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Footballnews24.it > Basket > NBA, il power ranking della Western Conference: Warriors al top, Nuggets sorpresa
Basket

NBA, il power ranking della Western Conference: Warriors al top, Nuggets sorpresa

Il power ranking della western conference di NBA in vista della nuova stagione: tra favorite, sorprese, squadre in rebuilding e contender

Tommaso Marazzi
Tommaso Marazzi  - Autore 4 mesi fa
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29 Min di lettura
NBA Western Conference
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Indice
Golden State Warriors al topDenver Nuggets e Los Angeles Clippers le outsiderPhoenix Suns chiamati al riscattoMemphis Grizzlies per la confermaDoncic al centro di Dallas Timberwolves e il comeback delle twin towersPrima i play-in poi spazio ai sogni per Lakers e Pelicans Kings e Blazers alla ricerca del playoff perdutoThunder e Rockets tra rebuilding e crescita del talento NBA, dalle ceneri del fallimento ai troppi interrogativi: Utah Jazz e San Antonio SpursIl power ranking della Western Conference

Manca sempre meno all’inizio della nuova stagione di NBA 2022-2023 e il modo migliore per avvicinarsi alla fatidica data del 18 ottobre è quello di dare un’occhiata alla situazione delle 30 franchigie che scenderanno sul parquet e si daranno battaglia per conquistare l’anello. La regular season di NBA si aprirà con lo scontro attesissimo tra Golden State Warriors e Los Angeles Lakers, antipasto di quella che si preannuncia una stagione incredibile. Vero che gli infortuni avranno il loro peso nel corso della stagione, così come le dinamiche all’interno dello spogliatoio e le trade nel periodo invernale.

Leggi anche: NBA, spendere per vincere funziona: il caso dei Golden State Warriors

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L’idea del power ranking è quella di avere una panoramica di ogni squadra: dalle ambizioni all’obiettivo concreto, dall’analisi dello stile di gioco a quella dei giocatori chiave e dei prospetti da tenere sotto osservazione fino ai dubbi che possono nascondersi dietro al progetto stagionale di una franchigia. D’altronde, la NBA è caratterizzata da sempre da un’incidenza fondamentale degli infortuni, come quello di Gallinari, che possono stravolgere anche le più rosee aspettative e ambizioni. Nella Western Conference si prospetta una lotta a tre per la testa della classifica in regular season, con i Golden State Warriors favoriti, mentre per i playoff ci sarà bagarre tra almeno quattro franchigie e attenzione alle possibili sorprese provenienti non solo tra le contender ma anche da chi almeno per ambizione ha come obiettivo il play-in.

Stephen Curry MVP Finals

Golden State Warriors al top

Un tempo nel mondo del calcio si diceva “squadra che vince non cambia” eppure nell’universo della palla a spicchi questo assunto non sempre funziona ed è realizzabile. Il riferimento va chiaramente alla franchigia campione NBA 2022, quei Golden State Warriors di Steph Curry e compagni che ogni anno riscrivono la storia e che anche per la prossima stagione saranno la squadra da battere. L’obiettivo è certamente quello di raggiungere ancora una volta le NBA Finals, dopo avervi preso parte per 6 volte nelle ultime 8 stagioni vincendo per 4 volte il Larry O’Brien Championship Trophy. Una dinastia che rimarrà negli annali, con Klay Thompson e Draymond Green nel ruolo di scudieri di Curry, che tenterà l’assalto a quel quinto anello che significherebbe – se ancora non è abbastanza – iscrivere in maniera indelebile il proprio nome tra le leggende di questo sport.

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Eppure qualche dubbio c’è e riguarda la squadra che avrà a disposizione coach Steve Kerr: via giocatori solo in apparenza marginali e dall’apporto fondamentale, quali Otto Porter jr, Gary Payton II, e dentro il progressivo inserimento della nuova generazione, ovvero di giovani dal talento cristallino come Jonathan Kuminga, Moses Moody e l’oggetto misterioso nonché seconda scelta al draft del 2020 James Wiseman. Sarà quindi la ricerca di un nuovo equilibrio tra next gen e old school il vero obiettivo – e interrogativo – attorno agli Warriors, con coach Kerr che dovrà creare la giusta alchimia per continuare a scrivere pagine di storia e far sognare ancora una volta i tifosi dei Golden State Warriors.

Golden State Warriors vs Denver Nuggets
Golden State Warriors vs Denver Nuggets

Gli Warriors, però, dovranno vedersela con avversari di livello e quest’anno non mancheranno le soprese nella Western Conference. Forse non tutti saranno d’accordo con questo power ranking ma considerato il talento a disposizione non è così assurdo considerare Denver Nuggets e Los Angeles Clippers come le principali contender. Il motivo è presto detto. Da una parte la franchigia del Colorado può puntare sul due volte MVP Nikola Jokic autore di un ottimo Eurobasket, pur non riuscendo a trascinare la sua Serbia oltre gli ottavi di finale, e soprattutto sui ritrovati Jamal Murray e Michael Porter jr. Se a questi si aggiungono Aaron Gordon e il neo arrivato Kentavious Caldwell-Pope, oltre all’impatto dalla panchina di Bruce Brown e al talento di Bones Hyland pronto a consacrarsi, allora si prospetta un roster davvero interessante, ricco di qualità, talento, equilibrio e davvero pericoloso per le avversarie.

Kawhi Leonard, Clippers
Kawhi Leonard, Clippers

Denver Nuggets e Los Angeles Clippers le outsider

Per i Nuggets sembra tutto fin troppo semplice sulla carta se non fosse per due dubbi: le condizioni fisiche reali di Murray e Porter jr, al rientro da infortuni lunghi e destabilizzanti e soprattutto l’assenza di esperienza nel giocarsi le partite che contano davvero. Come la storia della NBA ben racconta, i playoff sono quasi uno sport diverso dalla regular season e serve qualcosa in più per avere successo e conquistare le tanto agognate Finals. Inoltre non va dimenticato che se in attacco i Denver Nuggets della bandiera Jokic appaiono inarrestabili, è la difesa a far tremare le certezze: la scorsa stagione è stata la 15° in regular season. Troppo poco per ambire al titolo, dato che ai playoff avanza – da sempre – chi riesce ad alzare il livello difensivo.

Gli stessi dilemmi – rientro dagli infortuni e poca esperienza ai playoff – se li portano dietro i Los Angeles Clippers: mai arrivati oltre le finali di conference nella loro storia (raggiunte nel 2021) e che devono fare i conti con i rientri a pieno regime delle proprie superstar. Se Paul George già nel finale della passata stagione aveva mostrato un buono stato di forma, il vero interrogativo ruota tutto attorno alle condizioni di Kawhi Leonard. Sulle spalle del due volte MVP delle Finals, infatti, sono riposte le speranze e le aspettative della stagione da parte della franchigia californiana. Leonard è l’ago della bilancia dei Los Angeles Clippers, il giocatore in grado di condizionare il percorso della squadra con le sue giocate e di concedere ai propri tifosi di sognare l’anello.

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D’altronde i Clippers hanno dimostrato di essere una squadra con una forte identità, emblema dell’impronta data da coach Tyronn Lue che ha trovato il giusto equilibrio e risultati positivi anche quando ha dovuto fare a meno delle proprie stelle. Inoltre i Los Angeles Clippers oltre Leonard al rientro possono contare su un roster davvero profondo, a differenza di altre contender, anche se sotto canestro c’è solo il centro Ivica Zubac: forse un rischio troppo grande da prendersi in una stagione che come sempre sarà lunghissima e piena di insidie. Chissà che coach Lue non tiri fuori dal cilindro dei quintetti bassi in grado di sopperire in maniera determinante a questa lacuna. Ad ogni modo, dopo una post-season non certamente entusiasmante, conclusa al primo turno per i Nuggets e addirittura ai play-in per i Clippers, alzare l’asticella verso altri obiettivi è quanto mai imperativo.

Phoenix Suns
Phoenix Suns

Phoenix Suns chiamati al riscatto

Chi ha davvero deluso e si sarà fatta un bagno di umiltà con ogni probabilità è la franchigia dell’Arizona: i Phoenix Suns di Chris Paul e Devin Booker che, dopo aver dominato la regular season conquistando il miglior record della lega e della propria storia, si sono sciolti come neve al sole proprio sul più bello. Per una squadra da molti indicata come finalista, se non vincitrice della NBA, l’uscita di scena in gara-7 contro i Dallas Mavericks – per altro subendo un clamoroso blow out davanti al proprio pubblico – è stato un serio campanello d’allarme per coach Monty Williams e i Phoenix Suns. Aver risolto la questione DeAndre Ayton in estate avrà certamente aiutato a tranquillizzare lo spogliatoio, ma questa stagione può rivelarsi quanto mai fondamentale.

Chris Paul non è eterno e nonostante i Suns giochino un basket bello da vedere ed efficace, specialmente in situazioni di clutch, quest’anno sembrano un passo indietro rispetto alle altre. Servirà una prova di carattere specialmente ai playoff, obiettivo minimo per una franchigia che darà battaglia per chiudere in una delle prime tre posizioni. La scorsa stagione i Phoenix Suns sono stati l’unica franchigia in top 5 sia per rendimento difensivo che offensivo, prima che il meccanismo s’inceppasse ai playoff. Ripetersi non sarà semplice e forse la sconfitta con i Mavs potrebbe aver lasciato qualche strascico.

Ja Morant
Ja Morant

Memphis Grizzlies per la conferma

Ambizioni alle stelle anche per i Memphis Grizzlies, squadra rivelazione della passata stagione. Sotto la luce dell’astro nascente Ja Morant ormai pronto ad esplodere e consacrarsi definitivamente, i Grizzlies sono una squadra molto giovane che ha dimostrato di saper giocare molto bene e di ottenere i risultati anche senza il proprio leader. Ed è proprio questo il primo punto fermo dal quale i Memphis Grizzlies possono e devono partire per fare ancora meglio questa stagione non dover dipendere esclusivamente da un giocatore è pressoché fondamentale. Lo stile di gioco adottato da coach Taylor Jenkins dimostra un approccio moderno alla pallacanestro e dopo un anno di esperienza maturato ai playoff, con l’eliminazione solo in semifinale da parte degli Warriors, questa squadra può davvero togliersi grandi soddisfazioni e diventare temibile per ogni avversario.

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Rimane solo un dubbio legato all’equilibrio che i Grizzlies dovranno trovare fintanto che il loro secondo miglior giocatore, nonché leader difensivo, non tornerà a disposizione: Jaren Jackson jr, infatti, sarà fermo ai box fino a Natale. Ad ogni modo, i Ja Morant (serio candidato al titolo di MVP) e compagni puntano in alto e quest’anno potrebbero davvero sorprendere se riusciranno a mantenere quell’umiltà e quella leggerezza, figlia della gioventù, che li ha resi grandi la passata stagione e che lo stesso Morant dovrà ritrovare – dimostrando magari più rispetto per chi a differenza sua ha già fatto la storia di questo sport – per puntare concretamente alle finali di conference.

Luka Doncic e Steph Curry
Luka Doncic e Steph Curry

Doncic al centro di Dallas

Obiettivo che, contro ogni pronostico, hanno raggiunto invece i Dallas Mavericks salvo poi concludere la propria marcia trionfale dinanzi alla superiorità degli Warriors. Senza ombra di dubbio il leader dei Mavs è Luka Doncic, star della Slovenia a Eurobasket che ha però dovuto raccogliere i cocci della fallimentare campagna con la sua nazionale e che certamente proverà a convertire la delusione in energia positiva per trascinare la franchigia texana. Via Jalen Brunson in direzione New York, ancora una volta tutte le responsabilità ricadono sul talento sloveno che, tanto per dare i numeri, per la terza regular season consecutiva ha registrato il 35% di usage.

Numeri da capogiro, che evidenziano nella dipendenza da Doncic un elemento non molto a favore di Dallas, complice anche il lentissimo pace dettato dai ritmi del numero 77. Per completare il tandem offensivo il front office gli ha deciso di affiancare Christian Wood, proveniente dagli Houston Rockets, anche se continuano a dominare le incertezze: una squadra che difende bene, specialmente con Doncic seduto in panchina, ma gioca e punta troppo sul tiro dall’arco e che con l’innesto di un altro centro come JaVale McGee potrebbe presentare spesso quintetti “alti”, oltre ad avere una sola stella sul parquet. Troppo poco per ambire davvero al titolo?

Rudy Gobert alla presentazione con i Timberwolves
Rudy Gobert alla presentazione con i Timberwolves

Timberwolves e il comeback delle twin towers

In realtà no, e per questo come la scorsa stagione l’obiettivo più razionale rimane l’accesso diretto ai playoff e un cammino fino alle semifinali di conference, salvo clamorosi exploit come la serie contro i Phoenix Suns. Andare contro ogni pronostico sta cominciando a piacere a Luka Doncic. E se lo sloveno punta a diventare il prossimo MVP non è da meno Anthony Edwards, sempre più leader dei Minnesota Timberwolves di Karl-Anthony Towns e Rudy Gobert, nuova coppia veramente da paura. Le due torri che promettono un impatto difensivo devastante sono l’arma in più di una squadra che ha in Edwards una macchina da canestri. Giusto mettere i T’wolves in lizza nella lotta per le prime sei posizioni anche se i dubbi permangono nel percorso ai playoff:

Il vero interrogativo concerne l’utilizzo di Towns, che verosimilmente lascerà a Gobert il ruolo di centro puro per essere libero di fare il 4 e potersi muovere anche sul perimetro (sfruttando le ottime doti realizzative dall’arco); in questo modo la sua capacità di difendere su avversari più rapidi sarà fondamentale. Cos’ come la poca esperienza e soprattutto la tenuta mentale, considerate le clamorose disattenzioni e i cali di tensione che hanno letteralmente rovinato la serie persa contro i Grizzlies al primo turno. Su questa crescita nella mentalità e sull’equilibrio da trovare in campo con Towns e Gobert poggiano le ambizioni di Minnesota che mai come quest’anno è una seria candidata a un ruolo di protagonista, forse anche a sorpresa dopo le ultime stagioni, sia regular season che in post-season.

James-Lakers
Lebron James, cestista dei Los Angeles Lakers

Prima i play-in poi spazio ai sogni per Lakers e Pelicans

E così passiamo alle posizioni che vanno dall’ottava alla decima. Fa specie trovarci i Los Angeles Lakers, considerati da tutti gli addetti ai lavori al primo posto del power ranking un anno fa e autori, al contrario, di una stagione imbarazzante e colma di difficoltà. La difficile situazione contrattuale di Russel Westbrook lega le mani e i margini di manovra del front office gialloviola che ha deciso di puntare nuovamente su Dennis Schroeder per risollevare le sorti dei Lakers. Al talento tedesco il compito di supportare LeBron James e Anthony Davis, dalle cui condizioni fisiche passa il successo o il fallimento (l’ennesimo) della stagione dei californiani. Al momento ci sono squadre che offrono maggiori garanzie, oltre a una fase difensive definibile tale, anche se certamente l’arrivo di Patrick Beverley garantisce un certo upgrade in difesa.

Per i Los Angeles Lakers i play-in possono rappresentare il purgatorio necessario per poi provare ad ambire al paradiso delle Finals, pur non potendo ad oggi considerare i gialloviola come una contender. Tuttavia, se risolto il dilemma tattico e manageriale della posizione di Westbrook, una volta ai playoff i Lakers possono comunque fare paura: trovarsi davanti un Davis in condizione e soprattutto James non è così semplice e talvolta l’esperienza e la capacità d’impatto di certi giocatori nei momenti cruciali può ribaltare ogni pronostico e rapporto di forza.

Zion Williamson, Pelicans
Zion Williamson, Pelicans

E proprio sulla forza, questa volta fisica e nel senso di esplosività, poggiano le proprie speranze i New Orleans Pelicans che finalmente dovrebbero ritrovare sul parquet Zion Williamson, investito del compito di portare i Pelicans verso grandi obiettivi. Una forza della natura e un talento fuori dal comune con il tallone d’Achille degli infortuni. Zion può essere il giocatore in grado di proiettare i Pelicans ai playoff e di mettere i bastoni tra le ruote a diverse contender. La continuità di rendimento del numero 1 sono il vero ago della bilancia per la stagione della franchigia della Louisiana.

Non va comunque sottovalutato il fatto che, da metà stagione, con l’arrivo di CJ McCollum – che si è subito ritagliato un ruolo da protagonista come scorer – e l’equilibrio trovato grazie a Jonas Valanciunas e Jose Alvarado i New Orleans Pelicans hanno dimostrato di poter giocare un basket molto intrigante. Se poi al quadro si aggiunge il talento, anche se spesso discontinuo, di un giocatore come Brandon Ingram allora è chiaro che questa squadra ha giustamente come obiettivo minimo i play-in. Nella sostanza, però, i Pelicans hanno tutto il potenziale per poter raggiungere i playoff anche in altro modo.

Damian Lillard, Portland Trail Blazers
Damian Lillard, Portland Trail Blazers

Kings e Blazers alla ricerca del playoff perduto

Proprio quei playoff che mancano dal lontano 2006 dalle parti di Sacramento. I Kings sono una franchigia che ogni anno pare perdere l’occasione di fare il salto di qualità, tra scelte errate al draft in maniera quasi diabolica e trade molto spesso difficili da spiegare e giustificare, come l’addio di un prospetto dal potenziale immenso – e in parte dimostrato – di Tyreese Haliburton. Dopo il mercato invernale il front office dei Kings ha lanciato lo slogan “win now“, che però si è rivelato un boomerang a livello di immagine considerando che la regular season si è conclusa ancora una volta con un record perdente di 30-52.

I punti di riferimento di un roster che può davvero rivelarsi interessante sono naturalmente Domantas Sabonis e De’Aaron Fox – primi violini di Sacramento – e non va sottovalutato l’arrivo di giocatori di qualità dall’arco come Kevin Huerter e Malik Monk e soprattutto di un rookie come Keegan Murray che ha davvero tutto per poter avere un impatto fin dalla prima stagione. Tuttavia bisogna capire se finalmente la squadra riuscirà a trovare la giusta alchimia in campo e una certa continuità di risultati per poter lottare quanto meno per un piazzamento in zona play-in. Non mancano i buoni propositi, ma servono scelte e prestazioni convincenti per passare dalla teoria ai fatti. E la storia recente insegna che dalle parti di Sacramento non è così immediato.

Situazione complicata, infine, anche in casa Portland Trail Blazers con un progetto di rebuilding che pare essersi fermato a metà. Complice l’infortunio dell’All-Star Damian Lillard, i Blazers avevano cominciato a smantellare il roster e accumulare asset a sufficienza per dare al proprio numero 0 dei compagni in grado di affiancarlo nella scalata verso il titolo. Tuttavia, a pochi giorni dall’inizio della regular season 2022, Lillard non può certo sorridere guardando al roster di Portland, ad oggi non contemplato per una lotta ai playoff e che potrebbe solo sperare in un passo falso dei Sacramento Kings per provare a strappare quanto meno la decima piazza che significa giocarsi due turni di play-in. L’unica nota positiva della scorsa, travagliata stagione è stata l’esplosione di Anfernee Simmons, anche se il suo talento unito a quello di Lillard – sempre che dimostrino di poter essere compatibili in campo, a proposito di situazioni da risolvere – appaiono oggi un’oasi in un deserto apparentemente senza fine.

Oklahoma City Thunder
Oklahoma City Thunder

Thunder e Rockets tra rebuilding e crescita del talento

Infine arriviamo a quella franchigie che, almeno ad oggi, sembrano e verosimilmente sono tagliate fuori dalla corsa per i piazzamenti che contano. Diversi i motivi, tra chi è in piena fase di rebuilding e chi sta cercando di completare un processo di maturazione dei propri talenti prima di dare l’assalto ai playoff. E proprio questa è la strada intrapresa ormai da un paio di stagioni dagli Oklahoma City Thunder che oltre ad aver trovato nel giovane Shai Gilgeous-Alexander il prossimo franchise-player, stanno sia facendo crescere di esperienza talenti del calibro di Josh Giddey, che ha dimostrato doti di playmaking fuori dal comune nonostante la giovane età, sia continuando a investire su prospetti alquanto interessanti come Chet Holmgren, scelta numero due al draft 2022, che però dovrà rinviare di un anno il suo approdo nella NBA con OKC a causa di un brutto infortunio. Stessa sorte, anche se ancora non sono noti i tempi di recupero proprio per la stella Gilgeous-Alexander.

Piani completamente da ridisegnare e progettare, quindi per i Thunder, che anche questa stagione potrebbero finire con l’accontentarsi di un buon piazzamento in ottica lottery e nel dare spazio e minuti – quindi continuità – a tutti quei giovani dalle inestimabili potenzialità con cui gli Oklahoma City Thunder si sono circondati. E a proposito di talenti che devono solo sbocciare il riferimento non può che andare agli Houston Rockets, che però sembrano ancora una volta in confusione.

Alperen Şengün, Houston Rockets
Alperen Şengün, Houston Rockets

Giusto puntare sulle scelte al draft ma, dopo aver sfiorato le NBA Finals con James Harden e dopo il fallimento del progetto che vedeva il Barba affiancato da Russel Westbrook, i Rockets hanno sostanzialmente smantellato la squadra per dare il via a un nuovo corso. Fino ad ora, tuttavia, sono state ben poche le note liete: aver risolto la questione contrattuale di John Wall – finito ai Clippers – ha consentito al front office di beneficiare di un più ampio margine di manovra, ma al momento non si vede la luce in fondo al tunnel. La speranza è che il record di 20-62 (l’ultimo della lega), con cui gli Houston Rockets hanno concluso la stagione scorsa diventi presto un lontano ricordo e non un’abitudine.

Tutto sembra essere nelle mani di Jalen Green, seconda scelta assoluta al Draft 2021, che nella seconda parte della stagione ha fatto intravedere quali sono le sue vere potenzialità viaggiando con una media di 22 punti a sera e quasi il 40% da tre punti. Un solo giocatore, tuttavia, non basta e se i Rockets vogliono tornare a giocare i playoff – e poi magari puntare ancora più in alto – allora urge un deciso cambio di rotta e accorciare i tempi di rifondazione di una franchigia che storicamente ha sempre lottato per obiettivi ben diversi da quelli della lottery.

NBA, i San Antonio Spurs di Gregg Popovich vincono ancora
NBA, i San Antonio Spurs di Gregg Popovich vincono ancora / Clutch Points

NBA, dalle ceneri del fallimento ai troppi interrogativi: Utah Jazz e San Antonio Spurs

Chi, invece, sta completamente ricostruendo la squadra sostanzialmente da zero sono gli Utah Jazz che dopo l’ennesima delusione ai playoff hanno deciso di chiudere un ciclo e ripartire dalle fondamenta dopo che sia gli uomini che la cultura di squadra – impersonata perfettamente nella figura di coach Quin Snyder – hanno abbandonato la nave. D’altronde il progetto dei Jazz è a tutti gli effetti naufragato nonostante ci fossero tutte le condizioni per fare bene. Giusto e condivisibile la scelta di cambiare dopo che hai dimostrato di poter dominare la regular season, giocare un basket semplice ed efficace, ma non riuscire a cogliere l’occasione di raggiungere quella finale di conference nel 2021 così paradossalmente a portata di mano e rimasta solo uno sbiadito sogno di mezz’estate.

Così, via il talento di Donovan Mitchell e la presenza dominante al ferro di Rudy Gobert, oltre ai preziosi e funzionali Joe Ingles e Bojan Bogdanovic per fare il pieno di scelte al draft e liberare spazio salariale. Sono diversi i giocatori degli Utah Jazz che hanno ancora mercato e che possono garantire ai Jazz altri asset con cui poter ripartire. La certezza è che la prossima stagione la franchigia dello Utah punterà verosimilmente più su un piazzamento da lottery, ovvero una delle ultime tre posizioni, che non sul mettere insieme in fretta e furia una squadra che difficilmente potrebbe lottare per raggiungere il play-in.

Traguardo che invece avevano raggiunto, a sorpresa, i San Antonio Spurs grazie alla stagione clamorosa di Dejounte Murray. Il talento dei nero-argento, tuttavia, è volato ad Atlanta per fare coppia con Trae Young lasciando così la franchigia texana in un grande dilemma. Al momento gli Spurs non hanno un roster giovane, di talento ma con limitata esperienza. Le prospettive di costruirvi una squadra da titolo, o almeno da playoff, sono però davvero irreali se consideriamo che con la partenza di Murray non c’è al momento un erede all’altezza di ricoprire il ruolo di point guard. Sarà compito di coach Gregg Popovich, storico punto di riferimento e guida dei San Antonio Spurs, provare a fare brillare di luce propria qualcuno tra i diamanti grezzi che ha nel roster come Keldon Johnson prima di lasciare ai posteri la sua panchina.

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Footballnews24.it Testata Giornalistica Aut. Trib. di Roma n° 198/18 - Direttore Responsabile: Luca Vano

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