Era il 2 agosto del 2004 quando la VII sezione del Tribunale di Napoli dichiarò il fallimento della Società Sportiva Calcio Napoli, i cui debiti ammontavano a quasi 79 milioni di euro. Dopo 78 anni di storia, compiuti proprio il giorno prima, spariva così una delle società più importanti del panorama calcistico italiano. Fondato nel 1926, il club aveva vissuto il periodo più glorioso a cavallo degli anni ’90 quando, guidato da Diego Armando Maradona, vinse due Scudetti, una Coppa Italia, una Coppa UEFA e una Supercoppa Italiana.
La dichiarazione di fallimento diede il via ad un mese di agosto infuocato, in cui esplosero divergenze e contese sia sull’assegnazione del titolo sportivo della fallita società sia sulla categoria in cui il nuovo Napoli avrebbe dovuto militare. Mentre per il CONI e la FIGC il Napoli avrebbe dovuto disputare il campionato di Serie C1, secondo il Tribunale ed il curatore fallimentare le regole avrebbero consentito l’iscrizione in B.

Napoli, l’approdo del deus ex machina De Laurentiis
In quelle settimane concitate, svariati imprenditori, tra cui il patron dell’Udinese Pozzo, manifestarono un interesse più o meno concreto alla rifondazione della società e pure numerosi protagonisti della scena politica furono coinvolti nella querelle; si registrò persino l’intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi che raccomandò: “Si faccia tutto per aiutare il Napoli, nel rispetto delle regole”. Il colpo di scena definitivo arrivò ad opera del produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis, che il 31 agosto arrivò a Napoli da Capri in motoscafo e offrì 31 milioni di euro per il nuovo Napoli in C1.
La proposta del produttore romano venne accettata e la curatela fallimentare del Tribunale di Napoli assegnò a lui il titolo sportivo del club partenopeo: il 6 settembre 2004 Aurelio De Laurentiis diventò, quindi, presidente del Napoli Soccer, società che subentrò alla fallita SSC Napoli e venne iscritta al campionato di terza serie. “Sono felice, si realizza un sogno – furono le parole a caldo di De Laurentiis – Prometto un calcio divertente, come i miei film. In cinque anni voglio riportare il Napoli in Europa”.

Napoli, Marino e Reja: gli artefici della risalita
Per la ricostruzione del club venne ingaggiato come direttore generale Pierpaolo Marino, che aveva già ricoperto il ruolo di direttore sportivo nel Napoli di Maradona tra il 1984 e il 1987. L’inizio di stagione fu travagliato: la nuova società dovette fare i conti persino con la mancanza di campi di allenamento e di palloni. Anche i risultati in campionato non erano entusiasmanti: il tecnico Gian Piero Ventura fu esonerato e a guidare la squadra in panchina arrivò Edy Reja. Il tecnico goriziano aprì un ciclo vincente e nell’arco di pochi anni condusse la compagine partenopea dalla C1 all’Europa.
Il salto di categoria, però, non arrivò subito: nella prima stagione del nuovo corso, gli azzurri raggiunsero la zona play-off, classificandosi terzi in classifica, ma persero poi la finale disputata contro l’Avellino. L’anno successivo il Napoli dominò, invece, il campionato, conseguendo la promozione in serie B il 15 aprile 2006 nella partita contro il Perugia. Per la stagione 2006/2007 il club partenopeo riacquistò la vecchia denominazione di SSC Napoli: gli uomini di Reja chiusero quel campionato al secondo posto dietro la Juve e conquistarono la promozione in Serie A il 10 giugno 2007.
In tre anni di presidenza, Aurelio De Laurentiis riuscì, così, a riportare il Napoli a calcare i campi del massimo campionato. Furono tanti i protagonisti in maglia azzurra di quella doppia promozione: primo fra tutti l’attaccante Emanuele Calaiò, soprannominato l’arciere, che per entrambe le stagioni fu il miglior marcatore della formazione partenopea. Anche il pampa Roberto Sosa entrò nel cuore del tifosi napoletani, sia per le sue importanti marcature sia perché fu il primo calciatore tesserato del nuovo Napoli.

Il Napoli di Hamsik e Lavezzi va in Europa
Per la prima stagione in Serie A del club partenopeo, che mancava dalla massima serie dal 2001, il direttore Marino portò alla corte di mister Reja due giovani calciatori che hanno legato a doppio filo il proprio nome alla maglia del Napoli e che all’ombra del Vesuvio hanno visto crescere considerevolmente il valore del proprio cartellino. Il primo rispondeva al nome di Marek Hamsik, centrocampista slovacco, proveniente dal Brescia, che ha disputato dodici stagioni con i partenopei, sei delle quali indossando la fascia di capitano, e che detiene ancora oggi il record di presenze con la maglia azzurra.
L’altro capolavoro sportivo ed economico del direttore partenopeo fu Ezequiel Lavezzi, centravanti argentino soprannominato El Pocho, che ha indossato la maglia napoletana in 188 occasioni realizzando 48 reti. Dopo cinque stagioni il nazionale albiceleste fu venduto al PSG per circa 30 milioni di euro, consentendo alla società di De Laurentiis di realizzare una plusvalenza di quasi 25 milioni.
Trascinati anche dalle reti dei due giovani acquisti e capitanati dal napoletano doc Paolo Cannavaro, gli azzurri chiusero l’annata 2007/2008 all’ottavo posto: tale piazzamento consentì ai partenopei di partecipare nella stagione successiva alla Coppa Intertoto. Superando al terzo turno di tale torneo i greci del Panionios, il Napoli ottenne poi il lasciapassare per disputare l’edizione 2008/2009 della Coppa UEFA, a distanza di quattordici anni dall’ultima apparizione nelle coppe europee.

Napoli, l’era Mazzarri: arriva il primo trionfo
Nel corso del 2009 il Napoli si separò prima dal tecnico Edy Reja, sollevato dall’incarico nel mese di marzo, poi dal direttore generale Pierpaolo Marino, che nel settembre seguente interruppe il proprio rapporto con il club di De Laurentiis durato cinque anni. Dopo un breve intermezzo in cui sulla panchina partenopea sedette Roberto Donadoni, nell’ottobre 2009 venne chiamato ad allenare gli azzurri Walter Mazzarri, reduce dalla buona esperienza alla guida della Sampdoria.
Dopo il sesto posto ottenuto nel 2010, la consacrazione per il tecnico toscano arrivò nella stagione 2010/2011, che i partenopei chiusero in terza posizione, ottenendo la qualificazione alla Champions League. L’ultima partecipazione alla massima competizione europea per club risaliva alla stagione 1990/1991, quando nel Napoli militava ancora Maradona. Protagonista indiscusso della formazione di Mazzarri fu Edinson Cavani, giunto in estate dal Palermo: l’attaccante uruguaiano andò a comporre un tridente stellare con Hamsik e Lavezzi e realizzò 33 reti stagionali, affermandosi come miglior marcatore azzurro.

La stagione 2011/2012 passò alla storia come quella del primo trofeo della presidenza De Laurentiis. Se da un lato gli uomini di Mazzarri sfiorarono il passaggio ai quarti di finale di Champions League, dall’altro percorsero sino in fondo il cammino in Coppa Italia: nella finale di Roma, disputatasi il 20 maggio 2012, il Napoli superò la Juventus per due a zero, con reti di Cavani su rigore e Hamsik. Il club partenopeo ritornò, così, a vincere un trofeo, a distanza di 22 anni dalla Supercoppa Italiana conquistata nel 1990, sempre contro la Juventus e con in campo ancora il Pibe de Oro.

Napoli, il biennio targato Benitez: trofei e fuoriclasse
Nell’ultima annata di Mazzarri sulla panchina del Napoli, gli azzurri arrivarono secondi in campionato, anche grazie alle 29 reti di Cavani, che si laureò capocannoniere del torneo. Per la stagione 2013/2014 la squadra venne affidata alla guida di Rafael Benitez, già allenatore di Liverpool, Inter e Chelsea. Nel mercato estivo il tecnico spagnolo fu privato proprio del bomber uruguaiano, che venne ceduto al PSG per 64 milioni di euro: a fronte di ciò, tuttavia, la società arricchì la rosa di tre elementi, tutti attaccanti, destinati a scrivere la storia dell’SSC Napoli: Callejon, Higuain, Mertens.

Lo spagnolo José Maria Callejon fu prelevato dal Real Madrid per circa 9 milioni di euro: ha vestito la maglia partenopea per sette anni, totalizzando 349 presenze e 82 reti. Insieme a lui dalle merengues arrivò pure l’argentino Gonzalo Higuain. El Pipita ha disputato in azzurro tre stagioni straordinarie in cui ha realizzato 91 reti totali e ha vinto un titolo di capocannoniere con 36 reti in 35 partite, superando il record di goal in una sola stagione detenuto da Nordahl.
Un capitolo a parte merita il belga Dries Mertens che, giunto per circa 10 milioni dal PSV, ha disputato nove stagioni con la casacca del Napoli, facendone la sua seconda pelle. L’attaccante classe 1987 si è integrato perfettamente nella dimensione partenopea, conquistando l’affetto della tifoseria napoletana che lo ha ribattezzato “Ciro“. A sancire il legame indissolubile con il capoluogo campano, il nazionale belga ha dato proprio il nome Ciro al suo primo figlio. Dopo aver indossato la maglia azzurra per 397 volte, realizzando 148 goal, Mertens si è trasferito al Galatasaray la scorsa estate.

Erano, quindi, numerose le frecce all’arco di mister Benitez: tra queste vi era pure il giovane Lorenzo Insigne, cresciuto nelle giovanili del Napoli prima e con i precetti di Zdenek Zeman poi. Nei due anni alla guida del Napoli, il tecnico spagnolo ottenne un 2° e un 3° posto in campionato, vinse una Coppa Italia il 3 maggio 2014, sconfiggendo in finale la Fiorentina per 3 a 1, e conquistò una Supercoppa Italiana il 22 dicembre 2014, superando la Juventus ai calci di rigore nella finale disputatasi a Doha (Qatar).

Napoli, la scommessa di Sarri: bel gioco ma zero titoli
Nell’estate 2015 il club di De Laurentiis decise di scommettere su un tecnico emergente, il quale aveva esordito nel massimo campionato soltanto l’anno prima. A Castel Volturno approdò Maurizio Sarri che, dopo molti anni di gavetta nelle serie minori, si era fatto notare in Serie A sulla panchina dell’Empoli. Tifoso del Napoli sin da bambino, nato nel capoluogo campano da un operario toscano che lavorava a Bagnoli, Sarri aveva lasciato il lavoro da impiegato in banca all’età di 43 anni, scegliendo come unico mestiere quello che avrebbe fatto anche gratis, ovvero l’allenatore.

Come lui stesso dichiarò, dall’esperienza in banca ha imparato il valore dell’organizzazione e della capacità decisionale. Proprio l’organizzazione di gioco e gli schemi furono caratteri distintivi del suo Napoli, in cui si affermarono come nuovi protagonisti il centrocampista brasiliano naturalizzato italiano Jorginho e il difensore senegalese Kalidou Koulibaly, che ha disputato 8 stagioni coi partenopei divenendo idolo incontrastato della tifoseria.

Costruzione della manovra a partire dal portiere, palla a terra e inserimento della mezz’ala sono solo alcuni dei concetti applicati nel gioco spettacolare di Sarri, che ha persino dato luogo a un neologismo. Il Sarrismo, secondo il Vocabolario Treccani, è “la concezione del gioco propugnata dall’allenatore Maurizio Sarri, fondata sulla velocità e la propensione offensiva”. Una visione del calcio fondata sulla ricerca della bellezza, sulla considerazione che il gioco viene prima del risultato.
Ed i risultati, o meglio, i trofei, per il Napoli del Comandante non arrivarono. Nelle prime due stagioni il tecnico toscano chiuse il campionato rispettivamente al 2° e al 3° posto; il grande rammarico, tuttavia, fu legato alla stagione 2017/2018, l’ultima della gestione Sarri, quando, dopo essersi laureata campione d’inverno, la formazione partenopea cedette il passo alla Juventus e si piazzò seconda in Serie A con il punteggio record di 91 punti.

Napoli, Gattuso succede ad Ancelotti: arriva un altro trionfo
Sulla panchina azzurra per la stagione 2018/2019 fu chiamato a sedere il plurititolato Carlo Ancelotti, con l’obiettivo di far compiere al Napoli il definitivo salto di qualità. Le aspettative della dirigenza partenopea furono, però, disattese e nel dicembre 2019 il mister di Reggiolo fu esonerato. Per sostituirlo fu ingaggiato Gennaro Gattuso, suo ex giocatore ai tempi del Milan e reduce da un’esperienza di allenatore proprio sulla panchina rossonera.

Sotto la guida dell’ex centrocampista della Nazionale, il Napoli conquistò la sesta Coppa Italia della sua storia, superando ai calci di rigore la Juventus nella finale di Roma del 17 giugno 2020. La stagione successiva si concluse senza infamia e senza lode per il club campano, ma è degna di nota poiché rappresentò quella dell’esordio in maglia azzurra di Victor Osimhen. L’attaccante nigeriano, proveniente dal Lille, alla sua prima annata coi partenopei andò subito in doppia cifra in campionato, realizzando 10 reti in 24 presenze.

Napoli, l’avvento di Spalletti: tra speranze e perplessità
Il 29 maggio 2021 il presidente De Laurentiis ufficializzò dal suo profilo Twitter il nuovo allenatore del club campano. Si trattava di Luciano Spalletti, allenatore fermo da due anni e vincitore, tra l’altro, di due Coppe Italia sulla panchina della Roma e di due campionati russi alla guida dello Zenit San Pietroburgo. A rinforzare l’organico a disposizione del tecnico toscano, arrivò dal Fulham il roccioso centrocampista camerunense André Anguissa. Il Napoli concluse la prima stagione dell’era Spalletti al terzo posto in campionato, che significò il ritorno dei partenopei in Champions League.

Il calciomercato dell’estate 2022, che ha disegnato la rosa partenopea per la stagione in corso 2022/2023, risultò in uscita quasi traumatico per la tifoseria azzurra, considerato che diedero addio al club partenopeo tre bandiere e pilastri come Kalidou Koulibaly, Lorenzo Insigne e Dries Mertens. Nella casella degli acquisti figuravano, invece, tra gli altri, il talento georgiano Khvicha Kvaratskhelia, l’attaccante argentino figlio d’arte Giovanni Simeone, il difensore sudcoreano Kim Min-jae e il nazionale italiano Giacomo Raspadori.
Tanto i supporter campani quanto gli addetti ai lavori nutrivano forti perplessità in merito alla stagione dei partenopei, dopo una campagna acquisti che aveva annoverato partenze eccellenti e arrivi con l’onere della prova. Pure i bookmakers non avrebbero scommesso sui partenopei: ad agosto, infatti, la vittoria dello Scudetto da parte del Napoli era quotata tra 12 e 15.

Napoli, verso la gloria in Serie A
Il cammino degli uomini di Spalletti, invece, è cominciato subito forte tanto in campionato quanto in Champions League. Partita dopo partita il tecnico toscano ha creato una macchina quasi perfetta che comanda il gioco sui campi di calcio italiani ed europei, e ha trasformato in punti esclamativi tutti i punti interrogativi della scorsa estate. Oggi 14 marzo, quando mancano 12 partite alla fine del campionato, il Napoli guida la classifica di Serie A con 68 punti, diciotto in più della seconda in classifica, e, dopo la vittoria di Francoforte contro l’Eintracht, è a un passo dalla qualificazione ai quarti di finale di Champions.

La stagione attuale, che potrebbe concludersi con la vittoria di un titolo, lo Scudetto, che manca a Napoli dai tempi di Maradona, rappresenta probabilmente l’acme della presidenza di Aurelio De Laurentiis. Dopo la rifondazione avvenuta ad opera dell’imprenditore romano nel 2004, il club partenopeo è progressivamente cresciuto fino a divenire oggi una delle compagini più forti ed economicamente più solide in Italia e in Europa: una parabola ascensionale che è cominciata in Serie C1 e che potrebbe registrare, fra qualche mese, un epilogo glorioso. Mancano, ormai, pochi passi… Ai tifosi non resta che sperare.