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Dopo una lunga quanto ottima carriera da giocatore, nella quale ci ha regalato tante giocate indimenticabili come il famoso “colpo della foca”, Marco Nappi prosegue la sua carriera all’interno del rettangolo verde. Oggi, dopo l’esperienza in Cina, è l’allenatore dell’Arzachena, squadra che milita in Serie D. Marco Nappi è intervenuto ai nostri microfoni per raccontarci la sua esperienza in Sardegna, e non solo. Tra i tanti temi affrontati ci ha dato il suo parere riguardo la situazione dell’Italia di Roberto Mancini, reduce dalla mancata qualificazione diretta a Qatar 2022. In mezzo anche un giudizio su due sue ex squadre, Genoa e Fiorentina, impegnate in due sfide complicate durante il prossimo turno di Serie A.
Italia Mundial?
Cosa ne pensi delle ultime prestazioni dell’Italia, e in particolare della partita di ieri? Quanto chances ci sono di andare al Mondiale?
“Parlando da tifoso, un po’ di delusione c’è. Si sapeva che la partita di ieri sarebbe stata complicata, anche perché l’Irlanda del Nord non prende mai gol in casa, e ieri ha confermato l’ottima abitudine. Hanno giocato molto chiusi, con cinque difensori, e noi non abbiamo avuto la forza di mettere in difficoltà la loro retroguardia. L’Italia aveva giocatori molto rapidi che potevano mettere in difficoltà la difesa avversaria, ma non abbiamo avuto la forza fisica. Quando gli spazi si chiudono la mancanza di un uomo d’area diventa determinante, ieri ci è mancato uno alla Luca Toni, ma anche lo stesso Immobile. Abbiamo comunque un’altra possibilità, speriamo di centrare l’obiettivo a marzo”.
Le ultime due sfide contro Svizzera e Irlanda del Nord sono state caratterizzate dagli infortuni. C’è un reparto che ti è sembrato più in emergenza degli altri oppure è stato un problema generale?
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“Di assenze ne avevamo tante, ma penso che più di tutto abbiamo sbagliato l’approccio alla partita, in particolare contro la Svizzera. Loro ci hanno fatto gol subito mettendoci in difficoltà, poi l’episodio del rigore sbagliato da Jorginho fa parte del calcio. Non serve addossare la colpa sui singoli, che siano Jorginho o Mancini, dobbiamo ricordarci da dove siamo arrivati. Abbiamo vinto un Europeo dove non partivamo assolutamente favoriti, nel quale avevamo tirato fuori tutta la nostra voglia e la nostra grinta. Dispiace perché avevamo la possibilità di festeggiare subito la qualificazione, ma noi italiani siamo abituati al sacrificio“.
Secondo te, a differenza dell’Europeo, il fatto di dover vincere per forza ha influito negativamente? L’Italia ha sofferto il peso del pronostico?
“Non credo, io se sono campione non vedo l’ora di entrare in campo e dimostrare quanto valgo. A mio modo di vedere il peso di essere campioni non esiste, anzi, dovrebbe essere un aspetto positivo. Il fatto di essere campioni d’Europa dev’essere uno stimolo maggiore, e darti la forza per riconfermarti anche al Mondiale. Credo che il vero problema dell’Italia sia la rosa poco profonda. In difesa non vedo due alternative concrete a Bonucci e Chiellini, sia per quanto riguarda il futuro che nell’immediato. Davanti non abbiamo l’attaccante che ti risolve la partita, come potevano essere Toni, Baggio, Vialli o Paolo Rossi. Non abbiamo ricambi, e questo è dovuto soprattutto al fatto che non sviluppiamo al massimo i settori giovanili. I nostri giovani fanno fatica a emergere e in Nazionale, con tutto il rispetto, abbiamo assistito a questo. Ci sono ragazzi giovani, come può essere per esempio Raspadori, che devono ancora maturare tanto e non possiamo addossargli il peso di sostituire un giocatore importante come Immobile“.
Genoa, Fiorentina e lotta Scudetto
Quale idea ti sei fatto dopo le prime 12 giornate? C’è già una favorita per lo Scudetto?
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“Il Napoli mi ha convinto sin dall’inizio, ha dimostrato di essere sin da subito una squadra competitiva e può giocarsi qualcosa di importante. Anche il Milan sta facendo un campionato incredibile, nonostante il Covid e i vari infortuni. Pioli e il Milan hanno dato una grande dimostrazione di forza e, nel caso dovessero uscire dalle competizioni europee, daranno tutto in campionato. Le altre ci sono ma fanno un po’ più di fatica, la Roma su tutte, nonostante abbia un grande allenatore. Mourinho mi piace moltissimo per quel che riguarda la gestione del gruppo. Poi in Serie A si disputano due campionati, uno per lo Scudetto e l’altro per la salvezza”.
A proposito di salvezza, parliamo di una squadra dove hai giocato per diverso tempo e alla quale sei rimasto molto legato, il Genoa. Secondo te Shevchenko è stata la scelta giusta? Che idea ti sei fatto di lui nel corso degli anni e durante l’esperienza da CT dell’Ucraina?
“Shevchenko lo conoscevo già da avversario, e in campo non si discuteva. Con l’Ucraina non ha fatto male, ma in Serie A è diverso. Genova è una delle piazze più belle al mondo, sia per giocare che per allenare, ma è anche molto importante ed esigente. Non sarà facile. Sheva, come tutti gli allenatori, non ha la bacchetta magica. Dovrà cercare di trasmettere le sue idee di gioco alla squadra, poi serviranno anche dei rinforzi a gennaio, perché la rosa del Genoa è alquanto limitata“.
Il cambio di proprietà può dare una scossa alla squadra?
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“Mi auguro di si, iniziando dal mercato, spero riesca ad acquistare giocatori importanti. Come detto Genova è molto esigente, ma è anche una piazza che ti da tutto. È giusto che i tifosi ritornino a sognare qualcosa di più prestigioso, non accontentandosi solo della salvezza. Preziosi ha dato tanta tranquillità ma iniziava a sentire il peso delle contestazioni, legate ai risultati. A questi livelli il percorso di una società si basa tutto sui risultati”.
Hai giocato anche alla Fiorentina, come giudichi la squadra dopo l’arrivo di Vincenzo Italiano?
“Ha trasmesso sin da subito la sua idea di gioco, impostando una squadra molto propositiva e sempre all’attacco, a volte rischiando anche qualcosa in più. Ha dei difensori molto veloci, che gli permettono di aggirare al meglio il contropiede avversario. Italiano ha portato grande entusiasmo a Firenze, ma come ho detto prima tutto dipenderà dai risultati. Sono quelli che portano energia ed entusiasmo alla squadra. Purtroppo tante volte un allenatore lavora bene, dando il massimo, ma gli episodi e i risultati ti condizionano. La Fiorentina era partita molto bene, mentre adesso sta facendo un po’ fatica, ma questo è normale. Col passare del tempo le squadre iniziano a conoscerti e preparano delle contromosse, Italiano dovrà essere bravo a contraccambiare con altre idee e mettere la squadra in condizione di vincere”.
Questa settimana ci saranno due match molto importanti, Fiorentina-Milan e Genoa-Roma. Che tipo di partite ti aspetti?
“La Fiorentina gioca in casa, e questo è senza dubbio un punto a suo favore, ma il Milan ha dimostrato di essere una squadra molto solida. Sicuramente sarà una bellissima partita, aperta a ogni risultato. La Fiorentina ha i giocatori giusti per poter mettere in difficoltà il Milan, anche se i rossoneri sono una squadra giovane che va molto forte. Il Genoa dovrà essere bravo a sfruttare il fattore campo, oltre che l’entusiasmo generato dall’arrivo di Shevchenko. Battere il Genoa in casa è sempre molto difficile poi, statisticamente parlando, contro la Roma ha sempre fatto grandi partite“.
Dal “colpo della foca” all’Arzachena
Sei diventato famoso anche per il bellissimo “colpo della foca” fatto nel 1990, durante le semifinale di andata di Coppa UEFA, contro il Werder Brema. Ci racconti cosa passa nella testa di un giocatore in quel momento? È stato semplice istinto o c’era dell’altro?
“È stato un gesto tecnico che mi è riuscito solo a me, e mi tengo stretto questo primato (ride ndr)… Nonostante non ci fossero ancora i social è un gesto che ha fatto il giro del mondo. Quando ero all’Udinese Baldo e Sensini mi raccontavano che in Argentina, nella sigla delle trasmissioni sportive, c’era il mio palleggio di testa. È stato molto istintivo come gesto, anche se ero perfettamente consapevole di quello che stavo facendo. Volevo portare la palla lontano dalla nostra area di rigore il più velocemente possibile, perché mancava pochissimo alla fine della partita. Ho cercato di correre il più veloce che potevo per difendere il risultato, visto che con lo 0-0 saremmo andati in finale. Alla fine sono riuscito a conquistarmi anche il fallo. È stata una giocata bella, strana e molto utile“.
Delle tante piazze nelle quali hai giocato in carriera, quale ti è rimasta più a cuore?
“In primis Genova, perché è la mia città, dove ho la mia famiglia. Ma in generale mi sono rimaste tutte nel cuore. Firenze, Bergamo, Ravenna, Arezzo… Spesso i tifosi mi ricordano i bei periodi della mia carriera e questo è mi rende molto orgoglioso, perché capisco di essere rimasto anch’io nel cuore di quelle piazze”.
Passando alla tua carriera da allenatore, una delle prime esperienze è stata in Cina, al Beijing BSU. Che tipo di esperienza è stata? In futuro, ritorneresti in Cina qualora arrivasse una proposta importante?
“È stata fantastica, sia dal punto di vista professionale che da quello privato. È un popolo molto accogliente, mi sono trovato molto bene con tutti, con i miei ex giocatori e con lo staff siamo ancora in contatto. Mi hanno insegnato un po’ della loro lingua, anche se è difficile. Sono stati fantastici nei miei confronti ed è andata anche molto bene dal punto dei vista dei risultati. Con la squadra del college siamo arrivati secondi, e questo mi ha aperto le porte dell’accademia federale, dove poi ho allenato l’under 17 del Beijing BSU. Sono ritornato in Italia per un periodo di vacanza e dopo l’emergenza Covid-19 non sono più ripartito. Futuro in Cina? Ci ritornerei volentieri, perché è stata un’esperienza bellissima, ma per adesso mi godo l’Arzachena“.
Come procede l’avventura alla guida dell’Arzachena?
“Benissimo, faccio parte di una società stupenda. Qui ci sono tutti i presupposti per fare bene, abbiamo una squadra giovane ma anche importante. Al mio fianco ho un direttore sportivo molto bravo come Antonello Zucchi, mi sta appoggiando in tutto e per tutto. Per un allenatore avere questo tipo di sostegno da parte della società è molto importante, fa ben sperare per il futuro. Qui all’Arzachena abbiamo tutto per far bene, dalle strutture ai rapporti umani, il mio dovere è quello di valorizzare tutto questo”.
Ci sono allenatori che ti hanno influenzato più di altri nel corso della tua carriera? Da chi di loro hai tratto più ispirazione?
“Come allenatore cerco sempre di seguire le mie idee calcistiche. Tra i tanti, due allenatori su tutti mi sono rimasti impressi, per la loro bravura. Il primo è Franco Scoglio, mentre il secondo è Giovanni Vavassori. Entrambi mi hanno dato tanti spunti utili per iniziare la mia carriera, sia da calciatore che da allenatore. In generale cerco di seguire le mie idee, che sono il frutto della mia esperienza da calciatore e del confronto con i vari allenatori, e cerco di trasmettere tutto ai miei giocatori. In particolare cerco di dare consigli ai più giovani, spiegando loro che per fare i calciatori bisogna sacrificare qualcosa. Per me il calcio è sacrificio“.