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È risaputo, gli Stati Uniti sono perlopiù un conglomerato di etnie che lo rendono un paese adatto alla vita di chiunque indipendentemente dalle origini. Una delle comunità più grandi presenti in America è senza dubbio quella italiana, ben 19.000.000 di cui 1.500.000 oriundi. La moltitudine di italo-americani è dovuta come ben sappiamo alla migrazione avvenuta a cavallo tra gli anni ’20 e ’30. Di li in poi si è avuto uno sviluppo importante per la comunità italiana, tanto da arrivare popolare interi quartieri, come la famosa Little Italy. Nonostante gli anni trascorsi, la perfetta integrazione ed i tanti importanti incarichi svolti dagli italostatunitensi, per molti americani noi italiani restiamo famosi e tristemente collegati alla mafia, agli spaghetti, al mandolino ed alla pizza. Stereotipo cresciuto anche per via di personaggi famosi, di fantasia e non, come Al Capone, Tony Soprano, Vito Corleone eccetera. Tutto x
Al di là dei pregiudizi relativi ai luoghi comuni è innegabile che gli italiani in America abbiano avuto ruoli importanti in diversi ambiti. Dalla politica, alla ristorazione, alla musica, al cinema, alla scienza e nello sport. Tra la voce all’olio d’oliva di Frank Sinatra, le superbe capacità recitative di Robert De Niro, Al Pacino e Nicolas Cage, le regie grandiose di Francis Ford Coppola e Martin Scorsese, al telefono di Meucci e le scoperte sulla radioattività di Fermi. Gli italiani hanno sempre avuto le capacità di distinguersi e di contribuire a rendere ancora più grande un paese che grande lo è già.
In ambito sportivo sono diversi campioni italoamericani: Rocky Marciano e Jake La Motta nella boxe, per non parlare degli italiani che hanno e continuano a ben figurare nel mondo del basket. Sono state, nel corso degli anni, ben 12 le scelte al draft NBA che hanno avuto come protagonisti degli atleti italiani o italostatunitensi. Nonostante il mondo della National Basketball Association sia sempre stato ritenuto il gradino più alto nel gioco della pallacanestro nonché il campionato per eccellenza rispetto agli altri del resto d’Europa e del mondo, noi italiani abbiamo scritto la storia anche li.
Mike D’Antoni, il primo cestista italiano a giocare in NBA
Ad aprire le porte agli atleti italiani nel mondo del basket statunitense è stato Mike D’Antoni. Primo vero giocatore italiano della NBA dei mostri sacri. Mosse i primi passi nella Marshall University e fu la 20esima scelta assoluta del draft del lontano 1973. Furono i Kansas City-Omaha Kings, gli attuali Sacramento Kings, a sceglierlo e a dargli la possibilità di calcare i parquet americani. Nel ’74 D’Antoni venne inserito nell’ALL-NBA Rookie Second Team, ma nonostante il buon rendimento mostrato nel suo anno da rookie, l’attuale vice allenatore dei Brooklyn Nets si trasferì prima agli Spirits of St. Louis, squadra militante nella ABA e successivamente ai San Antonio Spurs con cui disputò solo 2 partite. Dopo un avvio molto positivo la carriera NBA di D’Antoni si chiuse definitivamente nel ’76, un anno dopo tornò in Italia all’Olimpia Milano con cui scrisse alcune pagine importanti della storia della squadra.
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Andrea Bargnani, il Mago che ha stregato Toronto
È il 2006 e al draft di quell’anno sta per succedere una cosa che resterà nei libri dei record azzurri, il talento della Benetton Treviso, Andrea Bargnani diventa il primo giocatore italiano ed europeo ad essere selezionato al primo giro assoluto al draft NBA. La sua avventura a stelle e strisce comincia con i Toronto Raptors. La partenza è a rilento e Bargnani mostra chiare difficoltà di adattamento, difficoltà che però il numero 7 riesce a superare ed il suo rendimento cresce in modo progressivo. Contro i Magic, tocca quota 23 punti battendo cosi il record di Vincenzo Esposito (18) per il maggior numero di punti seganti da un italiano. Nei suoi primi due anni, vince per due volte consecutive il premio di Rookie of the month e viene nominato per la partita dell’All Star Game tra i rookie ed i sophmore. I suoi 7 anni in Canada, Bargnani li passa affrontando alti e bassi, tra infortuni e concorrenza nel ruolo viene messo sempre più a margine del roster.
Prima dell’addio definitivo ai Raptors, Andrea eredita il ruolo di capitano della squadra da Chris Bosh, in direzione Miami per raggiungere Wade e LeBron, e nel dicembre del 2010 mette a segno, al Madison Square Garden, il suo career high con ben 41 punti, 7 rimbalzi e 6 assist. Dopo le parentesi con i Knicks e i Nets, Bargnani chiude definitivamente la sua esperienza in NBA facendo ritorno in Europa dove passa l’ultimo anno prima del ritiro definitivo, con la maglia del Saski Baskonia.

Marco Belinelli: l’azzurro più vincente in NBA
Indubbiamente il cestista italiano che ha maggiormente lasciato il segno nella NBA è Marco Belinelli. Selezionato dai Golden State Warriors con la pick numero 18 al draft del 2007. Il suo anno da rookie si rivela avaro di soddisfazioni. Il suo utilizzo è limitato, ma complici diversi infortuni dei compagni, il Beli trova finalmente più spazio nel suo anno da Sophmore. Nonostante le buone prestazioni fatte registrare di li in poi, nel 2009 raggiunge il connazionale Bargnani ai Toronto Raptors, avventura che però non va per il meglio e dopo appena un anno si trasferisce ai Pelicans (all’ora Hornets).
Hornets e Bulls, l’inizio del successo
Qui la musica cambia e Marco diventa titolare in pianta stabile, contribuendo in modo significativo al miglior inizio di stagione nella storia della squadra. Dopo l’arrivo di Eric Gordon, nella trade che ha portato Chris Paul ai Clippers, l’avventura di Belinelli a New Orleans sembra giunta al capolinea ma ancora una volta la fortuna lo arride e gli infortuni della neo arrivata guardia lo fanno tornare titolare. Gli Hornets chiuderanno ultimi in classifica ma l’azzurro ben figurerà quando chiamato in causa. Nel 2012 passa ai Chicago Bulls, pur non partendo in quintetto, Marco disputa un’ottima stagione e riesce a ritagliarsi uno spazio importante all’interno della squadra. Con la casacca dei Bulls scrive un piccolo pezzo di storia diventando il primo italiano a superare il primo turno dei playoff.
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I San Antonio Spurs, la vittoria dell’anello e la consacrazione
Nel luglio del 2013 passa ai San Antonio Spurs e pochi mesi dopo già si mette in mostra mettendo a segno 28 punti in 29 minuti. Gli anni passati in Texas sono fondamentali nella sua carriera e gli consentiranno infatti di togliersi parecchie soddisfazioni a livello personale. Nel 2014 infatti viene selezionato per prendere parte all’NBA Three-point Shootout dell’All Star Game, che vince battendo Bradley Beal, diventando il primo italiano a vincere la gara da tre punti. Record che si aggiungerà a quello di primo italiano a vincere una NBA Conference e a raggiungere le Finals. Anno, il 2014, davvero magico che culminerà con la vittoria dell’anello dopo il 4-1 inflitto dagli Spurs agli Heat. Belinelli diventa cosi il primo, e fin’ora unico, italiano a vincere il Larry O’ Brien Trophy. Negli anni a seguire vestirà la maglia dei Sacramento Kings, degli Charlotte Hornets degli Atlanta Hawks, dei Philadelphia 76ers e di nuovo dei San Antonio Spurs prima di fare ritorno in Italia alla Virtus Bologna.

Datome e Melli, due desaparecidos in NBA ma campioni in Italia
Tra i diversi giocatori che hanno militato nella NBA pochi si ricorderanno di Luigi, Gigi, Datome e Nicolò Melli. Entrambe le avventure sui parquet americani sono state brevi: il primo fece registrare 55 presenze in regular season e 3 nei playoff con le casacche dei Boston Celtics e dei Detroit Pistons. Per il secondo invece 105 presenze rs e 3 ai playoff con i New Orleans Pelicans ed i Dallas Mavericks. Se negli States la loro parentesi è passata pressoché inosservata, entrambi in Italia ed in Europa hanno dato spettacolo mettendo in mostra le loro vere capacità.

Gallinari e Mannion, opposti ma simili
Uno dei cestisti italiani più apprezzati in NBA è sicuramente Danilo Gallinari. Partito sotto la guida di uno che ha fatto da capostipite per gli italiani nel basket USA, Mike D’Antoni, allora coach dei New York Knicks. I suoi tre anni nella Grande Mela vengono condizionati dai problemi alla schiena che lo terranno fuori per diversi mesi. Ma nonostante questo riesce ad arrivare All Star Game. Nel 2011 passa ai Denver Nuggets dove finalmente riesce a trovare la sua dimensione e a dimostrare le proprie capacità. Gli anni a Denver sono fondamentali per la crescita del Gallo. Dopo le parentesi brevi con i Clippers e i Thunder viene spedito agli Atlanta Hawks dove ancora una volta ben figura, contribuendo in modo significativo all’ottimo andamento della squadra. Nel 2022, Gallinari passa ai Boston Celtics con cui spera di arrivare a giocarsi l’anello.
Mannion ed un futuro ancora tutto da scrivere
Se Gallinari, come tutti gli altri sopracitati cestisti azzurri, ha cominciato la propria carriera in Italia per poi raggiungere la vetta dell’NBA, per Niccolò Mannion il percorso è stato inverso. Nico pur essendo nato a Siena passa la maggior parte della vita in America dove incanta dapprima con la casacca della Pinnacle High School e successivamente con quella degli Arizona Wildcats. L’impatto di Mannion sul parquet è di quelli che non si dimenticano, nella stagione 19-20 viene inserito nel First Team All Pac-12 Conference ed è tra i candidati per la vittoria del Wooden Award e del Naismith Trophy. Trascina i Wildcats alla vittoria della Wooden Legacy e viene nominato MVP della competizione. Alla fine della regular season viene inserito nell’All Pac-12 Second Team e nell’All Freshman Team.
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Traguardi che spingono i Golden State Warriors a puntare su di lui al draft 2020, nel quale viene scelto con la pick numero 48. L’esperienza in NBA però non va come ci si aspettava, Mannion ha difficoltà ad inserirsi in una squadra di campioni come Steph Curry, Draymond Green e Klay Thompson. Nonostante viene utilizzato pochissimo da Coach Kerr, Nico cerca sempre di farsi trovare pronto ma non basta. Viene spedito in D-League dove gioca con la casacca dei Santa Cruz Warriors, lo scopo è quello di permettergli di crescere e trovare la propria dimensione. Ad appena un anno dal suo debutto lascia la NBA per tornare in Italia firmando per la Virtus Bologna sperando di imparare qualcosa e rimettersi in sesto, sfortunatamente il parquet lo vede molto poco a causa di un brutto infortunio. Pur avendo passato soltanto un anno in NBA, l’obiettivo è quello, come il Gallo, di tornarci e restarci. Le possibilità le ha ed il talento anche.

Paolo Banchero, The Italian Boy scrive la storia
Se Mike D’Antoni è stato il primo italiano a giocare nella NBA, Bargnani il primo ad essere chiamato al primo giro assoluto del draft, da quest’anno c’è un altro italiano che ha scritto un altro importante pezzo di storia: Paolo Banchero. “The Italian Boy” è stato infatti scelto dagli Orlando Magic con la prima scelta assoluta al draft 2022, ribaltando tutti i pronostici, che lo volevano terzo, e diventando il primo azzurro ad essere chiamato con la number one pick nella storia NBA. Pur non essendo nato in Italia, Paolo ottiene la cittadinanza grazie alle proprie origini, il padre Mario infatti è figlio di immigrati liguri, e dall’estate prossima indosserà la casacca azzurra della Nazionale.
La passione di Banchero per il basket gli viene trasmessa dalla madre, ex cestista WNBA, e si sviluppa dapprima alla O’Dea High School e poi alla Duke Univeristy sotto la guida del leggendario Coach K. I suoi numeri sono impressionanti, chiuderà con 17,2 punti, 7,8 rimbalzi e 3,2 assist di media, tanto da attirare le attenzioni di LeBron James il quale elogia su Twitter l’ex Blue Devil. Il destino di Paolo Banchero sembra essere già scritto, farà grandi cose, e se a dirlo sono due come il King e Coach K non può che essere cosi.
Matteo Spagnolo e Gabriele Procida
Nella notte che ha incoronato Paolo Banchero, l’Italia è stata protagonista con altri due atleti, Gabriele Procida e Matteo Spagnolo. Rispettivamente 36ª scelta dei Detroit Pistons e 50ª dei Minnesota Timberwolves, entrambe al secondo giro. Nonostante la chiamata al draft 2022, il futuro dei due cestisti azzurri non sarà in NBA. Sia i Pistons che i T’wolves sembrano intenzionati a concedere ad entrambe le loro pick almeno un altro anno in Europa cosi da consentirgli di crescere, maturare e prepararsi al meglio.