, e punta al tricolore, senza dimenticare il Parma che fa davvero le cose in grande acquistando Fabio Cannavaro, Gianluigi Buffon e il pallone d’oro Hristo Stoickov dal Barcellona. L’avversaria principale del Milan è la Juventus di Marcello Lippi, che infatti chiude la stagione al secondo posto, raggiungendo anche la finale di Champions League in cui viene sconfitta dal Borussia Dortmund. Inoltre, questa è la prima stagione in cui le sostituzione vengono aumentate a tre.
Il tridente delle meraviglie Baggio-Weah-Savicevic e il 15° titolo
Il Milan parte subito forte, mantiene un andamento lineare e, sostanzialmente, comanda la classifica della Serie A per tutta la stagione, dalla prima all’ultima giornata. Il primo segnale forte i rossoneri lo lanciano alla sesta giornata, nella vittoria per 2-1 sulla Juventus, con cui si contende lo Scudetto per tutto l’anno e accenna così un primo tentativo di fuga. Le sensazioni sono delle migliori dopo questa partita: la coppia Weah-Simone in gol e il famoso quarto d’ora di ritardo nelle dichiarazioni post partita di Marcello Lippi sembrano di buon auspicio. L’Inter si tira fuori dalla corsa già dopo 5 giornate, dopo le quali arriva l’esonero di Ottavio Bianchi, a cui fa seguito, dopo la parentesi Suarez, Roy Hodgson, che decide a gennaio di regalare Roberto Carlos al Real Madrid.
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La Lazio di Zeman promuove in questa stagione Alessandro Nesta dalla primavera in prima squadra, la Sampdoria gioca un bellissimo calcio sull’asse Chiesa-Mancini, ma il Milan di Capello sembra inarrestabile. Nonostante un girone di ritorno non dei migliori, caratterizzato dalla sconfitta nel derby e dall’eliminazione in Coppa Uefa contro il Bordeaux, culminata nell’episodio delle uova lanciate contro il pullman della squadra nel giorno del 3-0 al Parma con i gol meravigliosi segnati da Baggio e Savicevic, i rossoneri chiudono la stagione in trionfo a quota 73 punti, a +8 sulla Juventus. Il tridente delle meraviglie compie il suo dovere e, con il 3-1 alla Fiorentina del 28 aprile 1996, il Milan ottiene la matematica certezza e vince lo Scudetto numero 15 della sua storia, chiuso all’ultima giornata con la festa del 7-1 di San Siro alla Cremonese.
Zaccheroni rilancia il Diavolo nell’anno del centenario
Dopo il Capello bis della stagione 1997/98, viene annunciato Alberto Zaccheroni come nuovo allenatore del Milan. Dopo lo stupendo triennio alla guida dell’Udinese, iniziato proprio in quel 1995/96 in cui i rossoneri di Capello vinsero lo Scudetto e concluso con un incredibile terzo posto dei friulani, condito dalla vittoria del titolo di capocannoniere di Oliver Bierhoff, il tecnico di Meldola approda meritatamente in una big del calcio italiano. Per il Diavolo la stagione è di quelle che pesano: nell’anno del centenario la squadra arriva da due modestissime stagioni chiuse all’11° e al 10° posto e l’obiettivo principale è di ritornare ai tempi d’oro del lustro Capello, per non parlare dei trionfi di Sacchi.
La nostalgia però passa veloce a Milano nella stagione 1998/99: Zaccheroni si affida al suo 3-4-3 con il tridente composto da George Weah, Leonardo e Oliver Bierhoff, acquistato insieme ad Helveg proprio dall’Udinese, con l’obiettivo di ringiovanire la rosa, e i risultati in campo si vedono. Nell’estate del 1998 arrivano al Milan anche Lehmann e Sala e rientrano dal prestito Ambrosini e Coco, mentre sul fronte cessioni salutano i rossoneri dei pezzi importanti degli ultimi anni come Desailly, fresco di Mondiale vinto con la Francia, un sempre poco costante Kluivert e Savicevic, che viene lasciato libero di andare.
Il Milan arriva ai nastri di partenza di questa stagione reduce da due anni bui e non parte dunque con l’obiettivo di vincere lo Scudetto ma, bensì, di raggiungere un più realistico piazzamento nelle coppe europee. L’inizio non è strabiliante ma in linea con gli obiettivi dei rossoneri, che inseguono la Fiorentina di Trapattoni in Serie A e si trovano stabilmente nelle prime quattro posizioni fino a dicembre, nonostante Lehmann venga scalzato in porta da Sebastiano Rossi dopo la sconfitta con il Cagliari e il roboante 4-0 incassato contro il Parma, che mettono in dubbio le potenzialità della squadra del tecnico ex Udinese.
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Il 16° Scudetto: la rimonta storica sulla Lazio di Eriksson
Il Diavolo chiude il girone di andata al quarto posto, ma in quello di ritorno cambia ritmo: il secondo avvicendamento in porta tra Rossi ed Abbiati, a causa del pugno tirato dal primo a Bucchi in occasione di Milan-Perugia, rende il secondo protagonista di grandissime parate che, unite all’inserimento di Ambrosini in mediana e allo spostamento di Boban dietro le due punte permettono al Milan di arrivare al 2° posto in classifica alla 27ª giornata, superando Parma e Fiorentina e rimanendo dietro solo alla Lazio di Eriksson, contro la quale si gioca proprio lo scontro diretto, che termina però con il risultato di 0-0.
La classifica vede i biancocelesti in vantaggio di sette punti sui rossoneri a sette giornate dalla fine e la Lazio ha il tricolore in pugno, ma sta per accadere una delle rimonte più emozionanti ed incredibili della storia della Serie A. Il Milan insegue lo Scudetto partita per partita, mentre la squadra di Eriksson alterna partite in cui mostra tutto il proprio talento a battute d’arresto inspiegabili, come i due stop consecutivi nel derby e con la Juventus, che portano il Diavolo, reduce da due vittorie, a ridurre il gap ad una sola lunghezza in classifica, che recita Lazio 56, Milan 55 a soli 5 match dal termine del campionato.
Weah, autore di uno dei gol più veloci della Serie A contro la Juventus, Boban, Leonardo ma soprattutto Oliver Bierhoff, si rendono protagonisti di questo strepitoso finale di stagione del Milan, che chiude con sette vittorie nelle ultime sette partite. I rossoneri inseguono la Lazio e restano al secondo posto, ormai saldo dopo alcuni punti persi per strada dalla Fiorentina, che non le hanno permesso di rimanere attaccata al duo di testa e l’ha tolta dai giochi. Il Diavolo sorpassa i biancocelesti alla penultima giornata: la squadra di Eriksson pareggia proprio con la Viola e il Milan si ritrova all’ultima partita da capolista, per la prima volta in stagione, sul campo di Perugia. La partita termina 2-1 per i rossoneri, grazie a due parate di Abbiati, eroe del finale di campionato, decisive per mantenere il risultato favorevole e per portare alla corte di Alberto Zaccheroni il primo tricolore da allenatore e il 16° della storia del Milan.
Ancelotti 2003/04: novità Kakà dietro Inzaghi e Shevchenko
Il Milan arriva alla stagione 2003/04, la terza da allenatore di Carlo Ancelotti a Milano, da Campione d’Europa in carica, dopo la splendida cavalcata dallo Slovan al Teatro dei Sogni, l‘Old Trafford di Manchester, dove ha vinto la sentitissima finale contro la Juventus ai calci di rigore. I rossoneri hanno vinto anche la Coppa Italia nella stagione precedente e si ritrovano ai nastri di partenza di quella successiva con aggiunte importanti arrivate dal mercato: Adriano Galliani preleva Cafù dalla Roma e Pancaro dalla Lazio, che prendono il posto da titolari, scalzando Helveg, poi ceduto, e Kaladze. L’acquisto principe della sessione estiva di calciomercato, però, è un giovane brasiliano del San Paolo di nome Ricardo Izecson Dos Santos Leite, conosciuto come Kakà.
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Kakà di ruolo fa il trequartista e quindi in molti si chiedono come sia possibile la convivenza tra lui e Manuel Rui Costa, numero 10 e titolare del Milan Campione d’Europa. Inizialmente il brasiliano viene preferito al portoghese, salvo qualche sporadica versione di 4-3-2-1 utilizzata da Carlo Ancelotti, in cui hanno giocato fianco a fianco. In seguito, complice anche una serie di infortuni patita da Inzaghi, che lo tengono ai box praticamente per tutta la stagione, saranno proprio i due fantasisti, insieme al bomber Andriy Shevchenko e al rinato Jon Dahl Tomasson autore di 15 marcature in 37 presenze, a riportare il tricolore a Milano, sponda rossonera, dopo la grande rimonta della stagione 98/99.
La stagione vede nella prima fase il Milan impegnato su molti fronti: oltre al campionato, dove sono in lotta per lo Scudetto con la Juventus e, soprattutto, la Roma di Fabio Capello, i rossoneri devono affrontare anche gli impegni in Champions League, in Supercoppa Italiana, dove vengono battuti dai bianconeri ai rigori, in Supercoppa Europea, vinta contro il Porto che a maggio sarebbe poi diventato Campione d’Europa, e la Coppa Intercontinentale, persa ancora una volta ai rigori con il Boca Juniors. Il Diavolo non ha dunque un percorso rilassante da affrontare ma, ciò nonostante, in Serie A tutto fila liscio anche dopo le momentanee dimissioni, datate 21 dicembre 2003, di Silvio Berlusconi a causa della legge sul conflitto d’intesse, poiché era al tempo anche Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il duello con la Roma di Capello e il tricolore numero 17
Il nuovo anno si apre con la sfida di andata all’Olimpico tra Milan e Roma, vinta meritatamente per 2-1 dai rossoneri grazie ad un’azione splendida di Manuel Rui Costa che serve un cioccolatino solo da scartare a Shevchenko, il quale insacca il gol del secondo vantaggio dopo il pareggio a tempo scaduto a fine primo tempo dei giallorossi di Capello. Altra tappa fondamentale è il derby del 21 febbraio 2004, soprannominato come “La rimonta perfetta”, in cui il Diavolo sotto di due reti riesce a rimontare l’Inter; iconica è diventata l’esultanza di Carlo Pellegatti sul terzo gol del Milan segnato da Clarence Seedorf, il famosissimo “Effetto Serra”. I rossoneri si ritrovano dopo questa vittoria con il morale altissimo e con sette punti di vantaggio sulla Roma, prima inseguitrice.
Nei mesi successivi il Milan, nonostante la rocambolesca eliminazione nei quarti di finale di Champions League per mano del Deportivo La Coruna, si rende autore di un ruolino di marcia ottimo, che lo traghetta in maniera molto tranquilla, alla sfida Scudetto del 2 maggio, valida per la terzultima giornata di Serie A: il match di ritorno contro la Roma. A San Siro, la squadra di Fabio Capello sa che non ha altri risultati a parte la vittoria se vuole ribaltare le sorti di questo campionato, mentre i rossoneri di Carlo Ancelotti scendono in campo forti delle certezze acquisite sul campo durante tutta la stagione. Il Diavolo vince 1-0 grazie alla rete di Sheva dopo 80 secondi (ancora una volta, dopo Weah con la Juventus, un gol rapido e decisivo) e conquista così la matematica certezza di aver vinto il suo 17° tricolore; la festa avviene all’ultima giornata, in occasione di Milan-Brescia.
Nel compiere questa cavalcata storica, il Milan ha conquistato anche vari record: con 82 punti segna il massimo punteggio mai raggiunto da una squadra nel campionato a 18 squadre con 3 punti per vittoria, pareggia il record di 11 vittorie fuori casa su 18, chiude con il maggiore vantaggio sulla seconda classificata e, soprattutto, vince il maggior numero di scontri diretti con le concorrenti. Anche a livello personale i giocatori rossoneri si tolgono parecchie soddisfazioni: Shevchenko è il capocannoniere della Serie A con 24 reti e chiude quarto al pallone d’oro 2003, con Paolo Maldini terzo. Infine, il figliol prodigo Kakà si rende autore del suo primo gol con il Milan nel derby d’andata, che diventa perciò iconico per i tifosi come quello di ritorno. La stagione 2003/04 è sicuramente da ricordare per chi ha il rossonero nel cuore.