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“Il più bravo in assoluto con il quale ho giocato? Careca. Ma tra gli italiani non c’è dubbio: Bruno Giordano. Il più sudamericano tra quelli che sono nati nel vostro paese”. Così Diego Maradona eleva in maniera indelebile uno dei più grandi calciatori di quella generazione, una delle più forti della storia del calcio. Insieme ai grandi Bruno Conti, Michel Platini e Paulo Roberto Falcao c’era infatti anche lui, una stella che forse avrebbe potuto vincere molto di più nella sua carriera.
Il ragazzo di Trastevere è stato uno dei talenti più puri di tutto il panorama italiano a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, anni speciali per il Bel Paese che verranno sempre ricordati per la vittoria del Campionato del Mondo del 1982 ma anche per lo scandalo Totonero che influenzò indelebilmente la sua carriera. Ciò nonostante il suo istinto per il gol e la sua tecnica da numero 10 lo rendono ancora oggi uno dei migliori giocatori della storia della Lazio e del Napoli, con cui riesce a laurearsi Campione d’Italia in quella magica sera del 10 maggio 1987.
Da Trastevere alla realizzazione con la Lazio
Bruno Giordano nasce nella Capitale il 13 agosto 1956, precisamente nel quartiere di Trastevere. Molto vicino alla sua abitazione stanzia la statua del noto filosofo Giordano Bruno ma soprattutto il ragazzo di fede laziale cresce in un ambiente che è composto quasi unicamente di tifosi della Roma. Fin dalla sua infanzia però il ragazzo ha il carattere giusto per non sprofondare in quello che in quegli anni era certamente uno dei quartieri meno tranquilli dell’Urbe. Per farsi rispettare in quelle vie serve carattere, ma serve anche la testa per non intraprendere la strada sbagliata.
L’educazione della sua famiglia e la sua passione per quel pallone preso a calci da mattina a sera e a metà degli anni Sessanta, all’età di 13 anni, arriva la grande chiamata. Henrique Flamini sente parlare di questo ragazzo scorbutico che però ci sa fare con i piedi, così decide di andare lui stesso a vederlo all’oratorio Don Orione, dove tutto è partito. Il Flaco è un ex giocatore che in quel momento lavora come osservatore niente meno che della Lazio, proprio la squadra del cuore di Bruno. È l’inizio della sua storia d’amore con i colori biancocelesti, durata 16 anni.
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Dopo 6 anni di giovanili il nuovo tecnico della prima squadra Giulio Corsini capisce immediatamente che ha di fronte molto più di un giovane promettente e decide di dargli fiducia fin da subito. Il 5 ottobre 1975 inizia il campionato di Serie A e alla prima giornata i capitolini giocano in casa della Sampdoria. Come in un film al 90′ proprio Giordano trova di rapina la rete della vittoria, la sua prima delle tante firme della sua carriera. Il giorno seguente la stampa non ha dubbi: “È nata una stella”.
Il titolo di capocannoniere e lo scandalo scommesse
Nella stagione 1976 il ragazzo del quartiere diventa il padrone della maglia numero 9, che prima di lui decorava la schiena di Giorgio Chinaglia, una leggenda della Lazio che in quell’estate di calciomercato si trasferì negli States per giocare con i New York Cosmos. L’eredità è pesante ma Giordano ha le spalle abbastanza possenti per reggerla e diventa in poco tempo il simbolo di una nuova era. La società dell’allora presidente Umberto Lenzini non è più una squadra di prima fascia ma anzi lotta per non retrocedere in Serie B.
La stagione 1978/1979 è quella della consacrazione. Infatti grazie alle 19 resti siglate in campionato conquista il titolo di capocannoniere della Serie A e viene riconosciuto come uno degli attaccanti italiani più forti. Ne è la conferma la sua prima convocazione nell’Italia 2 volte campione del Mondo che arriva proprio durante quest’annata. Nel giro di un anno però tutto crolla drasticamente. Già criticato per le accuse di frequentare persone e giri poco raccomandabili, il 23 marzo 1980 il mondo sembra abbandonarlo. Le forze dell’ordine irrompono in vari stadi per arrestare gli accusati di calcioscommesse e tra questi ci sarebbe anche l’idolo dei tifosi biancocelesti.
Tutto il Paese venne sconvolto dal dramma della falsificazione delle partite, per le quali paga la peggior sanzione proprio la squadra dell’aquila che venne punita con la retrocessione. Giordano invece, nonostante l’assoluzione da parte della giustizia ordinaria, quella sportiva conferma la condanna, che consiste in una squalifica dai campi di gioco di 3 anni e 6 mesi. Così in pochissimo tempo passa da essere riconosciuto come il prototipo dell’attaccante moderno (parole di Johan Cruijff) all’essere escluso dai 23 che conquistano il trofeo più prestigioso l’11 luglio 1982 battendo la Germania Ovest 3-1.
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La risalita e la chiamata del Napoli
Se il ragazzo se la passa male, la sua squadra non è da meno. La Serie B è il colpo di grazia per una società che vive alcuni degli anni peggiori della sua storia. Grazie alla vittoria dei Mondiali le squalifiche vengono ridotte e Giordano può far di nuovo difendere i suoi colori nella stagione 1982/1983. Nonostante si sia allenato da solo per due anni la voglia di rimettersi in gioco e la sua forza diventano l’arma in più per la conquista della promozione. Giordano mette a segno 18 gol in campionato dimostrando a tutti che è tornato e che non vuole più fermarsi. Con la Lazio gioca altre due stagioni ma nel 1985 nemmeno lui riesce ad evitare la seconda retrocessione nel campionato cadetto.
I 108 gol con la squadra romana gli valgono la chiamata in una delle piazze più in ascesa in quel momento, il Napoli del presidente Corrado Ferlaino. I partenopei hanno appena concluso la prima stagione dell’era Maradona senza grandi squilli ma allo stesso tempo hanno messo le basi per quello che sarà il successo del 1987. Dopo anni relegato nelle zone basse della classifica finalmente Bruno ha l’occasione di mettere tutto il suo talento al servizio di una squadra che può lottare per qualcosa di più grande.
Lo scudetto e la MaGiCa
All’ombra del Vesuvio la sua carriera prende un’impennata non da poco e alla prima stagione conquista i nuovi tifosi siglando 10 reti in 25 apparizioni. Il Napoli si piazza terzo in classifica alle spalle della Juventus e della Roma ma le sensazioni che si possa fare qualcosa di storico sono già forti nel cuore della gente e degli esperti. Nel corso di quell’annata torna ad essere parte del gruppo della Nazionale ma non riesce ad essere parte della spedizione del 1986, una ferita aperta nel suo cuore.
Se con l’azzurro dell’Italia le cose non vanno come vorrebbe, con quello del capoluogo campano il discorso è completamente diverso. La fiducia in lui è tanta, specialmente quella di Maradona che già l’avrebbe voluto compagno di squadra al Barcellona. Il destino ha però voluto che le loro strade si incrociassero nel momento decisivo delle loro carriere. All’alba della stagione 1986/1987 Diego si è preso il pianeta conquistando in Messico la Coppa del Mondo e probabilmente il titolo di calciatore più forte di tutti i tempi.
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Oltre a Bruno e al Pibe de oro l’attacco del Napoli vanta Andrea Carnevale, che riesce a coesistere perfettamente con gli altri due componendo il tridente rinominato MaGiCa e che sarà decisivo nella conquista del titolo. Una delle partite più importanti di quello storico campionato è sicuramente la vittoria dopo 29 anni in casa della Vecchia Signora vera rivale per il titolo, sfida nella quale Giordano è protagonista con una grande rete.
La cavalcata dei partenopei è inarrestabile e trova la sua fine il 10 maggio, quando al San Paolo agli uomini di Ottavio Bianchi basta il pari 1-1 contro la Fiorentina per coronare il sogno scudetto di Ferlaino e di tutti i tifosi sparsi per il mondo. Come tutti i suoi compagni Bruno entra nella leggenda e vince il primo titolo della sua carriera, al quale si aggiungerà anche la Coppa Italia.
Il triste epilogo del 1988
Non basta certamente un’estate per smaltire l’euforia di un momento leggendario come il primo scudetto e all’inizio della nuova edizione della Serie A gli azzurri si sentono ancora più forti grazie all’acquisto del brasiliano Antonio de Olivera Filho detto Careca. Il nuovo attaccante prende il posto in campo di Carnevale, fondando la nuova versione della MaGiCa. Sebbene tutti si aspettino che Giordano possa segnare di più grazie al nuovo arrivato, la realtà dei fatti è diversa. Il ragazzo ha ormai 31 anni e sembra che inizi a dare i primi segnali di “vecchiaia”.
Quella stagione verrà ricordata per la clamorosa rimonta del Milan che nelle ultime giornate strappò lo scudetto dalle mani del Napoli, che accusa la stanchezza fisica ed alcuni problemi interni allo spogliatoio. Tra gli accusati del “suicidio” ci sarebbe proprio Bruno, accusato di essere stato uno dei 4 giocatori che avrebbero fatto ammutinamento nei confronti dell’allenatore.
Il presidente decide anche per questo di fare alcuni cambiamenti nella sessione di calciomercato del 1988 e tra i sacrificati c’è pure l’ex stella della Lazio al quale viene riferito che non sarebbe più uno dei membri più importanti della rosa. Per quello che è sempre stato il suo carattere e per quelle che sono sempre state le sue convinzioni, decide che è meglio concludere la sua esperienza nel Golfo.
Gli ultimi anni da calciatore e la carriera d’allenatore
Giordano non può accettare un ruolo da riserva e decide di continuare ad essere un protagonista anche se in squadre di minor blasone. I suoi ultimi anni da giocatore si dividono tra l’Ascoli e il Bologna prima del ritiro che avviene nel 1992. I numeri sono impressionanti: 171 gol in 456 presenze, realizzati per più della metà in una squadra che lottava per la salvezza e i restanti in una squadra che girava al centro del Diez per eccellenza. Soltanto un anno dopo aver appeso le scarpini al chiodo inizia la sua carriera da allenatore, nella quale però non riesce a raggiungere gli stessi straordinari risultati di quella da calciatore.