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La frase “vincerò io la Coppa del Mondo papà, te lo prometto” è probabilmente la più rappresentativa di “Pelé”, film biografico/sportivo dell’anno 2016 scritto e diretto dai fratelli Jeff e Michael Zimbalist. I due avevano in precedenza collaborato nel 2010 producendo The Two Escobars, sempre a tema sportivo. Il film ha come protagonista l’ex calciatore Edson Arantes do Nascimento, da tutti conosciuto semplicemente col nomignolo di Pelé. In questa pellicola cinematografica sono state ripercorse le tappe fondamentali che hanno portato il campione brasiliano a consacrarsi, all’età di soli 17 anni, come il più grande calciatore al mondo.
Leonardo Lima Carvalho e Kevin de Paula sono i due protagonisti principali del film: il primo interpreta Pelé da bambino, il secondo invece quando è adolescente. Oltre a loro, tra gli altri attori principali abbiamo Seu Jorge e Mariana Nunes, rispettivamente padre e madre del calciatore. Importanti poi le figure di Mirton Gonçalves (Waldemar de Brito), Vincent D’Onofrio (l’allenatore del Brasile Feola), Felipe Silmas (Garrincha), Fernando Caruso (Zito) e Diego Boneta (José Altafini). Da non dimenticare anche la presenza del vero Pelé che compare in una scena verso la parte finale del film.
La trama
Il titolo originale del film “Pelé: Birth of a legend” rende molto di più rispetto al semplice “Pelé” poiché quest’ultimo potrebbe essere fuorviante per lo spettatore. Il film, infatti, racchiude solamente otto anni di vita di O Rei, dal 1950 al 1958. Il film si apre con Pelé che entra frastornato dentro lo stadio nel suo esordio assoluto al Mondiale ’58 con in sottofondo l’inconfondibile voce di Bruno Pizzul che commenta l’evento. Poi si torna indietro nel tempo, all’anno 1950. È da lì che parte la storia del piccolo “Dico” (così veniva chiamato a Bauru, la favela dove viveva) un bambino che come tanti altri viveva nella miseria – tra i temi dominanti che emerge nel film – facendo qualche piccolo lavoretto e inseguendo un sogno: diventare un grande calciatore.
All’indomani del famoso Maracanazo, la sconfitta subita dal Brasile al Maracanà contro l’Uruguay nella finalissima del Mondiale 1950, rabbia, dolore e disperazione sono i sentimenti che più prevalgono nell’intera nazione brasiliana. Alla vista del padre che piange Dico cerca di consolarlo promettendogli che un giorno ci avrebbe pensato lui a vincere la Coppa del Mondo. Grazie alla partecipazione ad un torneo giovanile riesce a mettersi in mostra sotto gli occhi dell’osservatore del Santos Waldemar de Brito che vorrebbe portarlo subito con sé. Ma la morte di un amico lo allontanerà dal mondo del calcio decidendo di andare a lavorare con il padre.
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Pelé e Dondinho, il padre, nelle pause si allenavano utilizzando il mango al posto del pallone: fu lì che il ragazzo iniziò a imparare la ginga, il passo base della danza capoeira applicato al calcio. A 15 anni, sotto la spinta della madre, Pelé lascia per la prima volta Bauru e va al Santos per il suo primo provino: lo passa e viene inserito nella squadra giovanile. Non sarà però tutto rose e fiori per il giovane attaccante che tra nostalgia di casa e incapacità di adattarsi agli schemi tecnico/tattici voluti dall’allenatore (che voleva un gioco più europeo) ha quasi la tentazione di abbandonare tutto e tornare dalla famiglia.
In seguito ad un colloquio con de Brito alla stazione ferroviaria Pelé decide di restare al Santos e continuare a giocare con il suo stile di gioco perché è con quello che diventerà grande. Dopo due anni ad alti livelli nel club di San Paolo arriva la convocazione della Seleçao nel mondiale di Svezia 1958. Un infortunio al ginocchio posticipa il suo esordio, che arriverà solo nella terza gara contro l’URSS. Da quel momento in poi le sue prestazioni saranno in crescendo fino all’apoteosi della finale vinta contro la Svezia 5-2. Il 29 giugno 1958 Stoccolma e il mondo intero conosceranno l’inizio della Leggenda.
I personaggi più importanti
Tra i personaggi chiave del film abbiamo senz’altro Waldemar de Brito, ex calciatore brasiliano ed osservatore calcistico che per primo si accorse delle potenzialità di quel ragazzino quindicenne. Era il 1956 quando de Brito, parlando con dirigenti del Santos, confidò loro che era sicuro di aver trovato il miglior calciatore al mondo. Il tempo gli darà ragione. Fondamentale il ruolo dell’ex centravanti verdeoro anche nel convincere Pelé a non mollare nonostante i problemi di ambientamento iniziali, la sua determinazione e perseveranza, ma soprattutto la sua immensa classe alla fine prevarranno sopra ogni schema tattico.
Il padre di Pelé oltre ad avergli insegnato la ginga, è uno dei protagonisti che più fa commuovere il pubblico. Quegli occhi spesso lucidi, quello sguardo fiero nei confronti del figlio e quelle parole (poche, ma significative) hanno rappresentato alcuni dei momenti più belli di tutto il film. Anche il ct del Brasile, Vicente Feola, è un personaggio significativo: ha voluto a tutti i costi la Perla Nera in campo nonostante l’infortunio occorsogli e gli ha lasciato carta bianca sul modo di giocare, sperimentando quel 4-2-4 altamente offensivo che porterà i suoi frutti.
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I momenti chiave
Il film si compone di tanti bei momenti, tre fatti principali risaltano all’occhio di un attento osservatore:
- la morte dell’amico Thiago quando Pelé ancora ragazzino cerca di scappare dopo che insieme agli amici hanno rubato dei sacchi di noccioline;
- il discorso di Waldemar de Brito per convincere Pelé a non abbandonare il Santos perché la sua bravura lo porterà ad essere il migliore di tutti;
- il discorso motivazionale prima della finale Brasile-Svezia di Vicente Feola che abbandonando qualsiasi idea di moduli e tattiche invita i suoi ragazzi a scendere in campo con il solo obiettivo di divertirsi, così come fatto poco prima in albergo.
La ginga
La ginga, come detto in precedenza, è il passo base della capoeira, famosa danza brasiliana. Il calcio bailado di Pelé e compagni, che ha caratterizzato tutto il Mondiale 1958, era stato vissuto fino a quel momento come un complesso di inferiorità poiché umile, povero. Non a caso la parola deriva dal gergo della “capoeira”, un’antica danza-lotta simulata praticata dagli schiavi africani in Brasile come forma di resistenza fisica e culturale al dominio dei portoghesi. Grazie a O Rei do Futbol la ginga viene portata alla sua massima espressione diventando in pratica l’elemento identitario di un intero paese.
Nei due Mondiali precedentii il popolo brasiliano aveva condannato la ginga considerandola la causa delle disfatte dei verdeoro; in Svezia invece da condanna diventerà elemento di spicco: palleggio, cambio passo, dribbling veloce, acrobazie, tiri spettacolari e molto altro. Un modo di giocare che rimarrà unico nel suo genere, probabilmente irripetibile, possibile solo grazie a quella formidabile rosa a disposizione di Feola.
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La finalissima di Stoccolma
La gara del 29 giugno rimarrà come detto nella storia. Gli svedesi, padroni di casa, sono i grandi favoriti. Il Brasile ha fatto un bel percorso ma ha poche chances contro Nils Liedholm e compagni. Inoltre, c’è un dato statistico schiacciante: fino a quel momento nessuna nazionale non europea aveva vinto un Mondiale in territorio europeo. Pronti-via proprio il giocatore ex Milan realizza l’1-0 svedese. Ma la risposta dei brasiliani non si fa attendere e con la doppietta di Vavà la ribaltano. Nella ripresa O Rei porta il risultato sul 3-1, poi Zagallo e ancora Pelé al 90′ la chiudono. In mezzo anche la rete di Simonsson, utile solo per le statistiche. Finisce 5-2, il Brasile vince la sua prima Coppa Rimet (l’antenata della Coppa del Mondo) davanti a 50.000 spettatori e a Rio de Janeiro parte un’irrefrenabile festa che durerà diversi giorni.
Quel ragazzino di nome Pelé in meno di due anni irromperà in modo decisivo sul panorama mondiale diventando il calciatore più forte di tutti i tempi. Tra i tanti record da citare (alcuni battuti dal campione Leo Messi) abbiamo: è l’unico calciatore ad aver vinto 3 mondiali, ad aver realizzato oltre 1200 reti in carriera ed è stato proclamato sia Calciatore del Secolo che Patrimonio storico-sportivo dell’umanità del Brasile.
Pregi e difetti del film
La sceneggiatura del film nonché la fotografia sono due elementi di assoluto valore del film, realizzato dalla Imagine Entertainment. Gli attori, su tutti Carvalho e il bravissimo Kevin de Paula, hanno saputo essere all’altezza del ruolo che ricoprivano impersonificando bene il personaggio di Pelé. Forse, un po’ fuori fuoco, è stato il personaggio di José Altafini, mostratosi altezzoso nei confronti del piccolo “Dico”. Allo stesso modo l’iniziale voce di Pizzul che commenta una gara del 1958 sembra essere una mezza forzatura.
Per chi non ha vissuto a pieno quegli anni il film può sembrare quasi fantastico, alcune scene sembrano essere delle rappresentazioni del famoso cartone animato “Holly & Benji” a causa delle super acrobazie dei protagonisti, eppure il calcio ginga era caratterizzato da queste incredibili giocate. In rete è possibile trovare diversi video che lo possono testimoniare. Rappresentare un film di genere biografico/sportivo, come ad esempio dimostra Il Divin Codino, è sempre un’impresa ardua poiché si rischia di cadere in errori grossolani che allontanano dalla realtà dei fatti. Non è questo il caso del film in questione.