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“Tu sei nata grande, e grande hai da restà” sono le strofe scritte nel lontano 1974 dal cantautore romanista Antonello Venditti; un inno, un rito, un’unica passione che si sprigiona in poche note. Questa è Roma, questa è la Roma. 50 mila anime dentro lo stadio Olimpico, le stesse, se non di più, quelle che sono partite alla volta di Tirana per sostenere i ragazzi di Josè Mourinho; un unico obiettivo: confermare quella grandezza, agognata quanto cantata. Alle 22.59 del 25 maggio 2022 Roma–Feyenoord passa alla storia, missione compiuta, la Roma riporta in Italia un trofeo europeo che mancava da ormai 12 anni.
È la vittoria della gente, del popolo, o, ancora, “Della nostra famiglia romanista” come dice commosso a fine partita José Mourinho. Non è, e non può essere, un punto di arrivo; ogni tifoso romanista crede, e spera, che la vittoria di Tirana sia solo l’inizio di un percorso che la Roma dei Friedkin ha cominciato silenziosamente due anni fa e che, a detta loro, sarà lungo e pieno di soddisfazioni. I tifosi ci credono, la dirigenza indica la via, lo Special One la percorre, il capitano Lorenzo Pellegrini alza la coppa al cielo. Roma è nata grande, e grande resterà. Riviviamo insieme la cavalcata giallorossa culminata nella finale vinta dalla Roma in quel di Tirana.
Il cammino della Roma in Conference League: i gironi
Questa è una storia che comincia da lontano, potremo dire dal gol di Mkhitaryan del 2-2 nel finale di Spezia–Roma, gol che regala un punto alla squadra allenata dall’ex Fonseca nell’ultima giornata di campionato 2020/2021, posizionando al 7° posto ai giallorossi in concomitanza del Sassuolo. La prima gara è datata 19 agosto 2021, match d’andata degli spareggi per entrare nei gironi, l’avversario è il Trabzonspor dell’ex Gervinho; la Roma si impone a Trebisonda per 2-1 con le reti di Pellegrini e Shomurodov, a Roma ci pensano Cristante, Zaniolo e El Shaarawy a far cantare l’Olimipico, 3-0 e gironi conquistati. Dall’urna di Nyon la Roma viene sorteggiata nel girone con Zorya, Bodo Glimt e Cska Sofia. Il girone la Roma lo vincerà, ma non senza brividi.
All’esordio la squadra di José Mourinho si impone in casa per 5-1 contro il Cska Sofia. Nella seconda gara si gioca in casa dello Zorya e il risultato è netto: 0-3 con le reti di El Shaarawy, Smalling e Abraham. La terza gara è quella che più ha rappresentato la svolta della stagione, la Roma vola nella fredda Bodo, dove, complice anche un turnover esagerato, la squadra giallorossa cade rovinosamente per 6-1. Tutto da rifare? No. Mourinho compatta l’ambiente e prepara la vendetta già dalla conferenza stampa dopo la gara in Norvegia: “Al ritorno vi aspettano Mancini e Vina” dichiara. Alla pretattica non seguono i fatti: il risultato all’Olimpico è solo un 2-2 che lascia nelle mani dei norvegesi il primo posto nel girone. La Roma però fa il suo e nelle 2 gare successive si sbarazza dello Zorya in casa con un pirotecnico 4-0, e fa lo stesso in casa del Cska Sofia con il risultato di 2-3. Il Bodo nell’ultima giornata del girone non va oltre l’1-1 con lo Zorya, la Roma si qualifica così per prima nel girone.
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Le fasi finali
Agli ottavi la Roma viene sorteggiata contro gli olandesi del Vitesse. La fase a eliminazione diretta dei giallorossi inizia con una pesantissima vittoria ad Arnhem, casa degli olandesi. Il gol-partita lo sigla Sergio Oliveira a pochi istanti dall’intervallo. Al ritorno basta non perdere, ma lo spauracchio arriva al 62′, quando Wittek, centrocampista del Vitesse, si inventa un gol al volo dai 25 metri che sorprende Rui Patricio, è 0-1. Pericolo supplementari scongiurato al 90′, quando Karsdorp serve l’assist del gol-qualificazione per Abraham. La Roma vola ai quarti di finale, dove incontra, scherzo del destino, i norvegesi del Bodo Glimt.
A distanza di oltre cinque mesi dalla disfatta nel girone, i giallorossi tornano al Circolo Polare Artico. Pellegrini illude su assist di Mkhitaryan, i norvegesi rimontano con Saltnes e Vetlesen. Il ritorno è caricato sia dalla posta in palio, sia da un finale nervoso in quel di Bodo, dove a fine gara c’è stata una lite tra Knutsen e Nuno Santos, entrambi squalificati in vista del ritorno. Al ritorno non c’è storia, 70 mila cuori giallorossi sugli spalti a spingere la squadra, 11 leoni in campo, un condottiero in panchina. Il risultato è la degna conseguenza di queste 3 componenti: Roma show e qualificazione archiviata in 30 minuti; a Roma finisce 4-0 con la rete di Abraham, ad aprire la gara, e un Zaniolo in formato super, autore di una tripletta da brividi.
L’ultimo ostacolo prima della finale di Tirana è la semifinale contro gli inglesi del Leicester. L’andata si gioca in terra inglese e la Roma non tradisce passando subito in vantaggio con il diagonale mancino di capitan Pellegrini sull’invito del sontuoso classe 2002 Nicola Zalewski. L’eterno Vardy non punge a differenza di Lookman, vicino al pareggio e decisivo in occasione dell’autorete di Mancini. Il risultato non cambia, si decide tutto la settimana seguente all’Olimpico. Il ritorno, ammesso che sia possibile, è più carico di sentimento della gara contro il Bodo, coreografia che recita “In Britannia cuncti nomen romanorum horreban” che tradotto significa “In Britannia tutti temevano il nome dei romani”, così era e così è: la Roma torna a giocarsi una finale europea che mancava da 31 anni. La vittoria porta il nome di Abraham, tanto voluto da José Mourinho in estate, e dello stesso allenatore portoghese che prepara una gara tatticamente perfetta. “È stata una vittoria di famiglia insieme allo stadio, abbiamo giocato 14 partite per arrivare all’ultimo atto. Ora vogliamo vincere” queste le parole dello Special One a fine gara.
Una finale dai mille significati: Roma-Feyenoord
L’appuntamento con la storia per i giallorossi è rappresentato dalla data del 25 maggio 2022; dopo la vittoria a Rotterdam e il pareggio a reti bianche a Marsiglia, sono gli olandesi del Feyenoord a sovrapporsi nel cammino che separa la squadra di Mourinho dal titolo tanto atteso. La gara è carica di molti significati; infatti, oltre al trofeo in palio, tra le due squadre c’è una rivalità che è cominciata nel lontano febbraio 2015, quando i tifosi olandesi, nella gara di andata dei sedicesimi di finale di Europa League, misero a ferro e fuoco il centro di Roma vandalizzando anche la Barcaccia, fontana storica situata in Piazza di Spagna.
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La finale comincia con le dichiarazioni dei due tecnici, Mourinho fa della pretattica la sua arma, annunciando vari giocatori in dubbio per la finale, mentre il tecnico degli olandesi Slot punge la squadra giallorossa dichiarando “La Roma è stata aiutata dalla Serie A“. Dichiarazioni, pretattica, ex veleni, si, tutto bellissimo, ma poi c’è la partita, poi c’è un trofeo da alzare al cielo, e solo una squadra in campo potrà farlo.
Roma-Feyenoord: Il racconto della finale
La Roma comincia la gara a tradizione anteriore già dalle scelte di formazione di José Mourinho: 3-4-2-1 con Pellegrini, Mkhitaryan e Zaniolo in campo. L’armeno dura però poco, dopo solo 15 minuti, infatti, è costretto a lasciare il campo per il riacutizzarsi di un problema che lo teneva fermo da circa un mese. Dentro Sergio Oliveira. Le finali, si sa, sono così: nervi tesi, paura di sbagliare e studio prolungato dell’avversario. L’equilibrio, però, si rompe al minuto 32, Mancini fa partire un lancio morbido che scavalca l’ultimo difensore olandese Trauner, Zaniolo ringrazia, la stoppa, e deposita in rete una porzione di sogno, il suo e quello di migliaia di cuori giallorossi: è 1-0. Il primo tempo finisce com’è cominciato, senza grandi emozioni.
Il secondo tempo, invece, inizia col botto: il Feyenoord attacca e arriva subito un pericolo per la retroguardia giallorossa, al 47′ sugli sviluppi di un corner Mancini rischia il più clamoroso degli autogol, il suo tentativo di anticipo, infatti, finisce sul palo, la palla rimane li e Til prova a ribadirla in rete, Rui Patricio è sontuoso e devia in corner. L’assedio olandese non finisce qui, due minuti più tardi una bella azione porta alla conclusione il terzino Malacia, stesso pericolo, stesso esito, Rui Patricio replica il miracolo e spedisce la palla prima sull’incrocio dei pali e poi in angolo.
Da qui in poi la Roma tiene botta, è stanca, e si vede, ma la concentrazione la fa da padrone. I cambi di Mourinho sortiscono l’effetto sperato: dentro Spinazzola e Veretout per Zalewski e Zaniolo. Se l’esterno italiano allunga la squadra come nessuno ci era riuscito nei primi 20 minuti del secondo tempo, Veretout dà sostanza al centrocampo e va vicino al raddoppio, prima calciando un pallone vagante respinto dalla difesa olandese e poi imbucando Pellegrini che, a tuppertù con Bijlow, si fa ipnotizzare calciando addosso al portiere. L’ultimo brivido chiama il minuto 92, quando Smalling perde il primo duello aereo con il numero 9 del Feyenoord Dessers che spizza un pallone in area di rigore, la palla sfila sul fondo con Linssen che non riesce a ribadirla in rete. Il resto è storia: dopo 5 minuti di recupero l’arbitro Kovacs fischia la fine. Roma ha vinto.