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Quando pronunciamo il nome Rocky non possiamo fare altro che pensare all’ormai consacrato cult cinematografico che porta la firma dell’attore e regista Sylvester Stallone. Viene da pensare a chissà quante generazioni saranno cresciute insieme a questa icona e, inoltre, è curioso pensare quante persone, dopo aver visto tale pellicola, si saranno appassionate e cimentate nel mondo del pugilato. C’è da fare anche un’analogia con Space Jam della Warner Bros. con protagonista i Looney Tunes e la stella dell’NBA Michael Jordan, che ha fatto appassionare di basket, nel corso degli anni ’90, migliaia di bambini e ragazzini in tutto il mondo.

Rocky: la trama
Siamo negli Stati Uniti d’America del 1975. Rocky Balboa è un pugile italo-americano trentenne che, nonostante il suo grandissimo talento, non riesce a sfondare perché non si è mai impegnato al 100%. Lo stallone italiano vive nella malfamata e squallida periferia di Filadelfia, abita in un piccolo monolocale e si mantiene facendo gli interessi di Tony Gasco, un noto gangster della sua zona. Sylvester Stallone, nel film, ha il suo migliore amico in Paulie Pennino, nonché fratello maggiore della timida ed amatissima Adriana Pennino.
Non c’è giorno in cui il pugile non cerchi di attaccare bottone con la sua amata ma senza successo. Durante il Giorno del ringraziamento, le speranze di Rocky si accendono: l’amico Paulie costringe la sorella ad uscire con lui. Nel frattempo l’imbattuto campione dei pesi massimi Apollo Creed sceglie di festeggiare il bicentenario della nascita degli Stati Uniti mettendo in palio il titolo proprio a Filadelfia. Purtroppo per il campione il suo avversario numero uno è infortunato.
Per questo motivo l’americano opta per dare una chance ad un pugile sconosciuto della città. Tra tutti i nomi resta colpito dal soprannome che ha Rocky: “Lo stallone italiano”. Balboa riceve la visita di Mickey Goldmill, proprietario della palestra in cui si allena, che si presenta a casa sua proponendosi come suo manager e allenatore. L’incontro fra Apollo e l’italo-americano, che doveva essere poco più di un’esibizione e, soprattutto, una passeggiata per Creed, si trasforma in una vera e propria guerra tra i due pugili.
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Chuck Wepner: la storia del vero Rocky Balboa
Ѐ il 24 marzo del 1975 quando Sylvester Stallone assiste all’incontro di boxe tra il campione del mondo in carica Muhammad Ali e un pugile semisconosciuto, Chuck Wepner. The Bayonne Brawler riuscì a mandare temporaneamente al tappeto Alì al nono round e, soprattutto, a rimanere in piedi fino al quindicesimo e ultimo turno, perdendo a causa di un K.O. tecnico. Da qui l’idea per Rocky, perché l’incontro ispirò così tanto l’attore classe 1946 da spingerlo a scrivere una sceneggiatura nel giro di trenta giorni.

Adriana come Rocky: la timidezza trasformata in riscatto
L’Adriana di Rocky sta come Beatrice per Dante Alighieri. Sebbene la donna amata dal nostro protagonista sia veramente molto timida, soprattutto nel primo film, nel corso della pellicola possiamo vedere come poi si trasformerà in una donna energica in cerca di riscatto. Il personaggio interpretato dalla fantastica Talia Shire, appare frustrato dalla sua vita e dal fratello Paulie, che si sfoga con lei per la sua vita non realizzata. Adriana, però, riesce ad acquistare la grinta perduta, grazie specialmente a Balboa. La donna amata dal pugile italo-americano, però, non finirà mai per perdere la sua bontà e gentilezza che la contraddistinguerà nel corso della saga.
Il personaggio interpretato da Stallone, sebbene come lavoro faccia l’esattore per conto di un gangster della zona della sua periferia, alla fine si dimostra non così duro come sembrerebbe all’inizio del film datato 1976. Invece è tutto il contrario di ciò che appare. Adriana e Rocky non sono altro che due anime gentili schiacciate dalla dura vita che vivono nel loro quartiere. Tale squallida periferia americana, purtroppo per loro, non ha nulla da offrire finché Lo Stallone Americano non sfrutta al massimo l’occasione che gli è capitata.

Rocky campione d’incassi: accoglienza e critica
Il film di Stallone, all’uscita nelle sale cinematografiche americane, ottenne un grande successo, incassando la bellezza di 225 milioni di dollari nel mondo contro un budget di soli 1,1 milioni. La pellicola registrò il più alto incasso del 1976. Nel giro di pochissimi mesi Rocky si rivela un successo sia per il pubblico che per la critica, con tre Oscar vinti e ben dieci nomination. Stallone si candida per il premio come miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura, diventando così la terza persona in tutto il mondo, dopo nomi dal calibro di Charlie Chaplin e Orson Welles, ad avere queste due nomination nello stesso anno. Riesce anche a vincere il David di Donatello come miglior attore straniero.
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Nel 1977 la pellicola ottiene la bellezza di ben 3 statuette. Oltre al premio per il miglior film, Rocky si aggiudica l’Oscar per la miglior regia e per il miglior montaggio. Trent’anni dopo, questa pellicola gode di una migliore reputazione e di nuove recensioni positive. Secondo quanto riportato dal sito Rotten Tomatoes, il 94% delle recensioni professionali non ha potuto che dare un giudizio positivo su Rocky. La BBC gli ha dato 5 stelle su 5, mentre Empire ha inserito la pellicola nella lista dei 500 migliori film di tutti i tempi. Di recente, precisamente nell’anno 2020, il noto attore e regista americano Quentin Tarantino, ha collocato il film al primo posto dei suoi kolossal preferiti sulla boxe.

Sylvester Stallone come Rocky: mollare mai, crederci sempre
C’è stato un periodo molto buio per il noto attore americano, che si è trovato a un punto in cui sembrava destinato ad abbandonare i suoi sogni e desideri, con una carriera cinematografica che sembrava essere schiacciata dalla mediocrità senza riuscire a trovare una via di scampo. L’attore che ha interpretato Rambo, mentre scriveva la sceneggiatura di Rocky, aveva solo 106 dollari nel suo conto in banca. Stallone, dopo aver vissuto nella sua macchina, era stato costretto a vendere anche quella per cercare di guadagnare un po’ di denaro per il proprio sostentamento.
Quando i produttori Irwin Winkler e Robert Chartoff si mostrarono interessati alla sceneggiatura del classe 1946, l’attore americano era in procinto purtroppo di vendere il proprio cane, dal momento che non aveva abbastanza denaro per nutrirlo e prendersi cura di lui. I produttori cinematografici andarono da lui con un’offerta di 350.000 dollari per i diritti della sceneggiatura. Stallone, però, rifiutò di vendere il progetto a meno che non avessero trovato il modo di farlo recitare nel film. Alla fine Stallone riuscì non solo a creare una storia immortale, ma non fu costretto a vendere il proprio cane, che appare in Rocky come cane del protagonista col nome di Birillo.