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Le speranze di battere i campioni del mondo non erano altissime, ma per una squadra che è passata attraverso i playoff per arrivare al Mondiale, uscire agli ottavi di finale non è da considerarsi un fallimento. La Polonia non è riuscita nell’impresa di battere la Francia, che trascinata dalla stella Kylian Mbappè e dal veterano Oliver Giroud, nuovo recordman in terra transalpina, ha eliminato la nazionale biancorossa dalla competizione iridata. Un percorso travagliato, quello degli uomini guidati da Czesław Michniewicz, che hanno esordito nel torneo pareggiando 0-0 contro il Messico, un punto, che, a posteriori si è rivelato fondamentale, ma comunque poco soddisfacente, dal momento che i polacchi hanno avuto la possibilità di vincere con un calcio di rigore, sbagliato dal leader indiscusso della squadra, Robert Lewandoski. L’uomo simbolo delle Aquile Bianche non è riuscito ad incidere come avrebbe voluto o come il pubblico si aspettava, ma siglando allo stesso modo due reti: la prima, quella contro l‘Arabia Saudita è stata una sorta di liberazione dalle pressioni vissute dal giocatore, che fa i conti con una fama molto pesante, che spesso rischia di tramortire un talento indiscutibile.

Una lacrima sul viso
Alla prima contro il Messico, tutti aspettavano con trepidazione il gol di Lewandowski. Dopo il tumulto del Pallone d’Oro perso, il trasferimento dal Bayern Monaco al Barcellona, con cui non è riuscito ad incidere in Europa, e il playoff come ultima soluzione utile per arrivare fino ai Mondiali, la stella doveva iniziare a brillare. Ma non l’ha fatto, anzi ha sbagliato il penalty decisivo e la nuvola mediatica si è abbattuta sull’attaccante come pioggia battente.
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Abbiamo lavorato per due settimane, forse anche un mese, per elaborare i calci di rigore di Lewandowski, non è stato per niente un lavoro facile perché anche guardando tutti questi video non si capisce mai dove calcerà. Ma questa volta l’ho intuito e sono molto felice di aver salvato la squadra e tenuto inviolata la porta
Guillermo Ochoa in conferenza stampa dopo la gara contro la Polonia
La soddisfazione del portiere messicano, Guillermo Ochoa è più che giustificata, ma sfortunatamente sono in pochi quelli che hanno applaudito al gesto dell’estremo difensore centroamericano, perché l’errore di Lewandowski fa decisamente più rumore. Tuttavia il numero 9 polacco si è chiuso nella sua riservatezza, rimandando ogni giudizio al momento in cui il Mondiale della Polonia si sarebbe chiuso. Sui piedi del calciatore classe 1988 vive una specie di maledizione: 634 reti segnate in carriera, nessuna, però, è mai stata siglata in una competizione iridata. Quel tassello che manca, quel vuoto che pesa, come se i seicento precedenti non esistessero. L’attesa continua.
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Al 39′ della gara contro l’Arabia Saudita, seconda partita del girone, i respiri si fermano, niente sembra separare il centravanti polacco dalla sua prima rete mondiale, tuttavia il mito non si realizza e a mettere il pallone in rete è Piotr Zielinski. All’81’ il match ha perso il suo ritmo, l’incontro sembra avviato alla conclusione con la vittoria biancorossa: Abdulelah Al Malki, centrale arabo, riceve palla da un compagno a pochi metri dalla sua porta, ma controlla male, proprio davanti agli occhi di Robert Lewandowski. L’attaccante delle Aquile ha sui piedi l’occasione della vita e non se la lascia scappare, ruba la sfera e in un paio di passi, fulmina il portiere avversario.

Il momento va oltre la semplice definizione di calcio: il polacco dopo una corsa sfrenata verso la bandierina crolla a terra, il viso inondato dalle lacrime. Ma non è solo il disfacimento di un elemento negativo a sfibrarsi ed abbandonare per sempre il curriculum del giocatore a rendere l’istante bello da morire, ma il supporto dei suoi compagni, che insieme si lanciano in un grido che col Mondiale c’entra poco. È la liberazione di Robert, è la liberazione di tutti quelli che, dal campo e dalla panchina, sono accorsi per festeggiarlo.
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È un sogno che si avvera, ovviamente la squadra resta al primo posto e sono contento per il successo, ma una rete segnata ai Mondiali è fondamentale per un attaccante
Robert Lewandowski, dopo il gol contro l’Arabia Saudita
Ti saluto sorridendo
Dopo la sconfitta indolore contro l’Argentina, la Polonia ha comunque conquistato una qualificazione agli ottavi di finale dopo 36 anni di attesa. Un traguardo che ha riempito la nazionale europea di grande soddisfazione. La fase ad eliminazione diretta, tuttavia, vede l’ombra della Francia avvicinarsi: il match non è nettamente proibitivo, ma le chance sono davvero poche. I campioni del mondo, nonostante l’insuccesso contro la Tunisia, hanno dimostrato di essere in piena forma e determinati nel loro cammino verso la parte conclusiva del torneo. Le occasioni non mancano ai biancorossi, che sfiorano la rete con il giocatore del Napoli, Zielinski, ma i due fenomeni dell’attacco transalpino non perdonano: prima Olivier Giroud, poi Kylian Mbappè, mandano in frantumi il sogno dell’undici polacco.
Allo scadere del tempo regolamentare, però, c’è un ultimo sussulto della Polonia: Upamecano tocca il pallone con la mano in area di rigore, il braccio è largo. Nonostante l’evidente tocco, il direttore di gara attende il controllo del VAR, poi indica il dischetto. Dal rigore al rigore, il destino di Lewandowski torna a girare dove tutto è iniziato in Qatar, con un penalty. La rincorsa è saltellata, il tiro non è dei più brillanti. Lloris para con gran facilità, ma prima che il brusio mediatico possa abbattersi sul numero 9, l’arbitro fa ripetere il tiro, poiché i giocatori francesi hanno invaso l’area nel momento in cui il trentaquattrenne di Varsavia non ha ancora calciato. Al secondo tentativo la rincorsa non è molto diversa, ma stavolta l’estremo difensore della Francia è spiazzato e Lewandowski mette a tabellino un secondo gol iridato.

Al termine della sfida non ci sono lacrime, anzi, sul volto dell’attaccante del Barcellona spunta un sorriso. La missione era di fatto troppo complicata per le Aquile Bianche, che escono a testa alta dal Mondiale in Qatar. Prima che le telecamere lascino il campo, l’immagine si sofferma ancora sul capitano biancorosso, che è intento a salutare Mbappè. Sorrisi tra talenti puri, uno in discesa, l’altro in ascesa, un abbraccio tra due generazioni diverse, tra tecniche e gesti diversi, una stretta di mano tra un numero 9 e un numero 10, due noveri che nel calcio non mentono mai.