NBA, la carriera di James Harden: da un’infanzia difficile fino al premio di MVP

La carriera NBA di James Harden è stata una delle più brillanti della storia del gioco: da un'infanzia difficile il Barba è arrivato al premio di MVP mostrandosi un attaccante straordinario

Filippo Barba
35 Min di lettura

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Approdare in NBA è il sogno di ogni ragazzino che da piccolo gioca a basket nel proprio giardino di casa cercando di imitare le prodezze dei migliori giocatori al mondo. Se approdare nella pallacanestro che conta è un privilegio riservato a pochi atleti, lasciare un segno indelebile nella storia di questo sport è ancora più complicato, anzi quasi impossibile. Pochi giocatori nella storia del basket verranno ricordati per sempre: Micheal Jordan, LeBron James, Kobe Bryant, Kareem Abdul-Jabbar, Bill Russell e pochi altri sono giocatori eterni. Nonostante entrare a far parte di questo club elitario sia quasi impossibile, altri cestisti eccezionali hanno comunque lasciato un segno importante nella pallacanestro.

Tra questi c’è sicuramente James Harden, uno dei giocatori più forti che la lega abbia avuto nell’ultimo decennio. Il Barba non è ancora, momentaneamente, riuscito a vincere il tanto agognato anello, malgrado ci sia andato vicino diverse volte. Nonostante ciò l’impatto avuto da Harden sul basket è innegabile. Se nella lega moderna possiamo osservare moltissimi talenti, come Luka Doncic o Trae Young, eseguire tiri da 3 punti creando separazioni con l’avversario, il cosiddetto stepback, lo dobbiamo all’attuale giocatore dei Philadelphia 76ers che ha iniziato a segnare dalla lunga distanza in questa maniera. Possiamo dunque dire che Harden ha in qualche modo contribuito all’evoluzione del gioco essendo il precursore di questo nuovo modo di attaccare il difensore dal palleggio.

NBA, la carriera di James Harden: un’infanzia difficile

James Edward Harden Jr., noto solo come James Harden, nasce a Los Angeles il 26 agosto 1989. Terzo figlio di James Harden Senior e Monja Willis, il futuro cestista muove i primi passi della sua vita nella città degli angeli, dove molte stelle sono nate. Il rapporto con il padre è tutt’altro che idilliaco, anzi è molto turbolento. Infatti, se alla nascita del figlio Harden Senior lavora nella Marina militare statunitense, successivamente affiorano gli spettri della droga e finirà anche in prigione. La figura paterna viene dunque a mancare per il piccolo James ed è dunque la madre a tenere in mano le redini della famiglia.

James Harden
James Harden

L’ambiente dove un piccolo e allora sbarbato James Harden cresce non è dunque dei più idilliaci, ma il futuro giocatore NBA non si lascia influenzare dai fattori negativi che lo circondando, anzi ciò lo aiuta a sviluppare una forza interiore che sarà fondamentale sul parquet. Il futuro Barba è uno studente che si impegna nello studio e per superare i momenti difficili si affida alla sua fede religiosa. Come tutti i bambini ha degli hobby e dei sogni che coltiva: infatti, Harden adora giocare ai videogiochi e sviluppa fin da ragazzo un’ottima propensione verso lo sport. Il talento è di famiglia, con il fratello che è un discreto giocatore di football, ma James si innamora della palla a spicchi.

Il quartiere dove Harden cresce non è dei più rinomati, dove il rischio di finire in strada e fare una vita malfamata è dietro l’angolo. Infatti lo stato in cui viveva il cestista era il Comton che tra gli anni 80 e 90 è stato teatro di guerre tra gang. Lo stesso Barba ricorda quel periodo della sua vita in un’intervista nel 2017 al periodico The Undefeated: “Ho avuto un’infanzia difficile, sapevo di correre pericoli in ogni momento. Le sfide le ho sempre accettate fin da bambino. Era davvero pericoloso anche solo uscire di casa, come in molti ghetti e quartieri più poveri del mondo. L’unica cosa che dovevo fare era quella di stare lontano dalla strada e continuare a coltivare il mio sogno di essere uno dei migliori giocatori di basket di tutti i tempi”.

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NBA, la carriera di James Harden: High School e College

Superata un’infanzia difficile, James Harden inizia a frequentare l’Artesia High School di Lakewood in California. É in questo contesto che il futuro giocatore degli Houston Rockets inizia a mettere le basi per quella che sarà poi la sua carriera cestistica. Il primo hanno le medie del Barba sono discrete: 18,8 punti, 7,9 rimbalzi e 3,9 assist. L’anno successivo le medie sono più o meno le stesse, ma Artesia conclude l’anno con un record incredibile di 33 vittorie e una sola sconfitta, con la squadra che vince il titolo guidata dalle abilità da solista di James Harden. Il Barba è anche presente nel McDonald’s All-American.

Harden Arizona State

É con questi presupposti che inizia la carriera collegiale di James Harden. La scelta del college è Arizona State, non tra le più rinomate nel panorama cestistico collegiale. Malgrado ciò il Barba nel suo primo anno, siamo nel 2007/2008, mantiene medie più che positive con quasi 18 punti di media, 5 rimbalzi e 2 assist, contribuendo a far raggiungere alla squadra il Pac-10 con un record di 21-13, nel quale però non andranno oltre il quinto posto. L’annata successiva, oltre a finire sulla copertina di Sports Illustrated, le medie di Harden si impennano notevolmente in tutte le statistiche (20 punti, 5,6 rimbalzi e 4 assist), segnando anche 40 punti in un match del 30 novembre 2008 contro gli UTEP Miners.

Malgrado il gioco del futuro giocatore di Rockets e Sixers sia migliorato esponenzialmente, ciò non permette alla squadra di andare oltre il secondo turno del torneo NCAA. Ottiene anche un importante riconoscimento venendo nominato per l’All-Pac 10 Tournement Team. James Harden in questa esperienza collegiale ha innalzato notevolmente il livello del proprio gioco, soprattutto dal punto di vista dello scoring. Il mix tra l’attacco al ferro e il tiro da fuori lo rende un giocatore difficile da marcare, ma in quel momento tutti si chiedono se il Barba sia effettivamente pronto a fare la differenza anche in NBA. Harden si rende dunque eleggibile al NBA Draft del 2009 assumendo anche Rob Pelinka come agente.

NBA, la carriera di James Harden: gli inizi agli Oklahoma City Thunder

É il 25 giugno 2009, siamo al Madison Square Garden di New York ed è la sera dell‘NBA Draft. La prima scelta è dei Los Angeles Clippers che scelgono Blake Griffin dall‘Università dell’Oklahoma. Con la seconda scelta i Memphis Grizzlies scelgono Hasheem Thabeet, lungo di 221 cm che non lascerà il segno in NBA. Arriva il momento della terza scelta che è degli appena nati Oklahoma City Thunder. I Thunder, prima Seattle SuperSonics, arrivano da due Draft in cui hanno scelto Kevin Durant e Russell Westbrook, due futuri MVP della lega. Con la terza scelta gli Oklahoma City Thunder scelgono James Harden da Arizona State, creando così un trio di giovani talenti da lì a qualche anno domineranno l’intera lega.

Harden OKC

L’idea degli appena nati Oklahoma City Thunder è quella di costruire il team sulla coppia Durant-Westbrook affiancandogli una spalla di lusso come James Harden che porti punti dalla panchina. A posteriori l’idea avrebbe anche funzionato, ma la cessione del Barba lascia il dubbio su cosa sarebbero potuti essere quei Thunder. Partendo con ordine, inizia dunque la carriera NBA di James Harden nella stagione 2009-2010. Il numero 13 al termine della sua prima stagione nel basket che conta, non realizza cifre da capogiro, ma contribuisce comunque al piazzamento playoff della squadra. Le medie sono 9,9 punti, 3,2 rimbalzi e 1,8 assist in 22 minuti a partita che gli valgono l’ingresso nel NBA All-Rookie Second Team del 2010.

Il percorso ai playoff dei giovani Oklahoma City Thunder dura poco: infatti al primo turno i Los Angeles Lakers di Kobe Bryant non fanno sconti e li eliminano. La seconda stagione di James Harden in NBA è ottima per gli Oklahoma City Thunder che riescono a terminare quarti nella Western Conference con un record di 55-27. Le medie del Barba aumentano leggermente, arrivando a 12 punti di media e disputando tutte le 82 partite. Ai playoff Oklahoma riesce a effettuare un percorso di assoluto livello: al primo turno vengono eliminati in scioltezza per 4-1 i Denver Nuggets, mentre al secondo turno vincono a gara 7 la serie con i Memphis Grizzlies. In finale di Conference i Dallas Mavericks futuri campioni battono i Thunder per 4-1 grazie a un super Dirk Nowitski. Harden manterrà 13 punti di media in questi playoff.

NBA, la carriera di James Harden: l’esplosione del Barba e la finale con Miami

Dopo due anni in crescendo gli Oklahoma City Thunder vogliono vincere il titolo nella stagione 2011/2012 e per farlo hanno bisogno anche delle prestazioni di James Harden. Nel momento del bisogno il Barba risponde presente e dalla panchina inizia a diventare un fattore fondamentale per i Thunder. Il 13 riesce finalmente a mostrare tutto il suo talento terminando la stagione con 16,8 punti di media, 4,1 rimbalzi e 3,7 assist. Iniziano anche ad arrivare le prime prestazioni da capogiro per il nativo di Los Angeles che, nel match del 18 aprile 2012 contro i Phoenix Suns, firma il suo career high di 40 punti. Il Barba, diventato ufficialmente il terzo violino del trio con Durant e Westbrook, contribuisce a portare Oklahoma al secondo posto nella Western Conference alle spalle dei San Antonio Spurs.

OKC

Al termine della stagione regolare, dopo che Harden ha saltato le ultime partite per una gomitata subita nel match contro i Los Angeles Lakers da Metta World Peace, il fu Ronald Artest, il Barba viene premiato con il primo riconoscimento della sua carriera NBA, ovvero il Sesto Uomo Dell’Anno. Comincia dunque la run playoff di OKC che punta dunque al titolo. Nel primo turno Durant e compagni si prendono la rivincita dall’anno precedente rifilando un cappotto ai Dallas Mavericks vincendo per 4-0. Anche nel secondo turno Oklahoma non fa sconti eliminando i Lakers di Kobe Bryant per 4-1. La finale mette di fronte ai degli spavaldi Thunder un banco di prova molto arduo, ovvero i San Antonio Spurs di Tim Duncan e Greg Popovich.

Harden e compagni partono male perdendo entrambi gli scontri in trasferta e andando sotto per 0-2. Da quel momento in poi gli Oklahoma City Thunder si scatenano vincendo le successive quattro partite e portandosi a casa la serie, con il Barba decisivo soprattutto in gara 5. La finale mette di fronte ai Thunder la corazzata Miami Heat di LeBron James, Dwayne Wade e Chris Bosh, vogliosi di riscatto dopo la sconfitta alle Finals dell’anno precedente. Oklahoma parte bene nella serie vincendo grazie ad un super Durant gara 1. Questi Miami Heat, però, sono troppo forti per dei Thunder pieni di talento ma ancora acerbi. Il tempo per Westbrook, Durant e Harden di dominare la lega arriverà, però in quel momento la NBA è solo di LeBron James che vince il suo primo anello in carriera, con Miami che batte per 4-1 Oklahoma.

NBA, la carriera di James Harden: il passaggio a Houston e la nascita di una stella

La sconfitta contro i Miami Heat è la prima apparizione degli Oklahoma City Thunder di Durant, Westbrook e Harden alle NBA Finals e per il futuro ci si prospetta che questo trio possa conquistare qualche anello. Malgrado ciò nella stagione 2012/2013 i Thunder provano ad offrire un’estensione contrattuale al nativo di Los Angeles con un quadriennale da 55 milioni di dollari, che però Harden, che nel frattempo ha vinto l’oro olimpico con il team USA, rifiuta conscio che potrebbe meritare di più. I Thunder, allora, sono costretti a effettuare una trade per capitalizzare al massimo il valore dell’uscente sesto uomo dell’anno senza privarsene come free agent. Allora il 27 ottobre 2012, James Harden passa agli Houston Rockets in una trade che porta a Oklahoma Kevin Martin, Jeremy Lamb e qualche scelta al Draft. A posteriori questo scambio potrebbe far sorridere ma in quel momento è stata la soluzione migliore per tutti.

NBA, James Harden fa 58 punti e annienta Miam
NBA, James Harden fa 58 punti e annienta Miami / The Dream Shake

James Harden allora approda in Texas e, dopo anni da panchinaro, ha il ruolo di essere il leader della squadra. Una volta soddisfatte le richieste economiche (quadriennale da 80 milioni di dollari), arriva l’esordio dell’ex OKC che avviene contro i Detroit Pistons e non lascia spazio a dubbi: 37 punti, 12 assist, 6 rimbalzi e 4 palle rubate. Con un esordio così non ci sono più dubbi: è nata una stella, la stella di James Harden. Come se non bastasse già all’esordio il Barba lascia un marchio importante in quel di Houston, infatti era dai tempi di Hakeem Olajuwon che un giocatore non metteva a referto una partita da 37 e 12. Harden, dunque, diventa ufficialmente un all star continuando a macinare punti su punti, partita dopo partita. Il 2 novembre aggiorna il suo career high a 45 punti contro gli Atlanta Hawks e il 2 febbraio arriva la prima tripla doppia in carriera contro i Charlotte Bobcats. Per la prima volta viene anche chiamato all‘All-Star Game, siglando ben 15 punti.

Nella stessa stagione Harden aumenta ulteriormente il suo career high e lo fa proprio contro la sua ex squadra, gli Oklahoma City Thunder segnando 46 punti. La prima vera stagione del Barba da primo violino si conclude con 26 punti di media, 5 rimbalzi e quasi 6 assist, figurando nell’All-NBA Third Team, lasciando però presagire che il meglio debba ancora venire. Gli Houston Rockets si qualificano ai playoff all’ottavo posto ma il team intorno ad Harden non è di alto livello e vengono eliminati al primo turno proprio dagli Oklahoma City Thunder, riuscendo però ad arrivare fino a gara 6. La situazione migliora decisamente la stagione successiva 2013/2014 con l’arrivo di Dwight Howard, con il quale il 13 forma un ottimo duo, mostrando di essere anche un ottimo playmaker. Harden conquista l‘All-NBA First Team e Houston arriva al quarto posto in Western Conference. La corsa dei texani si chiude però al primo turno contro i Portland Trail Blazers, grazie allo storico buzzer beater di Damian Lillard nella decisiva gara 6. In estate però Harden si riprende alla grande vincendo da capitano il Mondiale di basket con il team USA.

James Harden agli Houston Rockets
James Harden agli Houston Rockets

NBA, la carriera di James Harden: la rivalità con gli Warriors e gli arrivi di Paul e D’Antoni

L’ascesa di Harden ai vertici della Western Conference, nonostante le due sconfitte ai playoff, sembra ormai imminente, facendo sognare i tifosi di Houston che aspettano un titolo dai tempi di Olajuwon. Però in concomitanza dell’affermazione del Barba anche un’altra franchigia e soprattutto un altro giocatore si stanno consacrando, ovvero Stephen Curry e i suoi Golden State Warriors. La sfida tra Houston e Golden State inizia nella stagione 2014/2015. Nella Western Conference Curry e compagni terminano primi con un record di 67-15, mentre i texani sono secondi. Il 30 degli Warriors vince anche l’MVP ma anche Harden disputa un’ottima stagione con 27 punti di media e un playmaking di altissimo livello. AI playoff arriva lo scontro alla finali di Conference, nelle quali però non c’è storia: Golden State vince 4-1 spianando verso il primo titolo. Harden ci prova con una prestazione da 45 punti in gara 4 ma è inutile.

L’anno successivo i Rockets fanno molta fatica nonostante i 29 di media del Barba in regular season e si qualificano al pelo per i playoff. Al primo turno ci sono nuovamente gli Warriors che hanno appena battuto il record di vittorie in stagione regolare dei Chicago Bulls con 73-9. Anche in quest’occasione non c’è storia nonostante l’ex Oklahoma ci provi in tutti i modi segnando anche un buzzer beater decisivo in gara 3, ma la serie finisce ancora 4-1. Gli Warriors la stagione successiva aggiungono al proprio roster anche Kevin Durant creando un vero e proprio Dream Team. I Rockets, per competere con una corazzata simile devono costruire un roster vincente intorno ad Harden. La prima mossa è quella di mettere come Head Coach Mike D’Antoni nella stagione 2016/2017 che sarà in grado di valorizzare le qualità da solista di Harden, incentrando il proprio sistema di gioco intorno a lui.

Paul e Harden

Infatti la stagione 2016/17 è una della stagioni più prolifiche nella carriera del Barba che inizia a iscrivere spesso il suo nome nell’albo dei record. Il 31 dicembre 2016 contro i New York Knicks, Harden realizza la tripla doppia più alta della storia del basket con 53 punti, 16 rimbalzi e 17 assist: semplicemente mostruoso. L’ex Oklahoma finisce la stagione con 29 punti di media e 11 assist, ma il premio di MVP va all’ex compagno di squadra Russell Westbrook. Ai playoff Harden delude e la corsa dei texani finisce con i vicini San Antonio Spurs che li battono in 6 gare, con il 13 stoppato in una gara decisiva sulla sirena da Manu Ginobili. In quel momento della sua carriera, il Barba fu oggetto di molte discussioni: molti credevano che le sue prestazioni fossero fini a se stesse e che non avrebbe mai guidato una squadra fino in fondo, per non dimenticare che non era ancora riuscito a vincere il premio di MVP. Tutto ciò venne smentito dalla stagione successiva grazie anche all’arrivo di un playmaker come Chris Paul che ha reso finalmente i Rockets una squadra da titolo, aiutando il Barba dopo anni che non aveva una squadra per competere.

NBA, la carriera di James Harden: l’anno da MVP e il maledetto infortunio di Paul

Con l’arrivo di Mike D’Antoni e Chris Paul le cose sembrerebbero finalmente migliorare e gli Houston Rockets nella stagione 2017/2018 sembrano finalmente pronti a sfidare la dinastia Warriors. La stagione regolare termina con i texani in vetta alla Western Conference, mentre gli Warriors di Durant e Curry sono secondi. Harden finalmente, dopo una stagione incredibile, riesce a vincere il tanto agognato MVP con una stagione da 30 punti di media e quasi 9 assist, mettendo in bacheca il riconoscimento che ti consacra tra i più grandi cestisti della storia. Ai playoff Houston ha vita facile fino alle finali di conference. Come da copione la serie è Rockets-Warriors che parrebbe un’anticipazione della Finals visto che i Cavaliers di LeBron, dopo essere stati spazzati via dagli Warriors nelle ultime finali, non sembrerebbero una minaccia.

Harden MVP

La serie è combattutissima ed è sul 2-2. Al Toyota Center gli Houston Rockets vincono gara 5, il sogno è a un passo. Ma è quando tocchi il cielo con un dito che la caduta è più rovinosa. Quando Harden e compagni sembrano ad un passo da eliminare uno dei superteam, se non il superteam più forte della storia accade il dramma: Chris Paul si fa male. Gara 6 alla Oracle Arena, senza il playmaker col 3 è un dominio di Curry e compagni, si va a gara 7. CP3 tenta invano un recupero in extremis ma non è della partita. Al Toyota Center c’è l’atmosfera delle grandi occasioni, è la partita decisiva. Una stoica Houston guidata dal suo leader con il 13 sulla schiena e con soli 6 giocatori in rotazione tenta l’impresa e termina il primo tempo in vantaggio. Ma gli Warriors sono troppo forti: i Rockets tirano male nel secondo tempo e vengono rimontati, game over.

Approda dunque alle Finals la coppia Curry-Durant che vince senza problemi il loro secondo anello. Tanto rammarico invece per Houston che rimane uno dei What If più grandi di sempre per via dell’infortunio occorso a Paul. L’anno successivo arriva anche Carmelo Anthony insieme a Paul e Harden per cercare il titolo che manca a tutti e tre, ma la magia sembra finita anche a causa dei numerosi problemi fisici occorsi durante la stagione. Il Barba in stagione regolare è mostruoso: 36 punti di media, 9 gare da almeno 50 punti, ma ciò non gli vale l‘MVP vinto da Giannis Antetokounmpo. Ai playoff in semifinale di Conference è ancora Rockets-Warriors. Si arriva a gara 6 al Toyoya Center con Golden State in vantaggio 3-2 ma con Durant infortunato. Il primo tempo del match è disastroso per Curry e la speranza si riaccende nei tifosi di Houston. Speranza che però termina ben presto con una prestazione pessima nel secondo tempo ed ennesima eliminazione.

NBA, la carriera di James Harden: gli ultimi anni a Houston e l’approdo a Brooklyn

Con l’ennesima sconfitta ai playoff termina il ciclo con Chris Paul che viene mandato a Oklahoma in cambio di Russell Westbrook che dunque si ricongiunge ad Harden. Tentativo disperato quello di Houston per vincere il tanto desiderato titolo, mettendo insieme i due giocatori con le migliori prestazioni singole degli ultimi anni. Il sistema intorno a questi due giocatori sembrerebbe funzionare inizialmente, ma la pandemia interrompe tutto. Westbrook prende il Covid e alla ripresa non è al meglio e il sistema inizia a collassare. La stagione regolare termina con il Barba che conclude ancora una volta con medie spaventose: 34,3 punti di media e 7,5 assist. Il cammino ai playoff dei Rockets termina in semifinale contro i Los Angeles Lakers futuri campioni.

James Harden (Brooklyn Nets)
James Harden (Brooklyn Nets)

Ennesima sconfitta in post season per Houston e c’è la sensazione che Harden abbia dato tutto quello che poteva dare alla franchigia e alla città. L’estate è abbastanza travagliata e si vocifera dei malumori del Barba che vorrebbe cambiare franchigia. Westbrook lascia il Texas ed è solo questione di tempo prima che sia il turno del numero 13. Il 13 gennaio 2021 arriva l’ufficialità, James Harden passa ai Brooklyn Nets per formare un superteam insieme a Kyrie Irving e al vecchio compagno Kevin Durant. Nonostante il modo brusco con cui ha lasciato Houston, Harden ha voluto ringraziare con un commovente post su Instagram la città e le ultime frasi sono l’emblema del rapporto tra il giocatore e Houston che è diventata nel tempo una seconda casa: “Ho dato corpo e anima, nella speranza di portare in trionfo questa città. Non ce l’ho fatta e per questo sarò sempre in debito con voi. Non è affatto un addio”.

NBA, la carriera di James Harden: il fallimento dei Nets

Con l’approdo di James Harden ai Brooklyn Nets ci sono tutti i presupposti per vincere il titolo. L’impatto dell’ex Rockets con il nuovo team è fin da subito eccellente: all’esordio contro gli Orlando Magic mette a segno una tripla doppia da 32 punti, 12 rimbalzi e 14 assist, mentre nel match contro i San Antonio Spurs del 1 marzo 2021 diventa il primo giocatore della storia a mettere a segno una tripla doppia da almeno 30 punti, 15 assist e 10 rimbalzi senza palle perse. Invece nella gara vinta contro gli Indiana Pacers scrive il suo nome vicino ai più grandi della storia della pallacanestro, diventando il quarto giocatore insieme a Micheal Jordan, Kobe Bryant e Wilt Chamberlain a segnare almeno 40 punti in 100 partite in carriera.

James Harden e Kevin Durant

La prima stagione con la maglia dei Brooklyn Nets per il Barba termina con il secondo posto nella Eastern Conference e nonostante l’assenza in post season di Kyrie Irving i Nets puntano al titolo. Al primo turno vengono battuti i Boston Celtics senza troppi patemi e in semifinale ci sono i Milwaukee Bucks. Il destino avverso fa ancora capolino quando si tratta della rincorsa di Harden al titolo: infatti, l’ex Rockets si fa male in gara 1 e forza il rientro nella serie disputando partite ben al di sotto del suo livello. Si arriva a gara 7 e Milwaukee vince all’overtime, dopo che Durant è andato ad un passo dal vincerla nel regolamentare con un tiro allo scadere che vale il pareggio e che per pochi centimetri non è valso la vittoria.

NBA, la carriera di James Harden: il passaggio a Philadelphia e un finale ancora tutto da scrivere

Dopo il fallimento della stagione precedente con i Brooklyn Nets, la stagione successiva James Harden porta con sé gli scrosci dell’infortunio subito ai playoff contro i Bucks. Le prestazioni del Barba calano notevolmente e iniziano pure ad arrivare la prime frizioni con i Nets. Tali problemi portano ad un altra trade per il Barba che passa ai Philadelphia 76ers il 10 febbraio 2022 per formare una coppia interessante insieme a Joel Embiid. Purtroppo però i problemi fisici continuano a tormentare il numero 1 di Philadelphia anche all’inizio della sua nuova esperienza, mostrando come sia lontano dalla migliore condizione fisica. Il talento rimane, con l’ex Nets che fa vedere le sue qualità in alcune circostanze, come in occasione della sua 68esima tripla doppia in carriera contro i New York Knicks. Proprio nel match contro i Brooklyn Nets, Harden supera Reggie Miller al terzo posto nella classifica all-time per tiri da 3 punti realizzati.

Joel Embiid - James Harden, Philadelphia 76ers
Joel Embiid – James Harden, Philadelphia 76ers

Ai primi playoff con i Sixers, Harden non gioca ai livelli a cui ci ha abituato e mostra solo qualche sprazzo del giocatore ammirato negli anni precedenti. Al primo turno vengono sconfitti per 4-2 i Toronto Raptors, ma Joel Embiid si fa male e il Barba deve affrontare i Miami Heat senza l’ausilio del centro camerunense. Harden ci prova e in gara 4 segna 31 punti con 9 assist che portano la serie sul 2-2, ma gli Heat sono troppo più forti e approdano alle finali di Conference. Nella lunga estate tra la fine della stagione 2021/22 e l’inizio dell’annata 2022/23, Harden ha mostrato come abbia lavorato per recuperare la miglior condizione fisica per aiutare i 76ers a vincere il titolo e per farlo sarebbe anche disposto a fare un passo indietro e mettere le sue doti da playmaker al servizio di Embiid e Maxey. Solamente il tempo saprà dire se James Harden riuscirà a portare a casa il tanto agognato anello.

NBA, la carriera di James Harden: le somme di una carriera fenomenale

Arrivato all’età di 33 anni la carriera di James Harden volge verso il tramonto e l’esperienza con i Philadelphia 76ers potrebbe essere l’ultima occasione per portare a casa un anello. Se il Barba dovesse ritirarsi senza nemmeno vincere un titolo, la critica potrebbe imputargli di essere stato solamente un giocatore che pensava a sé stesso e non in grado di portare una franchigia al titolo. Purtroppo è questa l’opinione che molti hanno di Harden ma spesso viene tralasciato nell’analisi complessiva sulla sua carriera, come effettivamente l’ex Rockets e Nets sia stato uno degli attaccanti, se non l’attaccante più completo di sempre. Il Barba, inoltre, si è trovato di fronte nella Western Conference uno dei team più forti della storia come i Golden State Warriors, tenendogli testa come rivale più pericoloso di quella dinastia, andando più volte vicino a un titolo che sarebbe stato uno dei più clamorosi della storia della NBA vista la caratura degli avversari.

James Harden
James Harden

James Harden, nel suo periodo a Houston, è stato, però, probabilmente vittima del suo stesso talento e ciò non gli ha permesso di vincere ancora un titolo. Infatti, soprattutto Mike D’Antoni, ha concentrato l’intero sistema offensivo dei Rockets intorno al Barba che sfruttava le sue doti fenomenali da attaccante per fare canestro da solo o al limite trovare i compagni smarcati. Questo sistema Hardencentrico è stato sì fondamentale per far emergere il 13 come uno dei migliori attaccanti della storia della pallacanestro, però è anche un sistema che nel basket non ha mai portato a successi collettivi e così è stato per Houston. Indipendentemente da come dovesse terminare la carriera, James Harden ha contribuito all’evoluzione del gioco con le sue strabilianti skills offensive, le sue doti da playmaker e perché no per il suo look così particolare, con quella folta barba che ha fatto sognare migliaia di tifosi. Non sarà l’assenza di un titolo in bacheca a ridimensionare la grandezza di uno dei migliori attaccanti di sempre: James “Il Barba” Harden.

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