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Quando si parla di storia del calcio non si può non menzionare la storia della Roma. Sì, perchè alla fine degli anni ’20 il divario tra club dell’Italia settentrionale e quelli del centro-sud penisola era veramente troppo ampio. Quello che all’inizio era solamente un desiderio, creare a Roma un club maggiormente competitivo, divenne una necessità con l’avvento del massimo campionato italiano a girone unico. A volte basta un semplice accordo.
Il soprannome “magica” non è certo un caso: un club nato dalla fusione di tre società romane che con unità di intenti, in quel di Via Forlì n. 16, il 17 giugno 1927 diedero vita ad un progetto secolare che ha portato alla nascita dell’attuale Roma. Il tutto avvenne presso l’abitazione di Italo Foschi, regista dell’operazione, che fu tra i fondatori nonché primo storico Presidente della squadra. Se non è magia questa. Ripercorriamo quindi gli anni dal 1943 alla fine degli anni ’50, dal glorioso primo scudetto della Roma nel 1942 fino al decennio successivo.
Roma, dal post scudetto alla fine della guerra: declino annunciato
Il morale è a mille, non si possono biasimare dei ragazzi che sanno di aver fatto la storia della Roma come la conosciamo oggi, il primo scudetto non è cosa da poco. La stagione 1942-43 avrebbe dovuto consacrare i giallorossi all’interno delle grandi del campionato italiano: i pronostici premiavano la squadra capitolina, una rosa esperta e compatta guidata da Schaffer, simbolo del trionfo nell’anno precedente e garanzia di tenuta del gruppo. Cosa può andare storto? Non è un periodo semplice per nessuno, l’Italia intera risente degli effetti devastanti della guerra e la Roma forse ancora di più. A causa del conflitto mondiale, Schaffer dovette abbandonare la squadra dopo 11 giornate e tornare in patria per motivi familiari legati alla guerra, al suo posto Géza Kertész. Continua la tradizione ungherese ma le idee sono radicalmente diverse.
Il deciso cambio tattico da parte del nuovo allenatore, in contrasto con le scelte di Schaffer, a cui i giocatori erano da tempo abituati, portarono la Roma a metà classifica alla fine del campionato. Quell’anno lo scudetto verrà vinto dai campioni d’Italia del Torino, agli albori della leggendaria squadra granata. Per le due stagioni successive, negli ultimi anni di conflitto, fu sospeso il campionato.
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Il calcio però, anche nei momenti più bui, è in grado di regalare un sorriso e non si ferma: nella capitale viene organizzato un torneo unicamente romano, locale, cui parteciparono Roma, Lazio, Tirrenia, Mater e Juventus Roma. Tra mille difficoltà il torneo riuscì a concludersi e la Roma, composta unicamente da romani e con Guido Masetti al suo ultimo anno in panchina, si classificò seconda, imbattuta, ad un punto dalla Lazio, acuendo il derby cittadino. La sensazione però è che la squadra giallorossa non fosse più la stessa di qualche anno prima.
(Gli) Annus horribilis della Roma
Gli anni a seguire furono decisivi per la Roma. Tanti i cambiamenti, dal nuovo presidente, l’On. Pietro Baldassarre, che inaugura la stagione 1944-45, al ritorno l’anno successivo di un campionato unico, nazionale. In un’Italia che prova a rinascere e rimarginare le ferite della guerra, i giallorossi fanno il percorso inverso: il primo campionato dopo la liberazione sentenzia la Roma al sesto posto, è l’inizio di una discesa verso la serie cadetta che caratterizzerà il decennio post-scudetto giallorosso. Salto temporale di due anni ma la tragica situazione non cambia: nel 1948, a causa dei problemi economici della società, il calciomercato della Roma conoscerà la cessione di Amadei, storico bomber romanista, all’Inter. Svaniscono le certezze.
L’anno successivo, si aprirà con l’esonero dell’allora mister Fulvio Bernardini da parte del nuovo Presidente Pier Carlo Restagno. Torna Guido Masetti, un tentativo disperato di evitare la retrocessione. Nulla da fare, si rivelerà inutile per i giallorossi la vittoria sul Milan già campione d’Italia: Il gol all’ultimo secondo del Padova trascina la squadra capitolina nel baratro. È il 17 giugno 1951 e la Roma saluta ufficialmente la Serie A (lo stesso giorno, 50 anni dopo, ironia della sorte, vincerà il suo terzo scudetto). Il mondo romanista, capovolto, dopo lo scudetto, viene riassunto perfettamente dalle cronache dell’epoca e dalle parole di un sempre graffiante Renato Rascel con cui annunciava la retrocessione dei giallorossi: “Signore e signori, da questo momento la Roma è in serie B. Ma la Roma non si discute, si ama. Sempre“. Bellissimo.
Roma, i protagonisti della rinascita
Toccare il fondo fa male, è vero, ma c’è un lato positivo: da lì si può solo risalire. La Roma non avrà vita facile in un campionato tosto e contraddistinto da vere e proprie battaglie su campi di provincia. Battaglie ancora più dure per i giallorossi: battere la Roma avrebbe rappresentato, per tutte le società, un’impresa troppo ghiotta per non essere tentata. Si tira una riga sulla stagione passata e si riparte. In società torna, dopo la presidenza tra il 1928 e il 1935, Renato Sacerdoti, per la panchina invece viene ingaggiato Giuseppe Viani, due simboli della rinascita giallorossa. Anche il calciomercato della Roma non sarà da meno: grandi giocatori come Carletto Galli, attaccante che fa del gioco aereo la sua forza, mettono piede nella capitale e, al contempo, viene confermato Arcadio Venturi, mediano sinistro già nel giro della Nazionale.
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Capitanata da Armando Tre Re, la compagine capitolina affronta un campionato estenuante e ricco di ostacoli che porterà il titolo ad essere incerto fino all’ultimo: sono la Roma e il Brescia a contendersi il primo posto. La spunteranno i giallorossi per un punto, raggiunto all’ultima giornata grazie al pari (0-0) emerso dalla gara casalinga contro il Verona. La Roma è campione ed è tempo di promesse da parte di dirigenti e calciatori: “La realtà della Roma è il grande calcio. I colori giallorossi non affronteranno mai più una situazione simile”. Da quell’anno, la Roma la Serie A non la lascerà più e allora, dopo tanto tempo si può dire che la promessa sia stata ampiamente mantenuta.
1953 – Nasce lo Stadio Olimpico, la Roma ha la sua casa
Serie B archiviata, è tempo per la Roma di fare di nuovo la voce grossa nella massima competizione italiana. Siamo nel 1953, dopo il passato calciomercato, che ha permesso di formare la nuova Roma formato Serie A, dalla capitale arriva un nuovo ed importante segnale: il trasferimento nel nuovo stadio, la nuova casa: lo Stadio Olimpico. L’inaugurazione avvenne il 17 maggio 1953 e, ad essere sinceri, non fu delle migliori: Italia-Ungheria 0-3. Una sonora sconfitta per gli azzurri, targata Hidegkuti e Puskas (doppietta), segnò in negativo quel giorno speciale.
Anche l’esordio della Roma non fu spettacolare: i giallorossi, nella nuova casa, non riuscirono ad andare oltre lo 0-0 contro la SPAL. In quel 31 maggio 1953, non fu possibile nemmeno per l’allora stadio dei Centomila rispettare il proprio nome: la pioggia battente costringerà ad una capienza minima – 15.000 spettatori – a far da sfondo al pareggio a reti bianche tra giallorossi e ferraresi. Il nuovo stadio dei Centomila (ribattezzato “Olimpico” dal 1960) rappresenterà sempre uno dei grandi punti di forza della squadra capitolina, dall’inaugurazione fino alla Roma dei giorni nostri, domeniche caratterizzate dal calore dei tifosi che sembrano aver preso alla lettera le parole di Rascel.
Anni ’50, la Roma sulle montagne russe
Gli anni ’50 giallorossi sono caratterizzati da una montagna russa di prestazioni spesso anche inspiegabili. Per la Roma il calciomercato porterà campioni del calibro di Ghiggia, Charles, Schiaffino, Angelillo e Nordhal, guidati da allenatori come Carniglia, Stock e Mirò. Non riuscirono però mai a portare risultati che si distinguessero dall’anonimato. Per usare un eufemismo comune a tutti noi, la Roma “è intelligente ma non si applica”: gli anni successivi all’inaugurazione del nuovo stadio portano una serie di sesti o quinti posti, fino alla disastrosa stagione 1956-57 in cui i giallorossi si salvarono dalla retrocessione per soli due punti, chiamando un’altra volta Masetti al miracolo.
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La stagione seguente la Roma deve rialzarsi ma con l’arrivo di Stock in panchina si acuisce il clima nella capitale: sempre accompagnato dall’interprete Peronace, il tecnico non riuscì né a comprendere né a farsi comprendere dallo spogliatoio, situazione che non può andare avanti troppo a lungo. Quinto posto e Nordhal in panchina. Gli anni successivi porteranno un sesto e un nono posto. Il dna giallorosso è sempre stato un “vorrei ma non posso”, notabile anche nell’attuale squadra di Mourinho. L’allora serie di cambi, in panchina e nella dirigenza, causarono una sorta di crisi d’identità per la Roma, la rinascita post-Serie B si è rivelata troppo timida.