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Noi, esseri umani, ci differenziamo dagli altri organismi per la facoltà, la capacità di poter pensare. Ciò ci spinge a voler governare il mondo con la razionalità, a spiegare le ragioni di ogni accaduto. Ma spesso dobbiamo fare i conti con l’irrazionalità, l‘illogicità dei fenomeni perché non esiste una legge universale che ci impone di dover trovare obbligatoriamente una risposta a tutto, a dover trovare le sue cause. A volte accadono. Forse è destino, un qualcosa a cui o credi oppure no. Nell’antichità, gli dei erano coloro che decidevano le sorti degli umani, le battaglie terrene, come quella tra Achille ed Ettore. Ma non è sempre stato cosi. Nell’Iliade, Ulisse e i suoi compagni conoscevano il proprio fato, si complicano da soli il loro viaggio per alcune scelte dettate dalla loro ampia curiosità, che li porta ad affrontare continue avventure, spesso mortali e tragiche. Alcuni componenti del gruppo di Odisseo perdono la vita per aver ucciso i buoi cari del dio Sole, nonostante il divieto di cui erano a conoscenza, peccando di hybris, tracotanza, perché il destino dipendeva da loro.
Anche il Napoli aveva in mano lo Scudetto del 1987/88, il destino, il futuro dipendeva solo dalle loro prestazione. Il titolo navigava tranquillamente verso il capoluogo meridionale, ma alla fine cambiò rotta verso Nord, per un’inaspettato naufragio degli azzurri. Ai nastri di partenza, il club campano si presentava con i favori dei pronostici dalla sua parte, data la conquista del primo Scudetto nella stagione precedente. Quel trionfo permise al gruppo partenopeo di acquisire maggior sicurezza e consapevolezza, caratteristiche che si intravedono nella prima parte di stagione, prima di lasciare spazio a qualcosa di inimmaginabile, di insospettabile.
L’esordio in Coppa dei Campioni: sfida contro il Real Madrid
Quel meraviglioso successo portò anche all’esordio del club azzurro nell’élite del calcio europeo, prendendo parte per la prima volta alla Coppa dei Campioni, l’attuale Champions League. Il sorteggio mise Maradona e compagni contro il blasonato club spagnolo, il Real Madrid, regalando al mondo campano un match dal fascino particolare, che solo questa competizione può dare. I Blancos si assicurarono il passaggio del turno con la vittoria dell’andata per 2-0 tra le mura amiche, nonostante un Santiago Bernabeu vuoto.
Al ritorno, i partenopei erano chiamati all’impresa, con il supporto dei 90000 spettatori del San Paolo, pronti a trascinare i propri ragazzi. Pronti e via, arriva subito la rete dell’illusione con Francini, riportando gli uomini di Bianchi ad una sola rete di distanza. Il primo tempo sembra chiudersi su questo risultato, ma a pochi secondi dal termine, Butragueno realizza la rete del pari, che spezza l’entusiasmo dei padroni di casa. Infatti, il pareggio vuol dire di aver bisogno di tre gol in 45 minuti, missione impossibile contro i Galacticos, anche se hai in squadra Diego Armando Maradona. Il match rimane invariato nella ripresa, sancendo l’eliminazione del club campano. Tra gli spalti c’è delusione, ma i tifosi applaudono la squadra azzurra all’uscita in campo, riconoscendo gli sforzi compiuti.
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Il Napoli si proclama Campione d’Inverno: Scudetto ipotecato
Il Napoli è una squadra micidiale nella prima parte di stagione, sicura della propria forza, e mostra tutta l’intenzione di volersi riconfermare Campione d’Italia. La squadra di Bianchi disputa un’ottimo girone d’andata, caratterizzata da ben 11 vittorie, 3 pareggi e solo una sconfitta in casa del Milan. Ciò permette ai partenopei di laurearsi Campione d’Inverno. Questo vuol dire nulla nel calcio perché fin quando l’opera non è finita, tutto può accadere. Però, il rendimento degli uomini di Bianchi non lascia presagire a qualcosa di errato, a cui si aggiunge una certa distanza dal Milan, secondo in classifica con 5 punti in meno. All’epoca, in Serie A, ogni vittoria valeva due punti, non tre come nel sistema in vigore, dunque si trattava di un ottimo margine dall’avversario.
Anche le prime cinque giornate del ritorno confermano la potenza strabiliante del Napoli, mettendo cinque vittore di fila in altrettanti match tra il mese di gennaio e febbraio. Alla ventesima giornata di campionato, i partenopei avevano accumulato ben 35 punti, meglio della Juventus del record dei 51 punti, la quale ne aveva uno in meno a questo punto della stagione. Tutto sembrava filare liscio all’interno del gruppo, non c’era nessun segnale di negatività e il secondo Scudetto sembrava ormai ipotecato. Ma la storia del calcio ci insegna che non bisogna mai dare nulla per scontato, bisogna aspettare sempre il fischio finale dell’arbitro, in questo caso, l’aritmetica. Perché il Milan non mollava la presa, e manteneva aperta la lotta al titolo.
Napoli, non solo crollo fisico: il dissidio tra giocatori e tecnico
Appena entrati in primavera, il glorioso club italiano, il Napoli, cominciava a rallentare il proprio percorso. Prima la caduta tra le mura amiche per mano della Roma, successivamente il pareggio contro l’Empoli. Questi furono i primi due segnali del calo di condizionato dei giocatori campani, che nel frattempo avevano il fiato sul collo a causa dell’avvicinamento del Milan in classifica. Questo crollo fisico si spiegò con il fatto che la preparazione pre-stagionale era stata compiuta prima dei tempi abituali in vista dell’impegno europeo contro il Real Madrid. Più tardi, la vittoria sull’Inter fece respirare momentaneamente il club azzurro, ma i rossoneri si avvicinarono ancor di più nelle seguenti due giornate di campionate, a causa di altri due passi falsi dei partenopei.
Oltre ad un stato di condizione gracile, altri fattori determinarono il peggioramento di rendimento del Napoli. Infatti, i giocatori furono protagonisti di un ammutinamento nei confronti del tecnico Bianchi, con cui non c’era un rapporto idilliaco. Inoltre, si rimproverava all’allenatore il mancato sostegno nel momento di difficoltà, in cui i risultati venivano meno. Uno dei leader del gruppo azzurro era il portiere Garella, il quale lesse un comunicato davanti ai giornalisti per spiegare la situazione interna allo spogliatoio: «Premesso che siamo professionisti seri e che nessuno questo può negarlo, a seguito della situazione che si è venuta a creare, noi riteniamo giusto chiarire la nostra posizione. La squadra è sempre stata unita e l’ unico problema è il rapporto mai esistito con l’allenatore, soprattutto nei momenti in cui la squadra ne aveva bisogno. Nonostante questo gravissimo problema, la squadra ha risposto sul campo sempre con la massima professionalità. Di questo problema la società era stata preventivamente informata. Firmato: I giocatori del Napoli». Con questa grana complessa, si arriva al tanto atteso match contro il Milan.
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Napoli-Milan, la fine: il sorpasso dei rossoneri
Il Milan si presenta a questa partita in condizioni perfette e ha l’occasione di poter sorpassare il Napoli in classifica, dopo aver assottigliato le distanze ad un unico punto. Ad inizio stagione, il presidente dei rossoneri Berlusconi decise di rinnovare la rosa, portando a Milano giocatori di spessore, quali Gullit e van Basten. In aggiunta si registrò l’arrivo di Arrigo Sacchi in panchina, il quale diede un sistema di gioco innovativo al Diavolo, rivolto maggiormente alla fase offensiva che a quella difensiva. Nonostante il periodo di crisi, quel 1 maggio 1988 gli azzurri erano sostenuti da 83000 persone allo Stadio San Paolo, tutte presenti per trascinare i propri beniamini. D’altronde, quella partita valeva il titolo, mancavano solo tre giornate al termine del campionato.
La prima frazione si chiude in parità: 1-1. Il Milan passa in vantaggio con Virdis, ma allo scoccare del 45 minuto, Maradona pennella una punizione meravigliosa, a cui non si può opporre Giovanni Galli. Purtroppo per i tifosi azzurri, non è il Diez l’uomo fuori dall’ordinario quel giorno, ma gioca tra le trafile dei rossoneri: Ruud Gullit. Il calciatore olandese trascina la squadra verso la vittoria nella ripresa con due assist: il primo per Virdis, il secondo per van Basten al termine di una cavalcata fulminea, lasciando gli avversari sul posto. Nel finale, gli uomini di Bianchi riaprono il match con Careca, ma l’assedio successivo non porta l’esito sperato. Il club campano deve arrendersi, i due punti vanno al Diavolo, che vola al primo posto in classifica. Nei rimanenti turni di campionato, il club rossonero va incontro a due pareggi, ma gli azzurri non ne hanno più. La benzina era finita: arrivano altre due sconfitte contro Fiorentina e Sampdoria, che consegnano lo Scudetto al Milan.
Napoli, le maldicenze sullo Scudetto: il totonero
Molti si sono posti delle domande in merito al crollo del Napoli nel finale di campionato, cercando una giustificazione in fattori esterni. Infatti, girava voce che il calo di rendimento fosse dovuto a delle minacce da parte della camorra. L’organizzazione mafiosa governava il giro di scommesse clandestine: il totonero. La conquista dello Scudetto 1986/87 del Napoli aveva fatto saltare il banco al gruppo criminale, il quale sperava in un mancato secondo trionfo da parte degli azzurri. Infatti, nell’anno seguente si moltiplicarono le puntate sui partenopei di nuovo Campioni d’Italia. Questa cospirazione prese corpo con la confessione di un pentito, Pietro Pugliese, le cui parole vennero messe a verbale nel 1994. A ciò seguirono lunghe indagini, che non trovarono responso, ritenendo inattendibile le sue dichiarazioni. In realtà si trattò semplicemente di una crisi di risultati, il quale influenzò il cammino del club campano nel finale di campionato.
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Come il Napoli anche Odisseo naufragò, ma trovò rifugio nell’Isola di Ogigia, dove rimasse per lunghi sette anni. Tuttavia alla fine egli chiuse il suo cerchio, approdando nella sua amata patria, Itaca, con l’aiuto dei Feaci e portò al termine il suo nostos, malgrado tutte le sofferenze e le perdite. Gli azzurri alzarono bandiera bianca in quel anno dolceamaro. Infatti quella rosa viene considerata la squadra più forte mai esiste nella storia di questo magico club, ma non aveva raccolto nessun successo. Tuttavia, la società campana era pronta ad una nuova sfida, sempre contro il Milan, per riprendersi la rivincita in quella successiva. La lezione era stata imparata.