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Se si prova a nominare Michael Schumacher a qualsiasi persona lontana dagli sport motoristici, di sicuro gli verrà in mente la Formula 1. Un binomio, quello tra il pilota tedesco e la più importante categoria automobilistica mondiale, divenuto leggenda. Quel terribile incidente avuto in vacanza sugli sci, dopo oltre 40 anni a rischiare la vita con dei bolidi in pista, ha ormai cambiato tutto. Forse anche questo è servito a rendere sempre più intoccabile il mito di Schumacher, un pilota che è stato amato alla follia ma anche fortemente odiato. Insomma, Michael di certo non passava inosservato. Lo scorso 15 settembre, Netflix ha voluto raccontare in un documentario tutta la sua vita, in un film di quasi due ore di durata.
L’impostazione del documentario e gli inizi della carriera
Il documentario si basa su tutta la vita di Michael Schumacher, incentrandosi in gran parte, sulla sua carriera automobilistica. Vengono intervistati per l’occasione tutta la sua famiglia e tanti rivali in pista, ai quali però viene concesso spazio alterno. Si trattano molto le rivalità di inizio carriera, ma non quelle finali, dato che manca Alonso, e Vettel, suo grande amico, interviene solo per pochi secondi. Ma, oltre a questo, spesso è proprio lo stesso Michael, grazie alle vecchie interviste, a raccontare se stesso. Proprio Schumacher faceva fatica ad aprirsi alle telecamere, rendendo le sue testimonianze davvero uniche.
La storia di Michael inizia in un piccolo paese tedesco, Kerpen, dove il padre Rolf gestiva una pista di kart. Il giovane ragazzo, nato il 3 gennaio 1969, non nasce certamente da una famiglia ricca e deve fare molti sacrifici per essere competitivo nelle prime categorie giovanili. Nonostante ciò, il talento di Michael Schumacher si rivela a tutti, dato che con i peggiori mezzi il ragazzo domina tutte le sue gare, dimostrando un grande sangue freddo. Purtroppo però nel motorsport è cosa risaputa che più della bravura del pilota conti il budget economico per poter correre, limitando il ragazzo nel gareggiare con le monoposto formula.
Dopo l’importante aiuto di Jurgen Dilk, che purtroppo non è neanche citato nel documentario, Michael Scumacher può correre in Formula Ford. Ma l’imprenditore non può garantire la partecipazione del tedesco per più di un anno; è così che interviene Willi Weber, proprietario di un team di Formula 3, a dargli una chance. Grazie alle sue indiscutibili capacità, la Mercedes lo mette sotto contratto, anche se la scuderia di Stoccarda non può garantirgli un posto in Formula 1. Tuttavia i successi in Formula 3 e nello storico Gran Premio di Macao rendono il nome di Schumacher già molto chiacchierato.
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L’esordio in Formula 1 ed il passaggio in Benetton
Siamo a Londra, è il dicembre del 1990 ed il campionato di Formula 1 non è ancora iniziato ma è qui che prende vita la carriera di Schumacher nella principale categoria automobilistica. Bertrand Gachot, pilota della Jordan utilizza uno spray urticante per difendersi da un tassista in una lite. Diversi mesi dopo il belga viene arrestato poco prima di gareggiare nella gara di casa. Così Eddie Jordan si ritrova senza un pilota ed è costretto a cercare un sostituto. Proprio Michael è il prescelto ed in qualifica riesce a sorprendere tutti con un meraviglioso settimo tempo al sabato. Poco importa se poi la gara vede il tedesco ritirarsi dopo pochi metri; ormai tutti gli addetti ai lavori sono conquistati dal suo talento.
A questo punto la furbizia di Flavio Briatore cambia tutte le carte in tavola. Il team principal della Benetton, all’epoca competitiva per la lotta al podio, si assicura le prestazioni del tedesco. Sfruttando un contatto non sicuro con la Jordan, Schumacher cambia scuderia dopo una sola gara; questa sarà la scelta giusta. Dopo appena un anno, infatti, Michael vince il suo primo Gran Premio in Belgio ed inizia una storica rivalità con Senna, grazie anche ad incidente in Francia. Schumacher però ha imparato presto a gestire la pressione, correggendo qualche imperfezione e volando in pista
La morte di Senna ed i primi titoli mondiali
Il 1994 è l’anno giusto per Michael Schumacher, dato che già dalle prime gare arrivano successi netti per il tedesco, mentre Senna infila una brutta serie di ritiri. Clamorosamente però, nel tragico Gran Premio di Imola, il pilota della Williams perde la vita in un incidente alla curva del Tamburello. La morte del tre volte campione del mondo, preceduta da quella di Ratzenberger, mette sotto shock tutto il circus, tra cui anche Michael. Il tedesco medita ma alla fine continua a vincere, almeno fino a metà stagione. In quel momento, infatti, l’inglese della Williams, Damon Hill, incomincia a rispondere ed a recuperare punti. I due sono separati solo da una lunghezza prima dell’ultima gara, il Gran Premio d’Australia ad Adelaide, dove Michael va clamorosamente a muro, ma tornando in pista colpisce la vettura del rivale. Sarà ritiro per entrambi, con Schumacher campione del mondo.
L’incidente in questione fa molto discutere, ma alla fine si decide di sorvolare, lasciando il titolo a Schumacher. Il tedesco ha ormai trovato il suo habitat naturale e domina anche il mondiale successivo. Teoricamente potrebbe rimanere in Benetton a vincere ancora per diversi anni, continuando a trionfare, ma una suggestione piano piano si palesa. Michael decide, infatti, di passare alla Ferrari, per provare a conquistare il titolo lì dove anche leggende come Prost e Mansell hanno fallito. Il rischio però è molto alto dato che la rossa dell’epoca è davvero lontana dall’essere competitiva.
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Schumacher-Ferrari: un binomio vincente, ma non subito
Alla guida della Ferrari, Michael raggiunge pochi traguardi alla sua prima stagione, complice una vettura non all’altezza. A Barcellona trionfa per la prima volta in rosso, sul bagnato, ma questo sarà un episodio solitario in un’annata difficile. Sarà il 1997 l’anno giusto per ritornare competitivi, dopo una grande lotta con la Williams di Jacques Villeneuve. I due arrivano appaiati all’ultima gara, il Gran Premio d’Europa a Jerez, con il tedesco leggermente favorito. Negli ultimi giri però, Schumacher commette l’errore più grave della sua carriera: infatti tenta di ripetere l’incidente di Adelaide di tre anni prima anche con il canadese, senza però riuscirci. La direzione gara è inflessibile con lui, decidendo di squalificare il pilota della Ferrari dall’intero campionato.
Le cose negli anni successivi però non migliorano per Schumacher. Prima nel 1998 perde il mondiale dopo un infinito duello con Mika Hakkinen della McLaren, lamentandosi con Coulthard per un clamoroso incidente in Belgio. Poi, nel 1999, quando sembra arrivato il momento di vincere, si rompe una gamba nel Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone, dicendo addio ai propri sogni di gloria. Tutto questo porterà tante critiche e dubbi, a partire dalla vera bontà tecnica del pilota. Ma i risultati avrebbero presto preso il sopravvento sui tifosi insoddisfatti.
Già nel 2000 Schumacher vince il suo primo titolo in Ferrari, trionfando nella penultima gara a Suzuka. Sarà solo l’inizio di un’epopea durata 5 stagioni, dove la lotta al titolo (2000 e 2003 a parte) non sarà mai in discussione. La grande alchimia che si è venuta a creare in quegli anni, merito anche del ruolo secondario ma fondamentale di Barrichello, permette alla Ferrari di continuare a vincere. I trionfi rincuorano i tifosi, ma fanno il paio con le amarezze, dato che nel 2006 il titolo sfugge dopo una bellissima lotta con Alonso della Renault. Quell’anno è anche quello dove Michael Schumacher annuncia il suo definitivo ritiro alla fine della stagione, mettendo fine ad un’epoca indelebile per i ferraristi e non solo.
Il ritorno di Schumacher e l’incidente sugli sci
Nel 2010 però Schumacher non si sente a suo agio fuori dal mondo della Formula 1, decidendo quindi di ritornare in pista insieme alla Mercedes, quattro anni dopo il suo primo ritiro. I risultati con il costruttore tedesco però non sono totalmente all’altezza del talento del pilota. I piazzamenti a punti sono tanti ma in tre anni arriva solo un podio, un terzo posto nel Gran Premio d’Europa a Valencia. La pole position di Monaco del 2012, tolta poi per una penalità, è uno dei pochi sprazzi di gloria in tre anni bui, dove Michael è sempre battuto dal compagno di squadra Nico Rosberg. Il Gran Premio del Brasile di quella stagione è la sua ultima apparizione in Formula 1, chiusa con un settimo posto ed un sorpasso regalato a Vettel, vincitore di quel mondiale. Ma questa volta la sua carriera è davvero finita.
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Purtroppo dopo appena un anno, Michael Schumacher ha un importante incidente sugli sci, durante un fuori pista a Méribel in Francia. L’ex pilota prima va in coma, poi ne esce salvandosi la vita. Tuttavia le sue condizioni permangono apparentemente irreversibili, con il tedesco cosciente ma non più in grado di parlare; certamente non più autosufficiente. La sua famiglia ha mantenuto il massimo riserbo sulle sue condizioni, stringendosi attorno al sette volte campione del mondo. Ad assisterlo ci sono la moglie Corinna ed i due figli: Mick, attualmente pilota di Formula 1 con la Haas, e Gina. Il documentario di Netflix è sicuramente adatto per chi vuole conoscere o semplicemente rivivere la storia di un campione che ha saputo diventare una leggenda.